l'Antipatico

venerdì 20 novembre 2009

non gli resta che il lettone (di Putin)


Tutti ne parlano e ognuno dice la sua. I cedimenti sempre più evidenti nella struttura della maggioranza di governo fanno sospettare che un’era, quella di Berlusconi, stia per chiudersi e che un’altra, ancora tutta da definire e da costruire, possa nascere dalle sue rovine. Anche ieri sera, seguendo la puntata di Annozero, mi sono accorto del clima politico che aleggia oramai sulla pelata (rifatta) del Cavaliere. E non basta nemmeno un Quagliariello (scriviamolo bene, con la i che altrimenti si offende...), sbiadita copia conforme di un Ghedini o di un Lupi (per non parlare di un Belpietro), a far da argine alla tracimazione mediatica, in negativo, del Pifferaio di Arcore. Gli osservatori politici e non accentuano le loro riflessioni sugli effetti che le vicende giudiziarie del Cavaliere stanno comportando nelle schiere del centrodestra, con diversi personaggi che temono di farsi coinvolgere in una caduta che potrebbe essere devastante. Il presidente del Consiglio, che finora l'aveva scampata bella grazie ad assoluzioni, prescrizioni varie e leggi ad personam, sembra adesso immerso in una situazione di particolare difficoltà. Il day after del Lodo Alfano ha lasciato impietosamente il segno e come se non bastasse a Milano, da venerdì 27 novembre, riprenderà il processo contro di lui per corruzione per il caso Mills, l’avvocato inglese condannato in Italia per avere mentito in tribunale in due processi contro lo stesso premier (All Iberian e Guardia di Finanza) sulla costituzione di fondi neri della Fininvest all’estero. Brutte notizie arrivano da Palermo, anche se appena accennate, dove nel processo di appello contro Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa, il pentito che si è accusato della strage di Via D’Amelio ha suggerito che ci possano essere stati contatti tra i vertici di Cosa Nostra sia nel 1992 (l’anno delle stragi di Falcone e Borsellino) che nel 1993 (l’anno degli attentati a Milano, Firenze e Roma). Nel classico stile mafioso siciliano, il pentito dice e non dice, suggerisce scenari, riferisce i sentito dire e offre alla voracità di chi lo ascolta le sue ipotesi e le sue interpretazioni dei fatti. Il traguardo che molti, in diversi Palazzi, sognano è che si possa arrivare a coinvolgere il Cavaliere nelle stragi con l’ipotesi di una sua richiesta, fatta per interposta persona, ai vertici di Cosa Nostra (Riina e Provenzano) di eliminare quanti stavano indagando sull’origine delle sue fortune. Fantapolitica o fantagiudiziaria? Chi può dirlo. Certo già in passato un magistrato siciliano aveva chiesto il sequestro conservativo di tutti i beni del Cavaliere suggerendo proprio un’ipotesi di questo tipo, sulla quale diversi cronisti si sono esercitati scrivendoci sopra pure libri di grande diffusione. Un avviso di garanzia per un fatto del genere, cioè Via D’Amelio, non potrebbe passare come indolore ed avrebbe certamente riflessi a livello governativo e della maggioranza. Un conto è un’accusa di corruzione, un altro quella di strage. Del resto che qualcosa per Berlusconi si stia muovendo anche nel campo patrimoniale, è dimostrato non tanto dalla condanna in sede civile della Fininvest di risarcire la Cir di Carlo De Benedetti con 750 milioni di euro per aver comprato la sentenza sul Lodo Mondadori, ma anche da voci insistenti di presunte inchieste giudiziarie su risorse estere, ovviamente in paradisi fiscali, nella disponibilità dei due figli del Cavaliere che guidano Mediaset e Mondadori. Sarebbe in verità molto umoristico se la famiglia del premier dovesse finire indagata in virtù delle norme sullo scudo fiscale. Ma se ci si limita a queste vicende, peraltro note, non si capisce quale potrebbe essere la vera posta in gioco. Il succo del problema non sono infatti le ambizioni di Fini o il nuovo partito centrista-clericale-atlantico di Casini, Rutelli e Montezemolo (sostenuto dalle banche e dalle grandi aziende come la Fiat sempre a caccia di aiuti pubblici). I veri pericoli per Berlusconi vengono invece da fuori, dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, i cui establishment finanziari non gli hanno mai perdonato di aver infranto i loro disegni egemonici sull’Italia che, con la sua discesa in campo nel 1994, sono andati a farsi benedire. E' quindi alquanto naturale e comprensibile che i malumori principali vengano dalle compagnie petrolifere made in Usa (Exxon-Mobil e Chevron-Texaco) e anglo-olandesi (BP e Shell), le quali non possono proprio accettare il suo rapporto preferenziale con Putin e con la Russia, oltre a quello dell'Eni con Gazprom nell’ottica di costruire un solido legame continentale ed euroasiatico nel solco tracciato qualche decennio addietro da Enrico Mattei. Certo, se proprio dovesse andare all'aria il rapporto economico-amichevole tra Putin e il Cavaliere, a quest'ultimo resterebbe sempre la soddisfazione (a Roma si dice "accontentate co' l'ajetto...") di usufruire del famoso lettone regalatogli dall'ex capo del KGB, l'unico comunista che sta simpatico al Pifferaio di Arcore.

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