l'Antipatico

venerdì 30 novembre 2007

la vita di Silvio B. (capitolo 11)

Tutto nasce a Milano 2, la "città satellite", il quartiere modello: non ha soltanto viali alberati e laghetti, piste ciclabili e attraversamenti pedonali. Ha, fin dal 1974, anche una televisione via cavo, che trasmette programmi in esclusiva per i suoi abitanti. E', all'inizio, una tv condominiale, un servizio in più offerto agli acquirenti, ma senza grandi ambizioni di programmazione, Nel giro di qualche anno, però, quel primo assaggio di tv privata è destinato a crescere, a uscire dai confini della città giardino e a diventare, via etere, la nuova televisione italiana e il nuovo core business di Berlusconi, che da immobiliarista diventa il padrone della tv commerciale. L'Italia diventa, a partire dai primi anni Settanta, il Paese più televisivo del mondo. L'etere si affolla di piccole tv locali, centinaia di antenne d'emissione spuntano in tutte le regioni. E' un fenomeno inedito, impensabile fino a pochi anni prima, dunque senza alcuna norma che lo regoli. Il mercato viene aperto da una sentenza della Corte Costituzionale che il 28 luglio 1976 consente alle radio e tv private di trasmettere via etere, ma limitandosi esclusivamente all'"ambito locale" (quello nazionale è riservato alla radiotelevisione pubblica, la RAI). Berlusconi aggirerà il limite con una trovata geniale, che viene attribuita a un suo consulente, l'avvocato Aldo Bonomo: invia cassette registrate con gli stessi programmi a diverse emittenti locali, che le mandano in onda contemporaneamente. Così la forma della legge è rispettata, ma l'effetto è la trasmissione su tutto il territorio nazionale. Nel 1978 le tv private in Italia sono già 434. Quello stesso anno, a settembre, comincia a trasmettere dagli scantinati del Jolly Hotel di Milano 2 la prima tv di Berlusconi, Telemilano58. Nel 1980 Telemilano si trasforma in Canale 5 e, dopo l'acquisizione di Italia 1 (nel 1983 dall'editore Rusconi) e Retequattro (nel 1984 dalla Mondadori), Berlusconi schiera un forte network con tre reti che parte all'attacco, nientemeno, che del gigante televisivo pubblico, la RAI...

giovedì 29 novembre 2007

la vita di Silvio B. (capitolo 10)

Intanto Vittorio Mangano era pubblicamente compromesso a causa delle sue vicende criminali: era stato arrestato una prima volta il 27 dicembre 1974 e, rilasciato il 22 gennaio successivo, era stato riaccolto ad Arcore; arrestato di nuovo il 1° dicembre 1975, quando viene rimesso in libertà, sul registro del carcere segna come domicilio "via San Martino 42, Arcore", cioè casa Berlusconi. La situazione è ormai imbarazzante. Silvio è ormai un imprenditore che controlla un piccolo impero immobiliare sotto il segno del Biscione. Intuisce il danno d'immagine che gli può provocare la diffusione della notizia d'aver accolto in casa un mafioso. In più, forse teme possibili indagini di polizia. Rompe rapidamente, dunque, con la coppia Dell'Utri-Mangano. Così nell'ottobre 1976 Mangano lascia l'impiego presso Arcore. Poche settimane dopo se ne va anche Dell'Utri. Berlusconi mantiene però gli impegni presi con Bontate: continua a versare il suo "regalo" a Cosa Nostra, con la famiglia Pullarà che sostituisce Mangano nell'esazione. E cerca nuove protezioni. Nel 1978 si iscrive alla P2 di Licio Gelli. Numero di tessera 1816, fascicolo 625, data di iniziazione 26 gennaio, codice E 19.78, gruppo 17, quello del settore editoria. Sotto le ali di quel club, otterrà massicci fidi bancari anche senza adeguate garanzie; diventerà commentatore del Corriere della Sera, ormai nelle mani della P2; e tenterà di sviluppare alcuni affari in Sardegna in cui sono coinvolti piduisti e personaggi della criminalità organizzata romana e siciliana, tra cui Flavio Carboni, faccendiere romano nelle mani della malavita della capitale e frequentatore di mafiosi del rango di Pippo Calò, l'inviato di Cosa Nostra nella capitale. Sono questi gli anni in cui la criminalità organizzata penetra dentro la massoneria e alcune logge diventano camera di compensazione tra i diversi poteri, luogo d'incontro tra politici, imprenditori e mafiosi (come lo stesso Bontate, anch'egli iscritto a una loggia massonica). Alcune testimonianze che provengono dall'interno di Cosa Nostra sostengono che Berlusconi sarebbe stato beneficiato da un capriccio del destino: Bontate viene ucciso nel 1981 dai corleonesi di Riina che, dopo la guerra di mafia con centinaia di morti contro i palermitani, si impossessano di Cosa Nostra. Che fine fanno i capitali accumulati dal capo palermitano? Risponde Gioacchino Pennino, mafioso e politico, poi diventato collaboratore di giustizia: "L'enorme patrimonio accumulato da Bontate e dal suo gruppo è ipotizzabile che sia rimasto nelle mani di chi lo aveva gestito e perciò, secondo quanto io ho appreso dall'avvocato Gaetano Zarcone, nelle mani di Berlusconi e dei fratelli Dell'Utri". Pennino è anche convinto di un preciso interesse di Cosa Nostra per le tv di Berlusconi: "Mi sembra evidente come da sempre i vertici di Cosa Nostra si siano resi conto dell'importanza del controllo dei mezzi d'informazione. Ritengo che l'acquisizione, già avviata, di alcune emittenti televisive in Sicilia (mi pare due) sia stata portata a compimento da Berlusconi e Marcello Dell'Utri". Non si può affermare con sicurezza che tutto quanto sostengono i testimoni di giustizia sui rapporti tra Berlusconi e Cosa Nostra sia vero. Ma certo gli indizi sull'esistenza di quei rapporti sono numerosi, molteplici, perduranti nel tempo. Sono confermati anche dalle sentenze di primo e secondo grado che hanno condannato, per rapporti mafiosi, Marcello Dell'Utri. Accertati sono almeno due i punti di contatto tra la Fininvest e i mafiosi siciliani: le trattative per l'acquisto di emittenti televisive in Sicilia e il pagamento annuale a Cosa Nostra di una somma (200 milioni di lire) non come frutto di una estorsione, ma come "amichevole regalo" ai boss, in relazione alla sicurezza delle sue antenne televisive nell'isola. Già, la televisione: perchè questo, a partire dai primi anni Ottanta, sarà il nuovo business in cui si lancerà Berlusconi...

mercoledì 28 novembre 2007

la vita di Silvio B. (capitolo 9)

Mangano si trasferisce ad Arcore: responsabile della gestione agricola e dei cavalli della villa, va a vivere sotto lo stesso tetto di Berlusconi. E' un mafioso, uomo d'onore della potente "famiglia" palermitana di Porta Nuova. E' l'assicurazione sulla vita di Berlusconi e della sua famiglia. Il capomafia Gaspare Mutolo in seguito ha raccontato che Berlusconi fu pedinato da Nino Grado, uomo d'onore palermitano, ma che poi arrivò il contrordine: Gaetano Fidanzati e Pippo Bono bloccarono l'operazione, annunciando che "Berlusconi è una persona intoccabile". Giuseppe Marchese, ex autista di Totò Riina, sostiene che due killer delle "famiglie" catanesi gli confidarono di aver progettato il sequestro di Pier Silvio, ma di essere stati fermati dai palermitani. "Noi avevamo l'intenzione di sequestrare il figlio di Berlusconi, però poi c'è stato l'intervento dei paesani vostri, i quali hanno detto che Berlusconi interessava" e cioè che "Cosa Nostra palermitana era in rapporti tali con Berlusconi per cui costui non doveva essere in alcun modo disturbato". Alcune testimonianze sostengono che Berlusconi abbia incontrato personalmente addirittura il capo dei capi di Cosa Nostra, Stefano Bontate. Filippo Alberto Rapisarda, un discusso finanziere proveniente dalla Sicilia che fin dagli anni Sessanta è nel giro dei siciliani attivi a Milano, racconta: "Tra il dicembre del 1978 e il gennaio del 1979, mentre stavo tornando dallo studio del notaio Sessa, incontrai, non lontano dalla sede della Edilnord, Stefano Bontate e Mimmo Teresi, i quali mi invitarono a prendere un caffè con loro in un bar di piazza Castello. Teresi e Bontate mi dissero che dovevano andare da Marcello Dell'Utri, il quale aveva loro proposto di entrare nella società televisiva che da lì a poco Silvio Berlusconi avrebbe costituito. Teresi mi disse che occorrevano dieci miliardi e, tra il serio e lo scherzoso, mi domandò se per me quello era un buon affare". E ancora: "Marcello Dell'Utri mi disse che la sua conoscenza con tutti questi personaggi mafiosi era dovuta al fatto che si era dovuto interessare per mediare fra coloro che avevano fatto estorsioni e minacce a Berlusconi e il Berlusconi stesso. Mi precisò Dell'Utri Marcello che, a seguito di tali minacce estorsive, il Berlusconi aveva fatto andare all'estero la moglie e i figli. Dell'Utri mi disse anche che la sua attività di mediazione era servita a ridurre le pretese di denaro dei mafiosi". Rapisarda ha anche raccontato di aver visto con i suoi occhi, entrato all'improvviso nell'ufficio di Dell'Utri, Bontate in persona che rovesciava borse piene di soldi da investire nelle tv. Rapisarda ha più volte cambiato atteggiamento nei confronti di Dell'Utri e Berlusconi, prima amici, poi nemici, poi ancora amici, infine di nuovo nemici...Ma l'incontro con il numero uno di Cosa Nostra è stato poi confermato da altri collaboratori di giustizia, tra cui Francesco Di Carlo. In ultimo, lo ha ribadito anche un collaboratore considerato particolarmente attendibile, Antonino Giuffrè, braccio destro dell'ultimo capo di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano: "Con la scusa di andare a trovare Mangano, Stefano Bontate si era spostato da Palermo a Milano per incontrare, ad Arcore, l'imprenditore Silvio Berlusconi"...

martedì 27 novembre 2007

la vita di Silvio B. (capitolo 8)

Nella capitale lombarda si insedia una potente colonia di mafiosi siciliani, i cui affari miliardari sono descritti in alcuni rapporti stilati in quegli anni dalla Criminalpol (la polizia criminale, che si stava per la prima volta specializzando in indagini sulla criminalità organizzata). Stabili sulla piazza milanese operano i fratelli Alfredo e Pippo Bono, Ugo Martello, Robertino Enea, oltre ai già citati "colletti bianchi" Monti e Virgilio. Si trasferiscono al Nord dalla Sicilia boss come Gaetano Carollo, Giuseppe Ciulla, Gaetano Fidanzati, Vittorio Mangano. A Milano arrivano in "missione d'affari" Joe Adonis, Stefano Bontate (in quegli anni il numero uno di Cosa Nostra), Tommaso Buscetta (che a Milano apre una società di import-export). Ma sono ben 372 i mafiosi che nel decennio tra il 1961 e il 1972 vengono inviati al soggiorno obbligato in Lombardia e che vi costruiscono la prima stabile rete d'affari delle organizzazioni criminali. Fino alla metà degli anni Settanta non è ancora la droga il business prevalente di Cosa Nostra, ma i sequestri di persona, le rapine, il contrabbando di tabacchi. I capitali provenienti dai riscatti e dalle altre attività illecite sono poi reinvestiti in attività imprenditoriali. I boss si trasformano in imprenditori. Ma non solo: stabiliscono una rete di rapporti con gli imprenditori "puliti". Racconta il collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo: "Il pericolo dei sequestri, allora molto frequenti, portava gli industriali a entrare in contatto con gli uomini d'onore, anzi a desiderarne la protezione. Chiaramente, una volta entrato in contatto con Cosa Nostra, l'imprenditore non poteva e non può più allontanarsene e deve consentire alle varie richieste che possono venire dagli uomini d'onore con cui è in contatto. Tra queste, indubbiamente, c'è anche il reimpiego di capitali d'illecita provenienza". Anche Berlusconi, dopo i primi successi imprenditoriali, viene minacciato da Cosa Nostra. Teme di poter essere sequestrato. Teme anche per suo padre Luigi e suo figlio Pier Silvio. Ne parla apertamente in un'intervista concessa al Corriere nel 1994: "Rapporti con la mafia ne ho avuti una volta sola, quando tentarono di rapire mio figlio Pier Silvio, che allora aveva cinque anni: portai la mia famiglia in Spagna e lì vissero molti mesi". Che cosa fa Berlusconi, oltre a far fuggire i familiari all'estero? Erano anni in cui i sequestri di persona erano molto frequenti (103 nella sola Lombardia, tra il 1974 e il 1983). Eppure il giovane imprenditore non denuncia, non chiede protezione alle autorità, non avverte la polizia. Cerca una soluzione "privata". Si ricorda di un giovane palermitano di cinque anni più giovane di lui conosciuto negli anni dell'università (quindi più di dieci anni prima): Marcello Dell'Utri. Lo chiama da Palermo a Milano, lo assume come assistente. Dell'Utri porta con sè Vittorio Mangano, che viene assunto come fattore presso la villa San Martino di Arcore. La villa era stata comprata da Berlusconi per soli 500 milioni, pagati alla proprietaria, la giovane marchesina Anna Maria Casati Stampa, rimasta tragicamente orfana e dunque assistita nell'operazione dall'avvocato Cesare Previti, che le faceva da tutore di fatto, anche se in effetti era da tempo legato a Berlusconi...

lunedì 26 novembre 2007

la vita di Silvio B. (capitolo 7)

Chi voglia tentare di risalire alle origini dei soldi che finanziano le prime imprese di Berlusconi troverà una via svizzera (le finanziarie "accomandanti" dai nomi impronunciabili) che s'intreccia con una via siciliana. E' siciliano Giovanni Dal Santo, uno degli uomini di fiducia di Berlusconi negli anni della sua ascesa. Intrattiene rapporti -anzi, relazioni pericolose- con la Sicilia la Parmafid, la fiduciaria che proprio in quegli anni controlla quote significative delle Holding. Chi c'è dietro la Parmafid? La risposta ufficiale è naturalmente che sia Berlusconi a utilizzare questa fiduciaria per controllare quote delle sue società. Il caso vuole però che non sia in buona compagnia. Parmafid infatti è una fiduciaria milanese con due soci visibili, i commercialisti Roberto Massimo Filippa e Michela Patrizia Natalini, dietro cui si muovono personaggi di ben altro peso: sono clienti di Parmafid, infatti, Joe Monti e Antonio Virgilio, arrestati come "colletti bianchi" della mafia a Milano nel blitz di San Valentino, il 14 febbraio 1983 (condannati in primo grado e in appello, saranno assolti dal giudice Corrado Carnevale in Cassazione). Per la procura di Palermo, sono loro i veri padroni della Parmafid. Virgilio, sempre secondo la procura di Palermo, è affiliato "di Pippo e Alfredo Bono della famiglia mafiosa di Bolognetta" e "attraverso la Parmafid controllava tutto il suo gruppo imprenditoriale". Ha molti clienti siciliani anche la Rasini, la banca grazie alla quale Berlusconi compie le sue prime operazioni. E' un piccolo istituto privato di credito con un unico sportello, nella centralissima piazza dei Mercanti, a un passo dal Duomo. Il bancarottiere Michele Sindona, che l'indicava come la banca della mafia, poteva esagerare o mentire. Ma certamente cliente della Rasini era il boss mafioso Robertino Enea. E lo erano anche i "colletti bianchi" Monti e Virgilio. Direttamente coinvolto nelle indagini sulla mafia dei "colletti bianchi" è Antonio Vecchione, il successore del padre di Berlusconi alla direzione della Banca Rasini. Dopo il 1973, anno in cui Carlo Rasini vende la sua banca, tra i nuovi azionisti ci sono il siciliano Giuseppe Azzaretto (con il 29,3%) e (con il 32,7%) tre società del Liechtenstein rappresentate da Herbert Batliner. Da un processo per traffico di droga e riciclaggio celebrato negli Stati Uniti nel 1998, risulta che Batliner svolgeva ruoli finanziari per narcotrafficanti latinoamericani. Dietro la Rasini, dunque, c'erano solo i denari nascosti in Svizzera dalla buona e operosa borghesia lombarda o, almeno a partire dal 1973, nella piccola banca di piazza dei Mercanti sono affluiti altri, più imbarazzanti capitali? Per tentare di rispondere, è necessario ricordare che cosa si muove sottotraccia a Milano a partire dai primi anni Sessanta...

domenica 25 novembre 2007

Rispetto & Sicurezza


Oggi vogliamo limitarci a pubblicare integralmente una lettera di un lettore del Corriere della Sera (e la relativa e illuminante risposta della giornalista) che ha preso spunto dalla manifestazione contro la violenza sulle donne, svoltasi ieri a Roma, e che sta innescando una serie di dichiarazioni e polemiche riguardo ad un tema forte, di impatto sociale elevato, ma quasi mai focalizzato dalla classe politica e massmediologa. Un modo per riflettere e per cercare di visualizzare meglio quello che indica il titolo di questo post: rispetto (per le donne, indistintamente) e sicurezza (per tutti i cittadini, indistintamente). La lettera è stata pubblicata a pagina 12 dell'edizione romana del Corriere. Buona lettura e buona riflessione. "Gentile signora Latella, ieri al Quirinale il cambio della guardia è stato effettuato da sole soldatesse. Basta per attestare che le donne italiane hanno pari diritti, dignità e ripetto degli uomini? Mentre il corteo sulla violenza alle donne è appena sfilato per Roma a me sembra che ormai di retorica e strumentalizzazioni non ne possono più uomini e donne. Tutto ciò che finora non è stato fatto per la dignità e l'uguaglianza giuridica delle donne si deve solo a Parlamento e Governo che si ricordano delle donne al momento del voto o sull'onda emotiva di dolorosi fatti di cronaca. Educhiamo i giovani a vedere nella donna una compagna di vita anzichè, come la dilagante pornografia su web e media insegna, solo un corpo. Corrado Stillo". "Indagini di mercato offrono un dato, sconfortante nella sua crudeltà: per gli italiani i temi davvero -rilevanti-, cui dirigere le campagne di pubblicità progresso, sono quelli che riguardano sanità, disabili, anziani. La violenza sulle donne non è un tema considerato davvero -caldo-. Eppure, frotte di cronisti anglosassoni sono calati a Perugia per il caso Meredith. Poche settimane prima era toccato alla ragazza di Garlasco, e l'altro ieri due ventenni hanno denunciato di essere state stuprate. Siamo un Paese ormai -moderno- ma non civile, le madri (e i padri) non sanno trasmettere ai figli maschi la sicurezza di sè che coincide col semplice concetto del rispetto. I maschi (italiani e non) si vedono sempre più surclassati da coetanee più brave e sicure di loro. Quando il livello di insicurezza diventa non più gestibile, taluni ricorrono all'unica certezza non ancora messa in discussione: la forza fisica. Se li arrestano mamma e papà li difenderanno davanti ai microfoni della tv. Senza una parola pietosa per la vittima. E, soprattutto, senza vergognarsi. Maria Latella".

sabato 24 novembre 2007

la vita di Silvio B. (capitolo 6)

Berlusconi è finalmente comparso con il suo nome al vertice del gruppo, ma continua a moltiplicarsi la schiera dei prestanome. Tra questi, Enrico Porrà, un invalido di 75 anni colpito da ictus, titolare della Palina e di altre sei o sette società: quando c'è da firmare qualche documento, Porrà va dal notaio su una carrozzella spinta dai consulenti di Berlusconi. Fondatrice della Palina è Adriana Maranelli, una ignara colf emiliana a cui avevano chiesto di firmare, in cambio di un piccolo compenso, i documenti societari. Riccardo Maltempo è invece un meccanico che lavora in un'officina, ma risultava proprietario di tre società della galassia berlusconiana, rappresentate da un enigmatico finanziere siciliano, Giovanni Dal Santo, che compare in tanti passaggi importanti della storia finanziaria di Berlusconi. Del resto, anche le società chiamate Holding Italia Prima, Seconda, Terza eccetera, fondate il 19 giugno 1978 a Milano, appartengono a un prestanome: Nicla Crocitto, un'anziana casalinga abitante a Milano 2, che detiene il 90% delle quote e viene nominata amministratore unico delle società, mentre il restante 10% è intestato al marito, il commercialista Armando Minna, già sindaco della Banca Rasini e poi consulente di Berlusconi. Tra il 4 e il 5 dicembre 1978 Crocitto e Minna escono di scena, sostituiti da due fiduciarie: Saf (al 90%) e Parmafid (al 10%). Tra il 29 giugno e il 19 dicembre 1979 alle Holding, che hanno ciascuna il minimo di capitale sociale, vengono compiuti robusti conferimenti. Alla fine il capitale sociale della Fininvest (52 miliardi di lire) è controllato dalle 23 Holding (per 49,98 miliardi), tranne una piccola quota (2,02 miliardi) detenuta direttamente da Silvio Berlusconi. Nel 2003 le Holding sono ridotte a 20 e la Fininvest risulta controllata da Silvio Berlusconi per l'84,7% (2% direttamente e l'82,7% attraverso 18 Holding); il resto è nelle mani di Marina Berlusconi (7,65% attraverso la Holding Italiana Quarta) e di Pier Silvio Berlusconi (7,65% attraverso la Holding Italiana Quinta), Nel 2006 l'architettura societaria è finalmente semplificata e nella proprietà entrano anche i tre figli di Veronica Lario, che, attraverso la Holding Italiana Quattordicesima, controllano, in parti uguali, il 21,43% della Fininvest. Alla complicata struttura societaria hanno cercato di far luce anche i magistrati di Palermo, con una lunga indagine sul riciclaggio e sui percorsi di quei capitali, ma la Fininvest non ha fornito tutta la documentazione necessaria. E Berlusconi, interrogato a proposito il 26 novembre 2002, si è rifiutato di parlare, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Le banche, poi, non sono state di grande aiuto: la Banca Popolare di Abbiategrasso, per esempio, ha risposto "di avere disponibili gli estratti conto delle Holding per il dicembre 1978 limitatamente ad alcune Holding, infatti per 13 di esse la pellicola microfilmata risulta essersi bruciata" e la Banca Popolare di Lodi (l'Istituto di Fiorani che nel 1991 ha incorporato la Banca Rasini) in un primo momento ha negato che la Rasini avesse mai "intrattenuto rapporti attivi e/o passivi" con le Holding di Berlusconi e con altre società e manager del suo giro; solo dopo qualche insistenza istituzionale la Banca di Lodi ha cambiato versione e ha risposto che sì "la Rasini aveva intrattenuto conti correnti con le società in esame sin dal 1978", ma che nell'anagrafe aziendale della banca le società richieste erano catalogate sotto la curiosa voce "Servizi di parrucchiere e istituti di bellezza"...

venerdì 23 novembre 2007

la vita di Silvio B. (capitolo 5)

Le Fininvest sono quattro. La prima nasce il primo giorno di primavera del 1975, a Roma. La Finanziaria d'Investimento srl (Fininvest, appunto) è destinata a diventare la capogruppo delle ormai numerose società di Berlusconi. La danno alla luce due fiduciarie della Banca Nazionale del Lavoro, Servizio Italia (al 90%) e Saf (al 10%), entrambi operanti su mandato del cugino di Berlusconi, Giancarlo Foscale. Nel novembre successivo la Fininvest srl (società a responsabilità limitata) si trasforma in SpA (Società per Azioni) e trasferisce la sede sociale a Milano. Amministratore unico è Foscale, mentre del collegio sindacale fanno parte, tra gli altri, Umberto Previti e suo figlio Cesare. La seconda Fininvest (Fininvest Roma srl) nasce l'8 giugno 1978, fondata anch'essa dalle fiduciarie della BNL Servizio Italia e Saf, ma questa volta con quote del 50% ciascuna. Amministratore unico è Umberto Previti. Un anno dopo, il 7 maggio 1979, le due Fininvest (la SpA di Milano e la srl di Roma) si fondono, dando vita alla terza Fininvest: la Fininvest Roma srl realizza una fusione per incorporazione con la Fininvest SpA milanese e un mese dopo, il 28 giugno, cambia nome (torna a chiamarsi Fininvest srl) e sede (torna a Milano). Con finalmente Silvio Berlusconi presidente e un consiglio d'amministrazione formato dal fratello Paolo e dal cugino Giancarlo Foscale. In questi anni, in cui la Fininvest si triplica e fa ping-pong tra Roma e Milano, il capitale sociale lievita fino a 52 miliardi di lire. Per unici anni, dalla nascita della seconda Edilnord nel 1968 fino alla terza Fininvest del 1979, Berlusconi si era nascosto dietro una schiera di parenti, prestanome, teste di legno, in un gioco opaco e complicatissimo di società con capitali di provenienza ignota, di cui si sa soltanto che provengono dalla Svizzera (o meglio: la Svizzera è l'ultimo passaggio di un percorso di cui si perdono le tracce). A partire dal 1979, invece, gli amministratori reali della Fininvest sono finalmente visibili e Berlusconi mostra il suo volto alla guida dell'azienda. I cambi di città e la moltiplicazione delle scatole societarie ottengono un risultato: rendere impossibile capire da dove vengono i soldi che entrano nel gruppo. Nel 1979, al termine della triplicazione delle Fininvest e di una serie di strane operazioni finanziarie (tra cui quelle chiamate Padana, Ponte, Palina), il capitale sociale sarà infatti lievitato a 52 miliardi di lire, senza che si possa individuare l'origine dei soldi immessi nel gioco: spesso in contanti, o comunque "franco valuta" (cioè senza lasciare traccia nei libri contabili delle fiduciarie che fanno le operazioni)...

giovedì 22 novembre 2007

la vita di Silvio B. (capitolo 4)

Il suo trentaduesimo compleanno (il 29 settembre di un anno come il 1968) Silvio, a differenza di tanti suoi coetanei, lo festeggia dal notaio: fondando la sua seconda Edilnord, la Edilnord Centri Residenziali sas di Lidia Borsani & C. E' la società che costruirà Milano 2. Chi è Lidia Borsani? E' una giovane cugina di Berlusconi che della nuova Edilnord è socia accomandataria; accomandante, anche in questo caso, è una finanziaria svizzera di Lugano che fornisce il capitale ed è rappresentata dal solito avvocato Rezzonico. E' a capitale svizzero anche la società di costruzioni Italcantieri srl, fondata nel 1973 da due fiduciarie ticinesi, la Cofigen SA (rappresentata da un giovane praticante notaio) e la Eti AG Holding (rappresentata da una casalinga di nome Elda Brovelli). Dietro la Cofigen si intravede il discusso finanziere svizzero Tito Tettamanti. Dietro la Eti, l'avvocato d'affari Ercole Dominelli, fondatore nel 1956 della Fimo, una finanziaria svizzera coinvolta in numerose inchieste su riciclaggio e traffico di droga, che negli anni successivi, dopo qualche cambiamento di nome, si trasformerà in Bipielle Suisse, la spericolata banca svizzera di Giampiero Fiorani. La folla dei prestanome di Berlusconi cresce rapidamente. Spregiudicati finanzieri, ignare casalinghe, molti parenti. La Italcantieri, per esempio, ha come amministratore unico Luigi Foscale (padre di Giancarlo Foscale e zio di Berlusconi). La cugina Lidia Borsani, socia visibile della seconda Edilnord, è sostituita dalla zia di Silvio, Maria Bossi, quando, nel 1970, nasce la terza Edilnord. Una quarta Edilnord vede la luce nel dicembre 1977, e come socio accomandatario, al posto dei parenti, ha un professionista: Umberto Previti, commercialista calabrese padre del futuro ministro Cesare Previti. Questa Edilnord sarà liquidata dopo tre sole settimane di vita, il 1° gennaio 1978. Per commercializzare gli immobili di Milano 2 entra invece in scena la Sogeat (Società generale attrezzature), che risulta di Walter Donati. In realtà Donati è un uomo che lavora per Berlusconi e anche alle spalle della Sogeat ci sono misteriose società svizzere. Da dove vengono i soldi che alimentano questa girandola di società? La domanda resta senza risposta. In Edilnord e Sogeat, per esempio, tra il 1967 e il 1975 confluiscono almeno 4 miliardi di lire di provenienza sconosciuta. E senza padre nè madre certi restano anche i capitali che, dopo il 1975, affluiscono nella nuova holding di Berlusconi: la Fininvest. Tra il 1975 e il 1979, infatti, Berlusconi riorganizza il suo gruppo, cresciuto impetuosamente e disordinatamente: è il periodo più complesso e più difficile da decifrare nella storia finanziaria di Berlusconi...

mercoledì 21 novembre 2007

la vita di Silvio B. (capitolo 3)

L'intraprendente Berlusconi è diventato imprenditore. Ha fatto al suo datore di lavoro, il vecchio Pietro Canali, una proposta indecente: diventare soci al 50 e 50, costituire insieme una società per azioni. Che cosa mette sul piatto Berlusconi? Una licenza edilizia. Così Canali accetta e nasce la Cantieri Riuniti Milanesi (è la prima di una serie di società berlusconiane che avranno questo nome), la cui unica attività è l'edificazione di qualche palazzo in via Alciati, allora periferia di Milano, rivestito di piastrelle verdeazzurre. Berlusconi ci mette i permessi comunali per costruire, Canali ci mette l'esperienza, i soldi arrivano dalla Banca Rasini. Messo a segno questo colpaccio, Berlusconi non si ferma più. Tra il 1964 e il 1969 costruisce un intero quartiere residenziale a Brugherio, nell'hinterland milanese. Tra il 1969 e il 1979 edifica Milano 2, una "città satellite" nel comune di Segrate. Tra il 1979 e il 1990 realizza, a Basiglio, Milano 3, costruisce a Lacchiarella il grande centro commerciale Il Girasole e progetta il villaggio residenziale Costa Turchese, a sud di Olbia, in Sardegna. Come molti costruttori di quell'epoca di boom, Berlusconi si dota di una struttura societaria via via più complessa, ma sempre poco trasparente. Non chiari sono i flussi finanziari che alimentano le sue imprese. Il villaggio di Brugherio è realizzato dalla Edilnord sas di Silvio Berlusconi & C., in cui Berlusconi figura, insieme ad altri, come "socio d'opera" o "accomandatario", mentre soci "accomandanti" sono il banchiere Carlo Rasini e l'avvocato d'affari svizzero Renzo Rezzonico, rappresentante di una finanziaria di Lugano. I soldi, dunque, arrivano dalla Svizzera, grazie ai rapporti di Rasini, ma gli investitori restano protetti dall'impenetrabile schermo di una finanziaria dal nome impronunciabile (Finanzierungsgesellschaft fùr Residenzen AG). Milano 2, invece, viene costruita su una vasta area che apparteneva al conte Leonardo Bonzi, acquistata da Berlusconi per 3 miliardi di lire. L'area era edificabile solo in parte e per di più era occupata da cinque palazzi abitati da cittadini che non avevano alcuna intenzione di abbandonarli. Si arrenderanno, con il tempo, anche a causa di pressioni, minacce e piccoli attentati. Quanto alle licenze edilizie necessarie per costruire, il Comune di Segrate le concede a partire dal 1969 e nel 1973 Berlusconi ottiene perfino che siano deviate le rotte degli aerei, che decollando dal vicino aeroporto di Linate avrebbero disturbato il nuovo quartiere e l'adiacente ospedale San Raffaele...

martedì 20 novembre 2007

la vita di Silvio B. (capitolo 2)

Ho deciso di ritornare ad occuparmi della biografia del personaggio (nel bene e nel male) sempre al centro della scena, mediatica e politica. Per chi se lo fosse perso il capitolo 1 è stato pubblicato il 22 marzo 2006, prima della mia forzata assenza... Nel 1961, a 25 anni, Berlusconi si laurea, con una tesi dal titolo "Il contratto di pubblicità per inserzione", relatore il professor Remo Franceschelli, voto 110 e lode. Il giovane Silvio riesce a guadagnare qualche spicciolo anche con la tesi, che vince un premio da 2 milioni di lire messo in palio dalla concessionaria pubblicitaria Manzoni di Milano. Subito dopo riesce ad evitare, non si sa bene come, il servizio militare. Nel marzo 1965 sposa Carla Elvira Dall'Oglio, nata a La Spezia nel 1940. Dalla loro unione nascono due figli, ai quali sono imposti, come secondo nome, i nomi dei genitori: Maria Elvira detta Marina (1966) e Pier Silvio detto Dudi (1969). Ma nel 1980 la vita di Silvio ha una svolta: assiste alla prima del Magnifico cornuto con Enrico Maria Salerno, al teatro Manzoni di Milano, che è entrato a far parte delle sue proprietà; è molto colpito dalla protagonista della commedia, un'attrice bolognese ventiquattrenne di nome Miriam Bartolini, in arte Veronica Lario, che in una scena si presenta a seno nudo. Inizia con lei una relazione. Per alcuni anni ha due famiglie: la moglie Carla e i suoi due figli Marina e Pier Silvio vivono nella villa San Martino di Arcore, mentre Veronica è reclusa in una palazzina in via Rovani a Milano. La situazione si complica nel 1983, quando Veronica dà alla luce la figlia Barbara. Un paio d'anni dopo, nel 1985, Berlusconi si separa dalla signora Dall'Oglio. Nel 1986 Veronica dà alla luce Eleonora e nel 1988 Luigi. Ormai diventata la seconda moglie di Silvio B., Veronica Lario va a vivere con i suoi tre figli nella settecentesca villa dei Visconti a Macherio, mentre nella villa di Arcore continuano ad abitare i due figli nati dal primo matrimonio...

lunedì 19 novembre 2007

il restyling del cavaliere


Come una vecchia limousine oramai usurata, dai chilometri e dagli incidenti, con la carrozzeria a pezzi, le gomme senza più battistrada, i vetri scheggiati, da ieri sera la macchina del cavaliere (Forza Italia ovviamente) è entrata in tutta fretta nella officina di fiducia, nei pressi di Arcore. Lì ci sono i suoi meccanici di fiducia (Bondi, Cicchitto, Tajani, Bonaiuti e la Brambilla che non manca mai) pronti, con gli attrezzi del mestiere, ad eseguire un bel restyling per poter vendere agli italiani (per meglio dire, ai berlusconiani) un'altra vettura taroccata che si chiamerà "Popolo della libertà". Bisogna riconoscere comunque che la fantasia e la capacità di riciclarsi non mancano proprio a sua emittenza: ogni qual volta che sente aria di bruciato, di sconfitta o di abbandono degli alleati, il nostro caimano muta pelle e partito, e forte della sua convinzione di piacere (soprattutto alle tardone, ma anche loro votano...) e del suo maniacale senso di egocentrismo, politico e non, si lancia in una nuova avventura che a 71 anni suonati avrebbe potuto evitare, o comunque delegare ad altri. Ma lui no. Lui è convinto che i 7 milioni di italiani, che hanno affollato i gazebo per manifestare contro il governo Prodi, abbiano l'assoluta necessità di seguire il loro condottiero senza macchia e senza paura che punta a riconquistare la poltrona di Palazzo Chigi (o forse quella del Quirinale...) e a riprendersi il potere sottrattogli nell'aprile del 2006 (ancora gli bruciano quelle 24.000 schede di differenza...). Confido nella dabbennaggine e nella impreparazione tecnica di Bondi & C. all'opera nell'officina: non si sa mai. Un bullone stretto male, un freno che non funziona, una cinghia di trasmissione mal posizionata...E così la nuova macchina restaurata del cavaliere potrebbe clamorosamente andare in panne nella sua prima uscita ufficiale, prevista per il prossimo 2 dicembre. Incrociamo le dita...

domenica 18 novembre 2007

Finta e dribbling



Devo dire la verità. L'immagine scelta per questo post non poteva essere più indicativa e verosimile della situazione attuale, relativa allo stato d'animo del cavaliere. Lui non lo sa (o fa finta di non sapere) che dopo la battuta d'arresto al Senato dell'altra sera, la sua voglia irrefrenabile di spallate, implosioni e disarcionate varie lo ha portato ad una situazione politica di isolamento personale e di coalizione. I suoi principali referenti (in testa Fini, seguito a ruota da Casini e buon ultimo da Bossi) si sono prontamente smarcati, per usare un termine calcistico abbastanza pertinente, dal suo raggio d'azione, non condividendo affatto le reiterate e strombazzate dichiarazioni (sotto forma di novello Nostradamus della Brianza) con le quali sua emittenza presagiva la caduta del governo Prodi. Proprio ieri il leader di Alleanza Nazionale, in un intervento duro e tranchant nel corso di un meeting dei Cristiano-riformisti all'Ergife di Roma, ha tuonato: "...ognuno andrà per la sua strada..." facendo intendere che sono finiti i bonus politici e di alleanza per il cavaliere, accusandolo (come se non bastasse) di aver ossessivamente richiesto il voto anticipato con il risultato (a mò di barzelletta) di aver fatto vincere e rafforzare gli avversari del centrosinistra. Aggiungiamoci la dichiarazione di Bossi "...Berlusconi continua a parlare, ma alla fine non succede niente. Ha ripetuto per mesi che Prodi sarebbe caduto. Mi ha fatto esporre e guarda che risultato!..." e riguardiamo la foto che apre questo post. E non ditemi che anche a voi non vi si stringe il cuore, pensando a come si sentirà triste e solo il cavaliere abbandonato...

sabato 17 novembre 2007

Roma cafona


L'edizione romana dell'odierno numero del Corriere della Sera riporta in prima pagina un dossier sulle "cafonaggini" romane, una sorta di hit parade della nostrana inciviltà, enunciandone ben bene lamentele, pregiudizi, proteste e contumelie varie raccolte dal Difensore civico di Roma e visibili sul sito http://www.difensorecivico.roma.it/ certamente da non perdere. Nell'articolo della brava Maria Rosaria Spadaccino si citano le lamentele maggiormente espresse nei commenti dei romani intervistati: si va dal solito traffico (sosta selvaggia, moto parcheggiate sui marciapiedi, posti riservati agli invalidi abusivamente occupati) al vandalismo (panchine divelte, scritte sui muri, monumenti imbrattati) alla maleducazione nuda e cruda (suonerie dei cellulari a volume alto, non cedere il posto a sedere a donne incinte e anziani, parlare ad alta voce nei luoghi pubblici) per non parlare poi di escrementi dei cani sui marciapiedi e nei parchi e chi più ne ha più ne metta! Devo dire francamente che questo articolo della Spadaccino non è classificabile tra la categoria degli scoop (ci mancherebbe altro) soprattutto per chi vive a Roma come il sottoscritto, ormai ben permeabilizzato a tutto lo scempio della buona educazione e del quieto vivere, ma se devo fare un sottile e inevitabile appunto alla giornalista, è quello di aver messo a confronto le opinioni (pro e contro) di due personaggi abbastanza famosi (per diverse e antitetiche ragioni) come Claudio Amendola e Gabriella Carlucci. Uno, romano de Roma, ammette tutte le circostanze non attenuanti del caso e dichiara che i romani sono "...maleducati? Molto, moltissimo. Noi romani quando andiamo a Milano o a Parigi miglioriamo, ci comportiamo meglio. Il nostro peggio lo diamo in Patria, ovvero nella Capitale..." mentre l'ex show girl, attualmente in Forza Italia, sentenzia che "...i romani non sono maleducati, ma sono costretti ad esserlo, a diventarlo per sopravvivere in questa città..." (ipse dixit). Un pò come dire che la Carlucci non è una rappresentante del popolo, ma è stata costretta a diventarlo (c'entra qualcosa il berlusca?), insomma non se ne poteva fare a meno di vederla seduta sullo scranno di Montecitorio, ne andava della sua sopravvivenza. Non nella città. Ma nell'oblìo!...Questo sì che è uno scoop!

venerdì 16 novembre 2007

assenza prolungata


Una cosa la devo dire. Sono emozionato in questo momento nel digitare sulla tastiera del mio computer queste righe, dopo una prolungata assenza dal blog non dovuta esclusivamente alla mia volontà. Mi sento un pò come il primo giorno (dicembre 2005) in cui iniziai la mia avventura di blogger: le emozioni sono tante, la forzata lontananza ha avuto (con le dovute e rispettose similitudini) su di me l'effetto che sortì sull'indimenticato Enzo Biagi il famoso editto bulgaro del cavaliere. Ora che sono tornato e che riprendo il mio quasi quotidiano contatto con chi mi legge, mi sento più tonico mentalmente e psicologicamente. Al contrario, in tutti questi mesi di inattività mi sono sentito depauperato culturalmente e umanamente, mi sembrava di aver subìto un'amputazione cerebrale, in parole povere mi siete mancati. Ho notato con piacere (grazie a ShinyStat) che nel periodo che non ho scritto ci sono stati comunque visitatori che hanno letto le pagine di questo blog e credo che questo sia stato un atto di stima e di fiducia da parte di chi mi legge e vi ringrazio di cuore. In questo primo post volevo parlare del cavaliere e della sconfitta del suo sogno d'implosione, ma credo che non ce ne sia bisogno. Non voglio rovinarmi la giornata del mio ritorno e non voglio minimamente scalfire il mio ottimo umore odierno. Tanto ora ce ne abbiamo di tempo e di occasioni per parlare di sua emittenza e delle sue malefatte...Ancora un bentornato a tutti voi dal vostro antipatico di fiducia!