l'Antipatico

domenica 25 gennaio 2009

le parole di un vecchio saggio




Da un pò di giorni non postavo ed ero francamente in attesa di raccogliere qualche idea per affrontare un difficile, articolato e scivoloso argomento: quello che riguarda una sorta di apartheid nei confronti del principale sindacato italiano, la CGIL guidata da Guglielmo Epifani. L'attesa è terminata dopo aver letto sulle colonne de la Repubblica la bella intervista di Elena Polidori al nostro grande vecchio ex Presidente Carlo Azeglio Ciampi. La non più giovane età del livornese più amato dagli italiani (ha da poco compiuto 88 anni) consente ugualmente all'allenato cervello dell'ex Governatore della Banca d'Italia di sciorinare pensieri e parole con la consecutio temporum adeguata, facendo un pò impallidire le strampalate esternazioni di altri politici di rango che spesso fanno a pugni con la lingua di Dante. Le parole del vecchio saggio (http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/economia/contratti/intervista-ciampi/intervista-ciampi.html) sono tutte da leggere, incamerandole come pillole di verità (e di riconoscenza) nei confronti di una delle parti sociali italiane storicamente all'avanguardia nella difesa dei diritti dei lavoratori. Tornando alle mie personalissime considerazioni, preso atto che il Paese reale sta precipitando in una crisi senza precedenti e che il Pifferaio di Arcore continua a fare il cantastorie, mi accorgo che la politica dell'apartheid operato in quest'ultimo periodo dal governo, da Emma Marcegaglia, dal duo Bonanni & Angeletti e dai loro peones, sta sostanzialmente facendo vergognare il nostro Paese. Lorsignori invece, a differenza dei pensionati presi per i fondelli con la promessa di una mancia poi negata, non si vergognano. Anzi, siglano un accordo senza e contro la CGIL che è il sindacato più rappresentativo, dunque contro milioni di lavoratori. Un accordo che peggiora ulteriormente i salari, riducendone il potere d'acquisto. E il prossimo passo, annunciato dalla stessa compagnia di giro, è l'ennesimo attacco ai pensionati. Quelli umiliati e costretti a vergognarsi al supermercato da chi non prova vergogna. Ha ragione l'incontenibile ministro bellachioma Maurizio Sacconi: l'accordo di giovedì scorso, che sancisce la morte del sistema contrattuale nato nel 1993, ha un carattere storico. Storico, perché le regole generali che hanno un valore erga omnes non sono condivise ma imposte. Storico, perché redistribuisce la ricchezza nazionale dai salari ai profitti e alle rendite. Storico, perché viene siglato dentro una crisi che travolge il Paese reale e presenta ai più deboli il conto delle sciagurate scelte economiche, finanziarie e politiche dei più forti. Le nuove regole si traducono in poche voci fondamentali: i contratti nazionali perdono di valore così come i salari (e come le categorie sindacali) perché tutto passa in mano alle confederazioni. E' il trionfo degli enti bilaterali, già oggi un cancro della democrazia nel lavoro, etichettabile sotto la voce consociativismo. Si rimanda l'ipotetico recupero salariale ai contratti di secondo livello, quelli a cui solo una minoranza di lavoratori possono accedere. Avranno almeno la decenza, lorsignori, di sottoporre le nuove regole al giudizio vincolante dei diretti interessati, ovvero i lavoratori dipendenti? La CGIL non ha cercato la rottura, come recita la vulgata tifosa di politici e media. Al contrario, il segretario generale Guglielmo Epifani ha cercato in ogni modo di evitare uno scontro così duro dentro una crisi economica e sociale epocale. Il fatto è che i padroni e il governo, con qualche nostalgia per gli anni Cinquanta, volevano espellere dal gioco il principale sindacato sapendo che oggi, a differenza di sessant'anni fa, non solo non c'è il Partito Comunista ma neanche si intravede un'opposizione di sinistra. Il lavoro non ha rappresentanza politica, e neanche una sponda. Il Partito Democratico, che sognava l'unificazione di CGIL, CISL e UIL, oggi si divide più di quanto non lo sia già sull'accordo separato. A un attacco storico di questa portata si può rispondere solo con una straordinaria mobilitazione democratica. Pur conoscendo le difficoltà economiche e sociali in cui vivono i lavoratori, la FIOM e la Funzione pubblica CGIL hanno indetto uno sciopero generale per il 13 febbraio che si concluderà con una manifestazione unitaria a Roma. E' il primo appuntamento da segnare in agenda, per chiunque abbia a cuore la democrazia. Altri dovranno seguire. Non lasciamola sola la CGIL!! Questo non è un appello. E' un suggerimento (per quel che può contare...) di un umile blogger.

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