l'Antipatico

sabato 24 ottobre 2009

il momento della scelta


Domani, domenica 25 ottobre, finalmente il Partito Democratico incoronerà il nuovo segretario nazionale di quello che dovrebbe essere (e che mi auguro ardentemente sia) il maggior partito di opposizione del nostro Paese. Quello stesso partito che un giorno, spero non troppo lontano, dovrà prendere le redini del comando e della guida politica, nonchè sociale ed economica, che porterà l'Italia fuori dal guado del berlusconismo e dal conseguente abbrutimento morale e materiale in cui attualmente si trova. L'elezione del nuovo segretario del PD sarà la prima e forse unica certezza all'interno di un florilegio di indecisioni e di stati di confusione. Le incognite la fanno da padrone: non si sa se vincerà il segretario-traghettatore (Franceschini) o lo sfidante favorito dai rumors (Bersani) o perchè no il terzo incomodo (Marino). Non si sa se andranno a votare in tanti come due anni fa per Veltroni (tre milioni e mezzo) o come quattro anni addietro per Prodi (quattro milioni e trecentomila). Non si sa se il prossimo segretario sarà più combattivo, più pugnace e meno gentile nei confronti del Cavaliere. Non si sa se miglioreranno o peggioreranno i rapporti del PD con l'alleato scomodo (Di Pietro) o con quello possibile (Casini). Non si sa neanche se qualcuno tra gli eventuali sconfitti del dopo nomina farà le valigie e abbandonerà la bella compagnia. A ben vedere non sono pochi gli interrogativi nell'immediata vigilia dell'evento anche se la prima incognita (quella sul nome del leader) contiene in verità tutte le altre. Osservando lo stato attuale delle cose, mi viene da rimarcare come i due maggiori indiziati alla carica di segretario abbiano messo insieme, in omaggio alla tradizione delle mescolanze passate, due squadre con molti oriundi. E una in particolare (la Binetti) ha terremotato ancor di più la situazione con il suo esasperato dissenso in coda alla proposta di legge sull'omofobia targata PD. Al netto dei torti e delle ragioni, comunque, quello che colpisce è il poderoso incedere del caos, delle continue frammentazioni e delle ripicche storiche di antiche e mai sopite rivalità all'interno della galassia rossa. Il fatto principale (e quasi mai sufficientemente biasimato) è che il Partito Democratico ha stabilito il suo insediamento su un territorio politico molto esteso, anche troppo, che va dai teodem alla Fiom. Lo ha fatto, purtroppo, rimandando al futuro il compito di elaborare un'identità che tenesse tutti insieme nel nome del riformismo e dell'antiberlusconismo. Lo ha fatto, è questo il punto, dall'angolo dell'opposizione che in genere è il luogo meno agevole per aggiustare le cose. Lo avesse fatto durante i tempi della maggioranza di governo sarebbe stata tutta un'altra storia. Ma l'ha fatto anche senza una leadership forte e incontrastata (purtroppo non ne nascono più di Berlinguer...): Veltroni ha avuto il suo daffare nel lottare contro le correnti avverse; Franceschini ha ereditato tutti i suoi avversari e non tutti i suoi alleati. L'ex vice di Veltroni ha reagito attaccando Bersani e D'Alema provocando, forse a sua insaputa, uno scenario da guerra di tutti contro tutti che, di solito, non credo sia il miglior viatico per una nuova avventura politica. In buona sostanza il bilancio è alquanto critico e il pronostico per quello che avverrà a partire da domani lo è ancora di più. Ma a mio avviso, e nonostante tutto, il PD ha almeno tre frecce al suo arco: la prima è rappresentata dall'oggettiva difficoltà all'interno della maggioranza del Popolo della Libertà, alle prese con la grana Tremonti che induce a pensare in positivo, per il PD ovviamente, in caso di un peggioramento delle cose nella casa berlusconiana. Se (come sembra) dovessero accentuarsi i problemi per il PdL, è ovvio che il principale partito dell'opposizione vedrebbe risalire le sue quotazioni politiche ed elettorali. La seconda freccia in mano al PD è rappresentata dalla mobilitazione che susciterà nella gente l'evento di domani: se dovessero affluire nei gazebo molti più elettori rispetto alle previsioni, è quasi scontato che l'aria cambierà, in meglio ovviamente, contribuendo a portare in seno al partito un clima più respirabile, più sereno e finanche più ottimistico rispetto alla possibilità di mandare a casa il Pifferaio di Arcore. E per finire la terza freccia: la nuova leadership, qualunque essa sia (personalmente faccio il tifo per Bersani). Il nuovo segretario del Partito Democratico avrà dalla sua una nuova e mi auguro lunga luna di miele con l'elettorato: potrà sfruttare la spinta di un'investitura popolare per dare al suo partito la sterzata di cui ha bisogno. E se davvero una di queste tre frecce raggiungerà il bersaglio (e da lunedì mattina lo vedremo) allora, e solo allora, si potrà intravedere la prima luce, per quanto fioca, alla fine del tunnel nerissimo del berlusconismo del terzo millennio. E non ci sarà bisogno di inforcare occhiali protettivi...

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