l'Antipatico

venerdì 2 gennaio 2009

anno nuovo, speranze nuove


Lo so, il titolo del post poteva essere migliore. In effetti non mi sono sforzato granchè. Forse perchè ancora stordito e intorpidito per i bagordi dell'ultimo dell'anno, ma tant'è. E così ho deciso di iniziare il 2009 in questo modo, alquanto scontato, ne convengo. Anno che viene, anno che va. Un passaggio normale, ma dominato da una crisi anomala e poco domabile. Questa crisi maturata sotto i nostri occhi annebbiati e ora è esplosa e ci domina. Come abbiamo imparato sui libri di scuola, si tratta di una crisi figlia (legittima o meno non si sa) del capitalismo, del sistema che cerchiamo di avversare, ma gli effetti più disastrosi li ha su di noi. Innanzitutto sui lavoratori, diventati non più oggetto di sfruttamento e di profitto come ai bei tempi (quando si sosteneva la lotta di classe) ma spesa inutile, e quindi da mandare per un po' in cassa integrazione e poi alla mendicità. La crisi restringe (anzi elimina) i margini di trattativa. La crisi è del capitalismo, ma la prima vittima è il suo antagonista: la classe operaia, e con lei tutte le speranze di crescita e di benessere. Le crisi economiche producono anche le guerre, un modo estremo di riaffermare il potere dei ceti dominanti. La sanguinosa aggressione dello stato di Israele contro i disperati della striscia di Gaza va collocata in questo quadro di crisi e di oscurità del futuro. Non sono i rozzi razzi di Hamas a provocare l'aggressione. Ci sono le elezioni in Israele: per vincerle bisogna essere più duri e selvaggi del concorrente. C'è l'incognita di Obama: la guerra serve a farlo schierare per Israele e per i suoi bombardamenti criminosi. Nel nostro mondo occidentale c'è una crisi generale delle sinistre, delle forze che in qualche modo vorrebbero uscire dalla macchina infernale del capitalismo, che diventa più feroce quando è incalzato dalla crisi. Il capitalismo è (a mio modesto avviso) nella sua più grave crisi, peggio del famoso 1929. Più grave proprio perché il capitalismo si è perfezionato. Non ci sono più spazi vuoti nei quali la crisi si arena. Mai come oggi vale il detto secondo il quale "il battito di una farfalla a Pechino provoca un terremoto a New York". Ma allora cosa fare? Difficile rispondere: bisogna tentare qualcosa, ma cosa in particolare ancora non si sa. Forse non cedere alle tentazioni elettorali o agli schieramenti di parte ed essere più obiettivi (almeno io con i miei blog cerco di farlo). Seguire con più attenzione critica i fatti e le inchieste giornalistiche in tutti i campi, a cominciare dalla scuola e dal lavoro, per continuare con i lavoratori e per poi mettere in piena luce i nuovi meccanismi di sfruttamento e di dominio. Ci dobbiamo impegnare per una grande battaglia culturale. Bisogna svegliare le coscienze critiche (addormentate) di questo nostro Paese. Dobbiamo far diventare le pagine del blog una sorta di piazza d'incontro, di discussione, di progetto e di iniziativa. Non dobbiamo mollare. L'anno nel quale siamo entrati da due giorni deve essere l'anno della ripresa, dell'approfondimento dell'analisi, del rilancio e di ogni qualsivoglia lodevole iniziativa. L'importante è che sia veramente migliore di quello che se n'è appena andato!

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