l'Antipatico

giovedì 29 novembre 2007

la vita di Silvio B. (capitolo 10)

Intanto Vittorio Mangano era pubblicamente compromesso a causa delle sue vicende criminali: era stato arrestato una prima volta il 27 dicembre 1974 e, rilasciato il 22 gennaio successivo, era stato riaccolto ad Arcore; arrestato di nuovo il 1° dicembre 1975, quando viene rimesso in libertà, sul registro del carcere segna come domicilio "via San Martino 42, Arcore", cioè casa Berlusconi. La situazione è ormai imbarazzante. Silvio è ormai un imprenditore che controlla un piccolo impero immobiliare sotto il segno del Biscione. Intuisce il danno d'immagine che gli può provocare la diffusione della notizia d'aver accolto in casa un mafioso. In più, forse teme possibili indagini di polizia. Rompe rapidamente, dunque, con la coppia Dell'Utri-Mangano. Così nell'ottobre 1976 Mangano lascia l'impiego presso Arcore. Poche settimane dopo se ne va anche Dell'Utri. Berlusconi mantiene però gli impegni presi con Bontate: continua a versare il suo "regalo" a Cosa Nostra, con la famiglia Pullarà che sostituisce Mangano nell'esazione. E cerca nuove protezioni. Nel 1978 si iscrive alla P2 di Licio Gelli. Numero di tessera 1816, fascicolo 625, data di iniziazione 26 gennaio, codice E 19.78, gruppo 17, quello del settore editoria. Sotto le ali di quel club, otterrà massicci fidi bancari anche senza adeguate garanzie; diventerà commentatore del Corriere della Sera, ormai nelle mani della P2; e tenterà di sviluppare alcuni affari in Sardegna in cui sono coinvolti piduisti e personaggi della criminalità organizzata romana e siciliana, tra cui Flavio Carboni, faccendiere romano nelle mani della malavita della capitale e frequentatore di mafiosi del rango di Pippo Calò, l'inviato di Cosa Nostra nella capitale. Sono questi gli anni in cui la criminalità organizzata penetra dentro la massoneria e alcune logge diventano camera di compensazione tra i diversi poteri, luogo d'incontro tra politici, imprenditori e mafiosi (come lo stesso Bontate, anch'egli iscritto a una loggia massonica). Alcune testimonianze che provengono dall'interno di Cosa Nostra sostengono che Berlusconi sarebbe stato beneficiato da un capriccio del destino: Bontate viene ucciso nel 1981 dai corleonesi di Riina che, dopo la guerra di mafia con centinaia di morti contro i palermitani, si impossessano di Cosa Nostra. Che fine fanno i capitali accumulati dal capo palermitano? Risponde Gioacchino Pennino, mafioso e politico, poi diventato collaboratore di giustizia: "L'enorme patrimonio accumulato da Bontate e dal suo gruppo è ipotizzabile che sia rimasto nelle mani di chi lo aveva gestito e perciò, secondo quanto io ho appreso dall'avvocato Gaetano Zarcone, nelle mani di Berlusconi e dei fratelli Dell'Utri". Pennino è anche convinto di un preciso interesse di Cosa Nostra per le tv di Berlusconi: "Mi sembra evidente come da sempre i vertici di Cosa Nostra si siano resi conto dell'importanza del controllo dei mezzi d'informazione. Ritengo che l'acquisizione, già avviata, di alcune emittenti televisive in Sicilia (mi pare due) sia stata portata a compimento da Berlusconi e Marcello Dell'Utri". Non si può affermare con sicurezza che tutto quanto sostengono i testimoni di giustizia sui rapporti tra Berlusconi e Cosa Nostra sia vero. Ma certo gli indizi sull'esistenza di quei rapporti sono numerosi, molteplici, perduranti nel tempo. Sono confermati anche dalle sentenze di primo e secondo grado che hanno condannato, per rapporti mafiosi, Marcello Dell'Utri. Accertati sono almeno due i punti di contatto tra la Fininvest e i mafiosi siciliani: le trattative per l'acquisto di emittenti televisive in Sicilia e il pagamento annuale a Cosa Nostra di una somma (200 milioni di lire) non come frutto di una estorsione, ma come "amichevole regalo" ai boss, in relazione alla sicurezza delle sue antenne televisive nell'isola. Già, la televisione: perchè questo, a partire dai primi anni Ottanta, sarà il nuovo business in cui si lancerà Berlusconi...

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