l'Antipatico

venerdì 30 aprile 2010

i pasdaran del Cavaliere


Si parla tanto in quest'ultimo periodo del cosiddetto cesarismo incarnato alla perfezione dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il quale anche nel recente scontro con Fini ha dato prova delle sue indubbie capacità persuasive nei confronti di chiunque osi solo pensarla diversamente rispetto al suo credo politico ed operativo (altra recente esemplificazione la cacciata del neodissidente Bocchino). Ebbene, dietro il pugno di ferro berlusconiano esiste una ben organizzata fronda di fedelissimi del presidente, di intransigenti ed incorruttibili latori della parola dell'unto del Signore, di integralisti del berlusconismo che si farebbero passare per le armi piuttosto che contraddire il loro padre padrone. Sono i nuovi Promotori della Libertà guidati esemplarmente da quella che può essere tranquillamente identificata come la più accanita tra i pasdaran del Cavaliere: la sempre in tiro Michela Vittoria Brambilla. La bella lecchese in autoreggenti, sminuendo un pò il tutto, definisce il berlusconismo imperante come una sorta di centralismo carismatico. Il che è tutto dire. Ma se andiamo a spulciare l'organigramma e lo statuto di questa moderna organizzazione del credere combattere e obbedire in salsa lombarda, non possiamo non sottolineare come i quattro articoli previsti siano una sorta di ripetizione sine die del cieco e infallibile motto "nei secoli fedele (a Lui)": infatti vi si legge che il movimento "dipende direttamente dal presidente Silvio Berlusconi..." e che è praticamente impossibile "concepire un confronto al di fuori della continuità politica, ideale e programmatica voluta dal suo fondatore...". Inoltre il movimento "esiste per sostenere il lavoro del presidente Silvio Berlusconi..." e ovviamente è coordinato "secondo le indicazione del presidente Silvio Berlusconi..." nonchè segue "le priorità, gli obbiettivi e gli interventi del presidente Silvio Berlusconi..." ed è gestito da "responsabili tematici e territoriali nominati direttamente dal presidente Silvio Berlusconi...". Altro che partito dell'Amore, questo è il partito degli yes men. Quelli forgiati e modellati per poter sempre e comunque obbedire senza batter ciglio al proprio capo, genuflettersi e sorridere anche mentre si prendono una bella pedata nel culo per aver detto una frase non rispondente ai dettami del padre padrone. In buona sostanza questa replica del Popolo della Libertà è una sorta di partito ideale per esercitare il già citato centralismo carismatico nonostante il fido Sandro Bondi lo derubrichi ad un semplice partito in cui "è necessario un lavoro comune che, pur nelle differenze, conduca ad un esito e ad un'unità più alta...". E intanto fervono alacremente i lavori all'interno di questo microcosmo berlusconiano doc: c'è stata la nomina di un nuovo responsabile culturale (indovinate chi è? Sì, proprio Sandrone il poeta) e si è provveduto anche all'individuazione di un conduttore di riferimento, il padano di ferro Gianluigi Paragone, il quale ha avuto la benedizione dal beato Silvio per diventare il vero anti-Santoro. Altro che Belpietro e Feltri, debitamente impegnati nelle sante crociate contro il blasfemo Gianfranco Fini. L'ex direttore de la Padania ha furbescamente teso una trappola, nella sua trasmissione su RaiDue L'Ultima Parola, al defenestrato Italo Bocchino facendolo scontrare con Maurizio Lupi e preparando di fatto su un vassoio d'argento l'epurazione effettuata in stile brezneviano dal Pifferaio di Arcore. A detta di molti oramai Paragone è la persona giusta per far capire che il Popolo della Libertà numero due potrà essere più amico e solidale con la Lega di Bossi del PdL ufficiale, quello che giocoforza deve misurarsi con Fini e i cosiddetti finiani, nonchè con i molti parlamentari e dirigenti che, senza esprimersi apertamente nel confronto interno innescato dalla diatriba Fini versus Berlusconi, condividono comunque l'analisi sul partito a trazione leghista e cercano di correggerne la traiettoria. Paragone, senza giri di parole, parla ai pasdaran del Cavaliere (appunto i Promotori della Libertà) di federalismo, che va fatto subito e soprattutto evitando "di flagellarsi con ripensamenti che sanno solo di melina...": in pratica come vogliono Bossi e Calderoli. E adesso sono proprio in tanti a chiedersi, davanti alle aperte manifestazioni di insofferenza del Pifferaio di Arcore per i guai che gli dà il partito del predellino, se non stia per scendere in campo il suo avatar, il neo PdL dei Promotori della Libertà. La tattica, invero, è alquanto consolidata. Quando, dopo l'avvio del predellino, sembrava interrotto il percorso di avvicinamento tra Forza Italia e Alleanza Nazionale, Silvio Berlusconi incoraggiò in qualche modo l' avatar di AN, vale a dire il raggruppamento scissionista di Francesco Storace (La Destra), presenziando al suo congresso ed elogiandone l'iniziativa fino al punto che una delle sue migliori amiche (Daniela Santanchè) trasmigrò nel nuovo partito e ne diventò addirittura la candidata premier in occasione delle elezioni politiche del 2008. Tattica analoga con i centristi dell'UDC. Qui gli avatar sono stati addirittura tre: i Cristiano Popolari di Baccini, i Popolari Liberali di Giovanardi e l'Alleanza di Centro dell'ex giornalista del TG1 Francesco Pionati. Tutti costruiti praticamente come dei doppioni del bizzoso partito di Pier Ferdinando Casini e attirati, in tempi diversi, nell'orbita irresistibile del Cavaliere per sostituire in qualche modo l'originale che resisteva cocciutamente ai disegni del Pifferaio di Arcore. Certo, fino a sei mesi fa sarebbe stato impensabile che la strategia del doppione venisse applicata anche al Popolo della Libertà, ma a pensarci bene la cosa non è così tanto paradossale. In tutta la comunicazione pubblica, in tutti i discorsi, in tutte le brochures propagandistiche, la data di nascita del partito è fissata non già alla data del congresso e nemmeno alla famosa manifestazione di piazza San Giovanni del 2 dicembre 2006 contro il governo Prodi, ma al simbolismo del predellino di piazza San Babila a Milano, versione postmoderna del treno di Lenin: il leader che arringa la folla e determina la svolta, piega il destino la politica e la storia. Ovvio che se è tutto qui, se tutto è racchiuso nella storia di un capo e del suo rapporto diretto e non mediato con il popolo, dal predellino si può anche scendere per cercare altri pulpiti, altre tribune. Ed infatti la sexy e fedelissima Michela Vittoria Brambilla è già pronta alla bisogna (e credo non solo a quello...). Il fido e sempre prono Sandro Bondi è già arruolato. Quanto agli altri, si arrangeranno. Così sia. E amen.

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