l'Antipatico

domenica 4 gennaio 2009

l'America & la questione mediorientale


A volte il silenzio è più assordante di una bomba esplosa a pochi metri. Mentre l'amministrazione Bush è ormai prossima a passare il testimone, l'esplosione della rappresaglia israeliana su Gaza palesa una volta in più il suo fondamentale insuccesso strategico in più angoli del mondo. Naturalmente nessuno può pretendere di avere la soluzione al conflitto più intricato che si conosca, ma a mostrare l'inadeguatezza, persino l'imbarazzo, della risposta americana è soprattutto la reazione politica a quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza. Fin dal primo giorno dell'offensiva israeliana contro Hamas, l'amministrazione Bush ha sostenuto il diritto di Israele a difendersi, una linea certamente non nuova. Ma di fronte alla domanda posta l'altro ieri da un giornalista, se la risposta di Israele sia stata proporzionata alla provocazione di Hamas (riferendosi al lancio di missili verso le città israeliane) la Casa Bianca non ha voluto fornire un punto di vista. Eppure, fa notare il giornalista americano Mark Knoller di CBS News, "appena qualche mese fa, il presidente Bush non aveva alcun dubbio sulla proporzionalità. Infatti era del tutto certo che la Russia avesse ingaggiato un conflitto militare del tutto asimmetrico nei confronti della Georgia". A rigore, lo stesso ragionamento dovrebbe essere applicato alla risposta di Israele, visto che le forze militari di Hamas sono ancora decisamente rudimentali e, appunto, del tutto sproporzionate rispetto ai mezzi a disposizione dell'esercito israeliano, che da giorni sta riversando sulla Striscia di Gaza centinaia di tonnellate di bombe senza che questo comporti alcuna visibile soluzione politica. In compenso, e a scanso di equivoci, l'altro giorno Bush ha condannato la provocazione di Hamas definendo il lancio di missili un "atto di terrorismo". Il che, nessuno ne dubita, corrisponde a verità, ma alle affermazioni di G.W. Bush continua a mancare la necessaria integrazione sulla rappresaglia messa in atto da Israele. E non è un caso che manchi questo riconoscimento, perché la stessa mancanza di una strategia politica che sta mostrando lo Stato di Israele, ha caratterizzato, nel complesso, anche l'atteggiamento dell'amministrazione Bush in molte aree di rilevanza geopolitica, dal Caucaso a Gaza passando naturalmente per l'Iraq, nelle quali gli Stati Uniti si sono mossi ispirandosi esclusivamente a una logica conflittuale e di interesse particolare. Nessuno sforzo significativo è stato invece profuso per capire le ragioni profonde delle parti interessate, un tentativo che rappresenta la necessaria premessa per la composizione di qualsiasi conflitto. Così, se si vuole fare qualche passo serio verso una soluzione del conflitto israelo-palestinese, non è certamente sulle ragioni di Hamas che bisogna soffermarsi, né su quelle dell'esercito di Israele, bensì sull'uguale diritto di esistere sia del popolo palestinese che di quello israeliano. Un'evidenza, questa, che deve essere sempre stata incomprensibile a Bush nell'essenza. E che apparirà sempre incomprensibile a chiunque sia incapace di capire altre ragioni che quelle strumentali. Le relazioni internazionali salutano con un sollievo non indifferente l'amministrazione americana uscente, che consegna a Barack Obama e al suo team un lascito disastroso. Sperando nel miracolo del primo presidente nero degli Stati Uniti...

4 Commenti:

  • Buongiorno.Sono assolutamente d'accordo .La questione medio-orientale sarà risolta solo quando si porranno al centro dell'attenzione i legittimi interessi dei due popoli in questione,con la nascita di due stati assolutamente indipendenti.MAURO

    Di Anonymous Anonimo, Alle 05 gennaio, 2009 13:42  

  • Carissimo MAURO, mi fa sempre più piacere notare la nostra condivisione di opinioni e di affinità intellettive, anche su questioni di politica estera. Un affettuoso saluto.

    Di Blogger nomadus, Alle 05 gennaio, 2009 20:46  

  • Ovviamente la questione non è su chi ha ragione o su chi ha torto, la questione è che a Gaza si sta perpetrando un genocidio, inaccettabile per qualsiasi paese che si dica civile. Il negare questa evidenza, non ha giustificazione alcuna come nessuna scusa può condurre a tanta crudeltà. Credo che a Gaza si stia consumando un "affare" disumano che non può non essere fonte di reazione verso un paese che a suo tempo ha subito una simile ingiustizia.
    Sperare in Obama? Non sono così tanto illusa. Deve mantenere l'approvazione degli ebrei americani e deve far dimenticare le sue origini arabe. Cosa farà? Potremmo accettare scommesse!
    E intanto Gaza muore.

    Di Blogger rossaura, Alle 08 gennaio, 2009 23:23  

  • Questa è, purtroppo, la triste attuale realtà. Obama, in questo momento, è tra l'incudine e il martello. Starà a lui, dopo il 20 gennaio, sfilarsi dalla scomoda posizione o prendere parte attivamente come nuovo presidente degli Stati Uniti, facendo sentire finalmente la sua voce e il suo pensiero.

    Di Blogger nomadus, Alle 08 gennaio, 2009 23:41  

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