l'Antipatico

venerdì 31 dicembre 2010

Happy New Year


Felicità e auguroni a tutti i lettori per un fantastico e scoppiettante 2011, sperando in un anno migliore per chi non ha ricevuto, dall'anno che se ne sta andando, ciò che aveva sperato esattamente 365 giorni fa.

venerdì 24 dicembre 2010

auguri a tutti!


Sinceri auguri a tutti voi, lettori di questo blog, e alle vostre famiglie, dall'Antipatico più influenzato di Roma e dintorni. Cercate di essere felici, perchè la vita è già perfetta così. AUGURI!!!!

mercoledì 15 dicembre 2010

Un paese carbonizzato


Dopo lungo tempo, riprendo un poco la parola su questa piattaforma, offertami gentilmente ormai parecchio tempo fa dal caro amico Nomadus, a cui oltretutto faccio pubblicamente gli auguri e i complimenti per i cinque anni di questo blog recentemente compiuti.
Non vorrei con questo post fare la cassandra dal mio pulpito iberico, ma gli ultimi avvenimenti dello stivale mi hanno veramente abbattuto. Non particolarmente per la fiducia vinta da B, cosa che purtroppo, dato che viste le operazioni di compravendita inqualificabile portate avanti negli ultimi giorni con grande caparbietà da quel venditore di primo livello, mi si è fatta sempre più chiara l'immagine per cui la partita con la storia di Silvio Berlusconi non si sarebbe chiusa con questo fatidico 14 dicembre, come tanti speravamo. Un paio di chiavi di lettura personali, su questo fatto certamente deludente, sono che Fini ha sbagliato in pieno, giocando malissimo le sue carte. Per me, è chiaro che avrebbe dovuto colpire con l'arma della mozione, insieme al sonnolento PD, ai tempi della serrata dei ministri e del caso Ruby. Una mozione presentata a quel tempo lo avrebbe probabilmente steso senza riserve. Ma dargli un mese di tempo... beh, questi sono gli ovvi risultati. Gli assurdi appelli di Napolitano a un fair play per dare il tempo di votare la finanziaria (ma quando è successo?), o per eleggere dei ministri (?), sono un altro aspetto veramente delirante delle dinamiche di un paese di cui non comprendo più assolutamente nulla. Ad ogni modo, Fini ha anche cercato di puntare sulla coesione di un gruppo di deputati, i suoi, che insieme all'accozaglia delle opposizioni, mantenessero polso fermo per affondare questo governo alla canna del gas. Orbene, i vari Scillipoti, Calearo, Squiquilini e Polidori non sono altro che la versione riveduta e corretta dei Turigliatto, dei Mastella e dei sempiterni infami prezzolati che fanno si che il nostro paese sia una vergogna agli occhi di chi crede di vivere ancora in una democrazia. Questa gentaglia sarà -purtroppo- sempre presente, coi loro comitati di responsabilità nazionale e i pugnali affilati da affondare nella schiena del Di Pietro o del Bersani di turno, dopo essere stati incantati dalle sirene monetarie del Berlusconi di turno. Onestamente, non mi ha stupito questo ennesimo teatrino dello squallore estremo e dell'assurdo fatto realtà. Mi dispiace veramente mettermi in un ottica diametralmente opposta a quella dell'amico Nomadus, che vedeva nella manifestazione del PD una rinnovata luce di speranza per un paese allo stremo di tutto, ormai impantanato in un declino morale senza uscita. Quello che è successo ieri a Montecitorio è il triste specchio della nostra realtà. Un B asserragliato e ormai privato del buon senso che avrebbe detto a qualunque leader nelle sue condizioni di mollare, ha invece perseguito coi suoi soliti mezzi di corruzione e sprezzo delle regole una vittoria (anche se pirrica) contro l'odiato Fini. E la ha avuta. E certamente lo schiaffo di immagine per Fini è stato duro, il suo progetto futurista ne è uscito fortemente debilitato, specialmente alla luce delle vomitevoli defezioni dei suoi. Ma quello che mi ha veramente intristito, rabbuiato e preoccupato, è ciò che parallelamente allo squallido teatrino perpetrato dai soliti buffoni nel parlamento è accaduto nelle vie, nelle piazze della capitale e del paese in genere. La degenerazione della protesta per la riforma dell'università ha assunto quel tono e quelle sfumature inquietanti, che sono campanelli d'allarme molto molto brutti. Il fatto che tanta gente sia veramente allo stremo della sopportazione, economica e morale e che gli studenti protestino giustamente verso una riforma che non condividono, non sfocia in Italia, come per esempio in Francia, in una reale protesta massiva, coesa e socialmente stratificata contro il governo. No, da noi una protesta avviata nelle giuste forme dagli studenti degenera inequivocabilmente in scontri di grave violenza. Ma tra la polizia e un certo numero di personaggi non chiari, dove le dinamiche del G8 di Genova si ripropongono ancora con tutta la loro carica di inquietante ambiguità. Dove non si capisce bene chi cazzo siano e da dove siano spuntati fuori (un po' come Bin Laden, il pupazzo a molla del pentagono) i famigerati black bloc, ma si capisce molto bene da che parte stia l'interesse ad avere una città come Roma messa a ferro e fuoco in un giorno come questo. Tutto questo coacervo di schifezza, unito alle dichiarazioni post fiducia, a improbabili aperture di maggioranza, alla caccia al deputato, dichiarate da un pazzo furioso ultra settantenne circondato da lacchè senza dignità, alle sfiancate dichiarazioni di un'opposizione che dovrebbe garantire un'alternativa a B quando non riesce a garantire neppure un voto unanime di sfiducia ai suoi membri, mi fa davvero precipitare in una condizione dove l'estraniamento verso la condizione italiana è la diretta conseguenza di una estrema preoccupazione, verso un paese che non capisco più, e verso la cui rinascita morale, economica e politica non nutro più, purtroppo, nessuna speranza.

sabato 11 dicembre 2010

una piazza che fa (ancora) battere il cuore




Torno a scrivere su questo blog dopo una lunga e voluta pausa di circa tre settimane. Ero alquanto stufo di discettare ogni volta del Pifferaio e delle sue nefandezze, delle sue continue promesse e delle altrettanto certificate menzogne. Non avevo stimolo alcuno nel cercare una qualsiasi motivazione cerebrale tale da indurmi a scrivere qualcosa di sensato e di sentito. Oggi, finalmente, assistendo in diretta alla manifestazione di piazza San Giovanni mi è tornata la voglia irrefrenabile di comunicare a quei pochi lettori di questo blog (che proprio in questi giorni compirà 5 anni) la mia ritrovata voglia di credere ancora in un'Italia che può finalmente cambiare. Ascoltando le parole dette da Bersani, dal palco della piazza più rossa che Roma abbia mai conosciuto nella sua millenaria storia, mi sono rinfrancato e per un attimo ho capito che il mio cuore di vecchio appassionato di politica (quella vera) è tornato a battere. Forse proprio grazie a piazza San Giovanni e a quella moltitudine di persone che oggi l'affollavano. Oggi, era ora, il Partito Democratico ha fatto sentire forte e chiara la sua voce. Ha detto, senza mezzi termini, che Berlusconi deve andarsene a casa (scelga lui in quale delle sue venti vorrà andare). Ha detto basta al partito di governo del malaffare e del disfattismo, altro che partito dell'amore. Piazza San Giovanni si è riempita di donne e di uomini che hanno testimoniato il proprio sdegno nei confronti di un esecutivo che ha portato il Paese alla paralisi, allo sfascio. E per questo motivo il popolo della piazza rossa romana ha chiesto a gran voce le dimissioni del Pifferaio di Arcore. Questo pomeriggio i lavoratori, i commercianti, i piccoli imprenditori, i pensionati, gli studenti (gomito a gomito) hanno indicato a mister Bunga-Bunga la strada di casa invocando, nel contempo, una stagione nuova, fatta di cooperazione istituzionale, di pace sociale, di sviluppo e redistribuzione del reddito e della ricchezza. Da questa legittima indicazione del popolo di San Giovanni (per voce del segretario del PD) è nata anche una sfida dalla quale dipende inevitabilmente il futuro del nostro Paese e della nostra democrazia. E questa sfida il Partito Democratico è pronto a raccoglierla da protagonista, ben conscio della propria forza e del proprio compito storico, che poi è quello di unire le culture riformiste e democratiche. Ormai il tempo è scaduto, non si può più indugiare e bisogna quindi agire con risolutezza. Finalmente il modello di gestione del potere personalistico e populista incarnato da Berlusconi sta andando a farsi fottere. Finalmente si sta sciogliendo come neve al sole quel sistema di comando padronale (oserei dire più peronista che leaderista) che non è mai stato interessato a risolvere i problemi, ma solo a raccogliere il facile e immediato consenso popolare. Stiamo vivendo giorni di grande tensione che rischia di travolgere tutto. L'approssimarsi del voto di fiducia del 14 dicembre e il relativo e vergognoso mercato delle vacche (come l'ha giustamente definito Di Pietro) sta rinfocolando il rogo dell'antipolitica e sta generando forme di individualismo estremo. Siamo ormai prossimi ad una deriva che mette a rischio i cardini dello Stato unitario, che mina nelle fondamenta i principi di coesione e di solidarismo che stanno alla base di qualunque patto sociale. Il maggior pericolo, nel panorama socioculturale italiano, è quello di perdere definitivamente la nozione di bene comune (come ha giustamente evidenziato il Censis). L'Italia è un Paese ormai appiattito, stanco, deluso, apatico. E di questo dobbiamo ringraziare calorosamente Berlusconi. Grazie a lui, e al suo dissennato operato, l'Italia sta perdendo quella consistenza di sistema che finora aveva cementato lo Stato unitario e solidale. Grazie al Pifferaio di Arcore siamo diventati un popolo di individui che si guardano l'ombelico, non interessati ad altro se non all'orticello di casa propria. Credo sia arrivata l'ora improcrastinabile per uno scatto (spero non tardivo) d'orgoglio nazionale. Per riprenderci da questo vergognoso e degradante avvitamento sociale occorrerà coniugare una grande visione nazionale ad una specifica azione sul territorio. Sarà necessario rimuovere quel grumo di potere autoreferenziale (provocato dall'avvento del berlusconismo) che impedisce ogni riforma. Sarà inevitabile riportare i temi della coesione economica al centro dell'agenda pubblica. Sarà indispensabile consolidare gli strumenti di partecipazione popolare che partono dal basso, promuovendo una più salda riaffermazione del patto unitario. Scusatemi, cari lettori, se ho scritto questo post quasi fossi un sindacalista, ma la manifestazione di oggi a piazza San Giovanni mi ha ridato un'energia insospettabile, che temevo aver persa definitivamente. Spero di contagiare qualcuno...