l'Antipatico

lunedì 30 novembre 2009

lettera a un figlio che deve lasciare (il nostro Paese)


Ho deciso di dedicare questo odierno mio post alla lettera pubblicata da Repubblica e scritta da Pier Luigi Celli, rettore della LUISS ed ex direttore generale della RAI. Una lettera indirizzato al figlio con l'invito ad abbandonare questo Paese che non potrà assicurare un futuro degno di questo nome non soltanto al figlio di Celli. Almeno credo, visto le prospettive e le situazioni attuali in cui si è incagliato il nostro beneamato Stivale. Chissà che sensazioni e che tipo di deduzioni potranno suscitare queste righe scritte dal rettore della LUISS al mio carissimo amico e collaboratore di questo blog DAVIDE, anche lui costretto a lasciare il nostro Paese per cercare fortuna e realizzazione in terra iberica. Chiunque, dopo la lettura di questa lettera, vorrà lasciare un proprio commento sull'argomento sarà il benvenuto. "Figlio mio, stai per finire la tua Università; sei stato bravo. Non ho rimproveri da farti. Finisci in tempo e bene: molto più di quello che tua madre e io ci aspettassimo. È per questo che ti parlo con amarezza, pensando a quello che ora ti aspetta. Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio. Puoi solo immaginare la sofferenza con cui ti dico queste cose e la preoccupazione per un futuro che finirà con lo spezzare le dolci consuetudini del nostro vivere uniti, come è avvenuto per tutti questi lunghi anni. Ma non posso, onestamente, nascondere quello che ho lungamente meditato. Ti conosco abbastanza per sapere quanto sia forte il tuo senso di giustizia, la voglia di arrivare ai risultati, il sentimento degli amici da tenere insieme, buoni e meno buoni che siano. E, ancora, l'idea che lo studio duro sia la sola strada per renderti credibile e affidabile nel lavoro che incontrerai. Ecco, guardati attorno. Quello che puoi vedere è che tutto questo ha sempre meno valore in una Società divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili; di carriere feroci fatte su meriti inesistenti. A meno che non sia un merito l'affiliazione, politica, di clan, familistica: poco fa la differenza. Questo è un Paese in cui, se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque; un centesimo di una velina o di un tronista; forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all'attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai. E' anche un Paese in cui, per viaggiare, devi augurarti che l'Alitalia non si metta in testa di fare l'azienda seria chiedendo ai suoi dipendenti il rispetto dell'orario, perché allora ti potrebbe capitare di vederti annullare ogni volo per giorni interi, passando il tuo tempo in attesa di una informazione (o di una scusa) che non arriverà. E d'altra parte, come potrebbe essere diversamente, se questo è l'unico Paese in cui una compagnia aerea di Stato, tecnicamente fallita per non aver saputo stare sul mercato, è stata privatizzata regalandole il Monopolio, e così costringendo i suoi vertici alla paralisi di fronte a dipendenti che non crederanno mai più di essere a rischio. Credimi, se ti guardi intorno e se giri un po', non troverai molte ragioni per rincuorarti. Incapperai nei destini gloriosi di chi, avendo fatto magari il taxista, si vede premiato - per ragioni intuibili - con un Consiglio di Amministrazione, o non sapendo nulla di elettricità, gas ed energie varie, accede imperterrito al vertice di una Multiutility. Non varrà nulla avere la fedina immacolata, se ci sono ragioni sufficienti che lavorano su altri terreni, in grado di spingerti a incarichi delicati, magari critici per i destini industriali del Paese. Questo è un Paese in cui nessuno sembra destinato a pagare per gli errori fatti; figurarsi se si vorrà tirare indietro pensando che non gli tocchi un posto superiore, una volta officiato, per raccomandazione, a qualsiasi incarico. Potrei continuare all'infinito, annoiandoti e deprimendomi. Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell'estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati. Probabilmente non sarà tutto oro, questo no. Capiterà anche che, spesso, ti prenderà la nostalgia del tuo Paese e, mi auguro, anche dei tuoi vecchi. E tu cercherai di venirci a patti, per fare quello per cui ti sei preparato per anni. Dammi retta, questo è un Paese che non ti merita. Avremmo voluto che fosse diverso e abbiamo fallito. Anche noi. Tu hai diritto di vivere diversamente, senza chiederti, ad esempio, se quello che dici o scrivi può disturbare qualcuno di questi mediocri che contano, col rischio di essere messo nel mirino, magari subdolamente, e trovarti emarginato senza capire perché.Adesso che ti ho detto quanto avrei voluto evitare con tutte le mie forze, io lo so, lo prevedo, quello che vorresti rispondermi. Ti conosco e ti voglio bene anche per questo. Mi dirai che è tutto vero, che le cose stanno proprio così, che anche a te fanno schifo, ma che tu, proprio per questo, non gliela darai vinta. Tutto qui. E non so, credimi, se preoccuparmi di più per questa tua ostinazione, o rallegrarmi per aver trovato il modo di non deludermi, assecondando le mie amarezze. Preparati comunque a soffrire.
Con affetto,
tuo padre
Pier Luigi Celli
L'autore è stato direttore generale della Rai. Attualmente è direttore generale della Libera Università internazionale degli studi sociali, Luiss Guido Carli.

8 Commenti:

  • ma come con un padre che per la sua cultura ed il suo integerrimo comportamento è stato a capo della più grande e potente società italiana nel campo dei media ed ora lo ritroviamo rettore nientepopodimeno (tutto attaccato per sottolineare) della Luiss come può consigliare questo a suo figlio... fa venire il dubbio che conoscendosi sente di aver usurpato tali posizioni... allora suggerisco a suo figlio di valutare da chi provengono certi consigli.
    beppe figlio di un tabaccaio....

    Di Anonymous Anonimo, Alle 30 novembre, 2009 15:46  

  • Carissimo Beppe (figlio di tabaccaio), cerchiamo di separare i fatti dalle opinioni. La tua opinione è rispettabile ma altrettanto confutabile. I fatti, invece, sono lì a dimostrare che oggi, pur essendo figli nientepopodimeno (tutto attaccato per sottolineare come hai fatto tu) che di un potente rappresentante della società italiana, come Pier Luigi Celli, non ci sono i presupposti per confidare in un futuro migliore e si è costretti ad emigrare. Non conosco la tua situazione personale, ma credo che già possedere un sali e tabacchi possa essere sufficiente per intravedere qualche spiraglio all'orizzonte. Non tutti i figli riescono comunque a diventare tali e quali ai propri padri. O no? Un cordialissimo saluto a te caro Beppe (figlio di tabaccaio).

    Di Blogger nomadus, Alle 30 novembre, 2009 16:46  

  • eh si...quella lettera l'ho letta anche io, mi ha profondamente toccato, e (purtroppo) ne condivido in pieno i contenuti...Io poi, quei consigli li ho già messi in pratica più di tre anni fa, senza che mio padre mi scrivesse niente (anche se mi ha sempre appoggiato ed è felice quanto me ora). E oggi più che mai li trovo attuali e credo che davvero sia l'unica soluzione, se si vuole intraprendere una strada che non sia lastricata di raccomandazioni, intrisa della cultura del fregare il prossimo e infarcita della incredibile ignoranza, razzismo e qualunquismo che sono le virtù più in voga nel nostro EX-Belpaese.Uno non si immagina quanti italiani si sono volontariamente esiliati negli ultimi anni, e la cosa bella è che tutti costoro, quando li incontri ti rendi conto, ritrovi le nostre virtù di popolo più vere, più belle, vedi che non siamo in fondo quella caricatura che è oggi l'italiano medio. Fa piacere, insomma, portare in giro anche un'altra immagine dello stivale, che non siano puttane, mafia, razzismo..L'opinione di Beppe (figlio di un tabaccaio) rispecchia perfettamente una visione tipica dell'Itaglia di oggi: il cercare sempre un qualche scheletro nell'armadio di chi dice qualcosa che non ci piace, un dubbio, una fetta di prosciutto da mettersi sugli occhi per non vedere e non credere a quanto in basso siamo finiti. Invece credo che quest'uomo abbia avuto un grande coraggio e una grande luciditá per scrivere e pubblicare una lettera del genere, pensando poi che è indirizzata a suo figlio. Se le leggerezze di Beppe fossero vere, allora perchè un uomo così potente si esporrebbe scrivendo delle cose così amare? Avrebbe potuto tranquillamente "imboscare" suo figlio in qualche ministero, alla RAI o in qualche azienda, invece di consigliargli di andarsene da questo Paese distrutto dalla nostra imbecillità... Certo che per arrivare a pensare certe cose ci vuole anche un pò di spirito critico, una cosa di cui si sente sempre più la mancanza nella trasposizione orwelliana che ormai sta diventando la nostra cara "Patria"...saluti amari

    Di Blogger Davide, Alle 01 dicembre, 2009 22:42  

  • Carissimo DAVIDE, l'amarezza (cristallizzata dal tuo commento) unita al senso critico e oggettivo sviluppato dal tuo osservare lo stato delle cose esistente nel nostro (ex)Belpaese non fanno che certificare il senso di frustrazione cui moltissimi di noi oramai sono assuefatti. Come hai fatto tu tre anni addietro, altrettanto hanno fatto tantissimi giovani e senza attendere il suggerimento del proprio genitore. Credo sia già sufficiente accorgersi della situazione di crisi della società italiana nel momento in cui si è studenti (di liceo o di università non importa) oppure lavoratori part-time o peggio ancora schiavi da call center. L'abbrutimento personale e morale derivante da quel senso di impotenza e di rabbia (generata dalla vana ricerca di inserimento nel tessuto sociale e lavorativo del nostro Stivale) fa da contraltare e da detonatore depotenziato alla voglia di partecipazione e di supremazia naturale e meritoria nel voler dire (e fare) un qualcosa di utile per il nostro Paese. La sterile critica, infarcita di qualunquismo, che si avverte nel commento di Beppe (figlio di tabaccaio) non produce altro che ulteriore disaffezione all'interesse e alla combattività ideologica di chi vorrebbe cambiare lo stato delle cose. Avremmo bisogno di cervelli e di cuori molto più impavidi e brillanti per dare un segnale di risveglio e di attiva partecipazione alle nuove leve (almeno a quelle disintossicate dal gas nervino berlusconiano) che escono dalle fucine intellettuali e imprenditoriali delle Università pubbliche o private (come la LUISS)al fine di ripristinare quel tessuto sociale sano, indomito e culturalmente ineccepibile che dovrebbe essere lo specchio riflesso del Paese anelato e amato da tutti gli italiani. Un affettuoso saluto, caro DAVIDE.

    Di Blogger nomadus, Alle 02 dicembre, 2009 13:02  

  • Ragazzi qui si delira! Questo tizio è il rettore della luiss. Un rettore ha una capacità di inserire una persona nel mondo lavorativo superiore ad un ottima raccomandazione! E' impossibile che questa persona non conti almeno quanto basta per fargli prendere un lavoro che possa far vivere suo figlio e la sua famiglia in una condizione ottima! E' chiaramente una lettera a scopo di marketing per la persona del rettore. Se fossero vere queste cose non finirebbero sui giornali! Stiamo attenti a leggere con calma ciò che ci viene proposto.. p.s. riuscite ancora a trovare quella lettera sul sito di repubblica? Perchè? :) buon Natale

    Di Anonymous Marco Tesei, Alle 23 dicembre, 2009 09:37  

  • Non credo proprio che si possa classificare la lettera di Celli sotto la dicitura "marketing". E' soltanto un provocatorio modo per far capire ai giovani del nostro Paese che la situazione attualmente cristallizzata (a seguito del dominio berlusconiano dell'ultimo quindicennio) non può che indurre qualsivoglia speranzoso neolaureato a guardare al di là delle Alpi per cercarsi un futuro degno di questo nome. Non c'entrano capacità di raccomandazione nè larvate letture dietrologiche di messaggi sottotraccia. E' solo una questione di duro realismo e di evidente incapacità di cambiare lo stato delle cose. Se vuoi leggere ancora la lettera il link è il seguente "http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/scuola_e_universita/servizi/celli-lettera/celli-lettera/celli-lettera.html". Tanti auguri.

    Di Blogger nomadus, Alle 23 dicembre, 2009 14:15  

  • Il Prof Celli dovrebbe chiarire come mai questo articolo e' comparso guardacaso su un giornale notoriamente di sinistra. Ricevere moralismi sociali da chi puo' utilizzare come meglio crede i mass media per criminalizzare il periodo politico che viviamo, francamente si commenta da solo. Carissimo professore, si liberi del suo pessimismo politico e sia piu' obiettivo. Questo articolo poteva scriverlo su un giornale di Centro o di Destra, perche' ha scelto Repubblica, forse per fare un favore alla Sinistra? Voglio sperare per il bene dell'Istituzione Universitaria che Lei dovrebbe rappresentare che non sia cosi'

    Di Anonymous carolina, Alle 17 gennaio, 2010 16:03  

  • Gentilissima CAROLINA, non credo proprio che un Belpietro o un Feltri potevano rappresentare la tribuna idonea e super partes per poter ospitare lo scritto di Celli. Nè tantomeno credo che l'attuale rettore della LUISS avesse in mente proprio quei due giornali così notoriamente vicini alla sinistra. Fatto sta che la sua critica, gentile CAROLINA, nei confronti della scelta operata da Celli è legittima e comprensibile, seppur non condivisibile da chi scrive. Un cordiale saluto.

    Di Blogger nomadus, Alle 17 gennaio, 2010 17:13  

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