votare bene per scalzare il despota

Non avevo dubbi. A poche ore dal voto delle regionali, il presidente del Consiglio ha lanciato gli ultimi siluri contro la magistratura politicizzata, contro l'ex alleato Casini e contro il centrosinistra colpevole di cavalcare le inchieste dei giudici e di travisare la realtà delle sue proposte. Insomma il suo solito monologo che da anni porta avanti con la caparbietà di un mulo, anche perché finora gli ha portato bene. Solo che questa volta gli errori a ripetizione commessi da Re Silvio potrebbero davvero portare ad una fine prematura del suo regno. L’ostinata difesa di quel pasticciaccio delle liste del Lazio, per giunta con il carico vergognoso del decreto legge salvaliste bocciato da tutti i tribunali, ha aperto gli occhi anche ai più ostinati sostenitori del Cavaliere che da ben 16 anni ci bombarda di promesse e di balle a suon di danza padana.
Inutile negarlo: in questo frangente la priorità per il despota di Arcore è quello di nascondere un problema interno tra gli alleati della coalizione di centrodestra, dovuto essenzialmente alla spartizione di poltrone e cariche di prestigio, che ha provocato alla fine (in molti italiani) una netta e legittima irritazione. Non si può ricorrere ad un decreto legge per sopperire ad una questione di spartizione della torta regionale, anche perché si tratta di uno sfregio nei confronti del Paese e dei tanti lavoratori che stringono la cinghia e perdono il lavoro. Altro segnale negativo, che a mio parere sta incanalando verso la fine il suo mandato, è quello dello scontro con i giudici. Non si può dire che la corruzione e la ragnatela del malaffare che da Nord a Sud avviluppa il Paese siano una invenzione di certe Procure che vogliono sovvertire il governo legittimamente eletto dai cittadini. Questo è inaccettabile. Nessuno ha mai negato che ci siano dei giudici politicizzati, soprattutto nella procura di Milano, ma da qui a demonizzare tutte le inchieste sulla corruzione galoppante ce ne vuole. La miscela esplosiva di tangenti ed escort che riguardano maggioranza e opposizione non possono essere addebitate ai giudici comunisti. Questa è una balla grossa come una casa. Il marciume c’è eccome e non può essere liquidato con le toghe rosse. Lo schifo e lo squallore di questa classe politica, di questa classe imprenditoriale, di questa classe di manager e di questi faccendieri arricchiti che si scambiano favori e mazzette e se la godono in barba ai tanti lavoratori che prendono salari vergognosi o licenziati non può passare con il messaggio del Cavaliere. Non c’è alcuna giustificazione a questo schifo. Altro che toghe rosse. Ed anche sulla questione immigrazione è un falso quello che dice il Cavaliere, affiancato dalla Lega. Saranno pure state bloccate le carrette del mare ma i clandestini e i rom arrivano a frotte. E quello che è scandaloso non sono gli immigrati ma il loro uso come schiavi nelle aziende del ricco Nordest e nelle imprese del Meridione. Senza contare che quelli che non trovano lavoro poi si dedicano allo spaccio e alla prostituzione. Altro aspetto negativo è il rapporto del PdL con Santa romana chiesa. Molte delle responsabilità di questa migrazione poi lasciata marcire per le strade è dovuta soprattutto alla politica dell’accoglienza praticata dalla Cei. Stiamo ormai finendo tutti nello stesso grande calderone delle braccia e delle menti a buon mercato per l’arricchimento dei soliti noti. Tutte le regole del lavoro sono travolte e azzerate anche grazie a chi spinge per la presenza di immigrati, come conferma il recente decreto sui flussi. Schiavi nell’agricoltura, schiavi nell’edilizia, schiavi nelle imprese, schiavi nelle case come badanti e come domestici. Altro che partito dell’amore. E allora come fa ancora il Pifferaio di Arcore a chiedere il voto degli italiani? Con che faccia si presenta ancora in tv sproloquiando e incantando quei pochi (spero) elettori indecisi propinando la solita minestra riscaldata? Non è meglio dare un bel segnale oggi e domani con questo voto per far capire al piduista che è ora di sloggiare? Mi auguro proprio che questo segnale inequivocabile arrivi.