l'Antipatico

lunedì 27 settembre 2010

la bassezza della politica


Tranquilli miei cari (pochi) lettori: non ho nessuna intenzione di prodigarmi nell'ennesimo pistolotto sull'attuale deprimente situazione italiana causata dall'imbarbarimento della politica italiana e dei suoi degni rappresentanti (Berlusconi e Bossi in primis). No, il titolo del post di inizio settimana è riferito alla statura, quella prettamente fisica, dei politici di casa nostra e non. Infatti alla statura morale (quando c'è...) dei poco onorevoli frequentatori (più o meno abusivi) del Transatlantico di Montecitorio si accompagna una singolare e parallela coincidenza: la ridotta statura fisica. Credo sia abbastanza curioso (ma oltremodo interessante) effettuare una panoramica fra tutti gli uomini politici, gli statisti e i rivoluzionari del presente e del passato e notare come la caratteristica dell'essere alquanto bassi rappresenti davvero una costante e quanto tutto ciò abbia influito nel carattere e nelle scelte di questi personaggi. In pratica la domanda sorge spontanea: quanto soffrono e quanto sono condizionati i politici dal basso profilo rappresentato dal totale, invero scarso, dei loro centimetri forniti da madre natura? Immagino la loro pena dovuta al continuo far uso di tacchi e altri stratagemmi (tipo l'obbligo per le loro mogli o fidanzate nel calzare scarpe basse) o nell'adoperare pedane seminascoste per i loro comizi. Questi signori soffrono (e hanno sofferto) la loro scarsa altezza e le relative e numerose prese in giro: è scontato che appena arrivano a conquistare le leve del potere si godano la loro rivalsa. Mi vien da dire che la bassezza è condizionante, eccome, per le loro scelte di natura politica e per il loro modus operandi, a tal punto da compensare quasi il difetto (come chi, poco dotato sessualmente, bilancia inconsapevolmente ostentando un'automobile molto lunga) che arreca inevitabilmente una sorta di frustrazione e di rabbia che conduce quasi sempre a comportamenti ostili o comunque sulla difensiva, sempre pronti a colpire non appena la loro coda di paglia viene calpestata. Il primo esempio che mi viene in mente (ma guarda un pò quando si dice la coincidenza) è quello di Silvio Berlusconi al quale, se non ricordo male, non piacciono i paragoni con un altro piccoletto del passato, il cavalier Benito Mussolini: se non altro per il fatto che il duce di Predappio risulta essere di un centimetro più alto del ducetto di Arcore (166 cm a 165) e a sua volta era molto più alto (se così si può dire) di re pippetto Vittorio Emanuele III (157 cm) che si mormora fosse frutto di endogamia, ovvero di matrimonio tra parenti stretti. Tornando al nostro attuale presidente del Consiglio mi pare opportuno accostarlo al suo carissimo amico e collega di misurazione, il presidente francese Nicolas Sarkozy che, tacchi esclusi, arriva all'impensabile valico di un metro e sessantanove centimetri (una sorta di watusso) se messo in relazione a uno dei ministri del governo Berlusconi: Renato Brunetta, il politico italiano più basso di tutti i tempi grazie ai suoi dichiarati 143 centimetri. Bisogna dire, invero, che ai piccoletti della Storia non è mai difettato talento, audacia, personalità e carisma. Basti pensare, tanto per fare qualche nome, a Luigi XIV (168 cm), Napoleone Bonaparte (155 cm), Gandhi (160 cm) e l'ammiraglio Orazio Nelson (166 cm). Tanto per restare agli amici di oggi del piccoletto di Arcore, è d'uopo segnalare la statura dei due "massimi" esponenti russi: Dmitrij Medvedev (presidente della Federazione ex URSS) e Vladimir Putin (primo ministro della Federazione), rispettivamente collocati a 162 e 170 centimetri. In conclusione, confidando nella clemenza dei miei (sempre pochi) lettori per aver divagato con una certa leggerezza (ma spero senza bassezza) su argomenti non proprio alto di gamma, mi verrebbe da dire che la coincidenza della bassezza diffusa si lega a facili e scontate battute, tipo quella classica di avere politici di scarsa statura (in tutti i sensi) operanti su di un palcoscenico affollato da nani e ballerine. Ma al di là delle facili ironie bisogna valutare quanto e come le scelte di questi piccoletti della politica siano dovute soltanto al loro acume e alla loro ideologia oppure (e credo sia questo il caso del nostro rappresentante italico di Palazzo Chigi) quanto siano falsate, psicologicamente parlando, dal complesso di essere delle mezze seghe. Una sorta di variabile della politica non certo marginale, come si sarebbe (erroneamente) indotti a pensare.
Post Scriptum: per tutti quelli incuriositi da questo post consiglio una visita al seguente sito: http://www.shortsupport.org/cgi-bin/whowho_list.cgi

domenica 19 settembre 2010

la metastasi leghista da debellare


Questo mio post domenicale non incontrerà certamente i favori da parte di quei lettori che vivono nel nord dell'Italia e che hanno radicato nel loro animo il credo leghista, ma mi viene difficile non esprimere un pensiero su questo momento particolare che sta attraversando il nostro Paese, soprattutto alla luce degli ultimi rigurgiti ideologici e pratici eruttati per bocca dei vari Bossi (padre e figlio), Calderoli, Maroni e compagnia cantando. La stupida e per certi versi ignobile presa di posizione del sindaco ultraleghista di Adro (sconosciuto paesino di 6.000 anime in provincia di Brescia) che non voglio nemmeno citare per non fargli ulteriore e gratuita pubblicità, ha vieppiù fatto radicare in me la convinzione che molti leghisti sono veramente limitati nella consistenza della loro materia grigia e ne danno costantemente riprova anche senza esserne debitamente sollecitati. La scuola di Adro completamente invasa dai simboli leghisti (non bastava dedicarla all'ideologo Miglio?) è solo l'ultima chicca, ovviamente negativa, di una storia del profondo Nord che ha deturpato negli ultimi due decenni la storia d'Italia. Mi sento di dire che la Lega (e ovviamente Berlusconi) è riuscita in un'impresa che non credevo potesse portare a termine. Quella di privare me e molti altri cittadini italiani del senso di appartenenza e dell'amore viscerale per la Patria, dell'orgoglio italico e della voglia di unità. In pratica ci hanno tolto la Patria. Ecco quello che il Pifferaio di Arcore e i suoi sgherri leghisti sono riusciti a fare. Ed è su questa accusa (che faccio totalmente mia e di cui potrò sempre rispondere a chiunque) che l'opposizione dovrebbe mettere l'accento facendone un must della sua lotta al potere berluscoleghista, se veramente vuole vincere e se soprattutto vuole far vincere l'Italia. Non è superfluo ribadire con queste mie righe che a conti fatti Berlusconi e i suoi hanno distrutto con ferocia metodica tutto ciò che è sinonimo di Patria e questo lo dico senza retorica ma con immensa tristezza. Berlusconi e i leghisti hanno offeso in tutti i modi la Costituzione e i simboli del nostro Paese, hanno dimostrato tante volte di preferire il loro interesse privato al bene pubblico. Lo hanno fatto a tal punto (Berlusconi più di tutti, ovviamente) da essere pronti a devastare la legalità per sottrarsi alle leggi. Hanno deriso l'antifascismo e favorito la nascita dell'anti-antifascismo, un sentimento quanto mai pericoloso e moralmente detestabile. Hanno distrutto anche le nostre memorie, sia quando ne hanno parlato perchè non erano in grado di farlo, sia quando hanno taciuto per ignoranza o per disprezzo. Hanno inoltre avvilito ogni forma di cultura (chiedere in proposito al ministro Bondi) per sostituirla con il trionfo della banalità e della volgarità. Hanno disseccato nell'animo degli italiani ogni speranza collettiva, e questo grazie alle loro ignobili azioni e alle loro vergognose parole. Non credo di dover fare dotte citazioni, ma la storia insegna che non c'è mai stata in Italia una rinascita civile senza una vera e legittima idea di Patria. E oggi, per ritrovare la nostra Patria, c'è solo una cosa da fare. E farla anche al più presto. Liberarci di Berlusconi e della metastasi leghista. Il bisturi già c'è. Manca ancora la mano ferma del chirurgo.

mercoledì 8 settembre 2010

se anche ROSSAURA mi sgrida...


Ho atteso qualche ora, durante la giornata odierna, prima di decidere se pubblicare la lunga lettera-commento che la mia carissima amica e collega blogger ROSSAURA mi ha inviato questa mattina. Praticamente è una bella tirata d'orecchie rivolta al sottoscritto che, ultimamente, sta prendendo non proprio velate posizioni a favore dell'ex fascistone Gianfranco Fini. Non credo che chi vi scrive si debba giustificare o peggio ancora chiedere umilmente scusa se alcune idee (o giudizi o sottolineature di sorta) non collimano necessariamente con quelle di chi legge questo (e l'altro) blog. Assolutamente no. Ma credo sia altrettanto scontato esprimere il mio sommesso rincrescimento per aver dato eccessivo spazio a un personaggio politico che forse in questo momento è talmente nell'occhio del ciclone da evitare, parlo personalmente, di porlo vieppiù sotto l'occhio di bue della ribalta nazionale. Ma questo è stato il mio modo di sedimentare le impressioni politiche e pseudoanalitiche che mi sono ritrovato all'interno delle mie facoltà cognitive e pseudointellettuali. Avrò sbagliato, avrò fatto bene, è inutile stare qui a spaccare il capello in quattro (farlo in due è fin troppo scontato). Quello che conta è che ciò che scrivo (piaccia o meno) alla fine arrivi al cuore di chi legge, stimolando quella verve critica tipica di quelle persone dotate di spiccata sensibilità ed intelligenza, quale ad esempio la mia amica ROSSAURA. Credo ci sia anche qualche altro lettore (o lettrice) in grado di dire la sua su quanto eccepito dal sottoscritto al riguardo e mi farebbe veramente piacere ricevere critiche (spero costruttive e non banali) e osservazioni che prontamente pubblicherò. Intanto beccatevi questa filippica di ROSSAURA. Scusa, caro NOMADUS, magari sono condizionata da quei banali preconcetti che non agevolano la crescita culturale ed intellettuale di una persona. Magari è un pò colpa dei suoi preconcetti giovanili e non solo. Comunque la "conversione" di Fini mi pone delle domande che mi mettono veramente a disagio. Non sono stata io a cancellare AN e a fonderla con il partito del "predellino" no? Non sono stata nemmeno io a fare leggi molto "civili" con il mio peggiore vicino di casa (legge Bossi-Fini). Non sono nemmeno stata io a non dimenarmi come una forsennata di fronte alle prevaricazioni politiche e personali del Pifferaio di Arcore. Allora cos'è questo mordergli la mano? Forse che non gli veniva più elargito il boccone di ordinanza? O forse il bicchiere era colmo e ne andava un pò troppo di quella che supponeva essere la sua credibilità politica? In ogni caso, pur non avendo niente da dire sui suoi tentativi di essere uomo delle istituzioni, trovo invece molto da dire sui suoi passaggi politici. Ovvio che mettere oggi Fini vicino alle nullità che si aggirano nell'opposizione magari ci fa un gran figurone, ma da questo a farne il nostro futuro paladino ce ne corre. Credi che sia una lavata di capo caro NOMADUS? No, non lo è. Visti i tempi bui, qualsiasi lucciola si trasforma in lanterna e qualche volta viene voglia anche a me di fare il topo che segue il Pifferaio che suona una buona melodia, ma bisogna stare attenti. Le musiche si possono imparare a memoria, magari si leggono spartiti su spartiti, magari si ha pure un buon orecchio e una buona mano, ma quello che conta è dove il Pifferaio conduce. E se, come la favola insegna, la fine che ci aspetta è il salto dal precipizio e la morte dei ratti, beh allora mi defilo: non si sa mai che prima o poi rinasca questa benedetta sinistra... Non basta essere antiberlusconiani per avere credibilità. Non credi, caro NOMADUS? Alla prossima. Cordiali saluti. ROSSAURA.

domenica 5 settembre 2010

il discorso che ci voleva


Ho seguito, incollato davanti alla tv, l'atteso discorso di Gianfranco Fini pronunciato a conclusione della Festa Tricolore del nuovo gruppo Futuro e Libertà per l'Italia svoltasi a Mirabello in provincia di Ferrara. Luogo storico per antonomasia per la destra italiana dei tempi del vecchio Movimento Sociale Italiano targato Almirante e successivamente, per l'appunto, Fini. Un discorso iniziato alle 18 e 26, terminato poco prima delle 20 (in tempo per i titoli dei vari tg) e applaudito a lungo dalle migliaia di sostenitori del presidente della Camera, questa volta nelle vesti di capopartito (che però ancora non c'è) e di riconosciuto leader di un nuovo manifesto politico-programmatico, figlio legittimo di quella inevitabile scissione voluta dal Pifferaio di Arcore e gestita stoltamente dagli inetti uomini del Popolo della Libertà (che forse non ci sarà più). Un discorso che ho apprezzato per grandi linee e per la sua quasi totalità e che francamente non credevo di poter applaudire 30 anni dopo quella stagione degli opposti estremismi e degli anni di piombo che ricordo di aver vissuto nelle strade e nelle piazze di una Roma diversa, quella di quando ero uno studente frequentatore di sezioni della FGCI ma nel contempo un illuso sognatore, convinto (a torto) di poter cambiare la società di allora con la rivoluzione non violenta delle idee e della passione politica. Lo stesso Fini, quasi in conclusione del suo lungo discorso, ha ricordato i suoi trascorsi di giovane militante politico che mai avrebbe pensato un giorno di diventare la terza carica istituzionale del proprio Paese. Nemmeno io pensavo di poter scrivere, seppur su un modestissimo blog, di politica (e di altro) tre decenni dopo i miei primi articoli per il giornalino del quarto ginnasio di un famoso liceo romano. Ma torniamo ad oggi. Una cosa è certa (se ho ben afferrato il senso delle parole di Fini) ed è che il Popolo della Libertà non esiste più ma esiste ancora solo Forza Italia allargata, visto e considerato che uno dei cofondatori è stato brutalmente cacciato quasi come si faceva con i dissidenti del vecchio PCUS all'ombra del Cremlino. Naturalmente Fini non torna indietro (perchè non si torna in qualcosa che non c'è più) ma anzi va avanti, con la forza delle idee e con l'appoggio di quel popolo di finiani che stasera gli ha tributato una vera e propria ovazione. Berlusconi starà rosicando di brutto e lo capisco. Sperava in una gragnuola di fischi e di contestazioni all'indirizzo del suo acerrimo avversario (avversario NON nemico perchè i nemici si evocano per le guerre); invece ha assistito ad una interruzione quasi continua di battimani e di cori da stadio con standing ovation iniziale e finale. Il presidente della Camera ha toccato molti punti durante la sua maratona oratoria: dal sottolineare che governare non vuol dire comandare, che il Parlamento non è una dèpendance di Palazzo Chigi (e di palazzo Grazioli), che la sua espulsione dal partito è stato un atto illiberale, che i direttori dei due giornali che hanno orchestrato la nota campagna mediatica sono letteralmente degli INFAMI (ed io sottoscrivo) in quanto non hanno attaccato solo lui ma tutta la sua famiglia. E poi ha detto che se fosse stato ancora all'interno del PdL non avrebbe esitato di certo a criticare aspramente la genuflessione di Berlusconi nei riguardi di Gheddafi, uno che (come dice giustamente il presidente della Camera) non può di certo impartire lezioni di libertà e di rispetto agli altri e men che meno venire nel nostro Paese per incoraggiare conversioni islamiche di sorta. Insomma, alla fine il succo del discorso di Fini è stato che che l'Italia ha bisogno di superare questa orribile anomalia berlusconiana, necessita di una ripresa reale dal punto di vista economico ma soprattutto politico, di quella buona politica fatta nell'interesse dei cittadini e non certo per sistemare le proprie grane giudiziarie. In poche parole chi fa politica, quella seria, deve gettare il cuore oltre l'ostacolo; deve avere il senso del dovere e dell'appartenenza, oltre che quello civico. Tutte cose che dalle parti di palazzo Grazioli latitano da tempo.