l'Antipatico

martedì 29 gennaio 2008

la strage di Erba e il processo-spettacolo







Ci siamo. Questa mattina è iniziato il processo a Como contro Olindo Romano e Rosa Bazzi, i coniugi di Erba accusati della strage dell'11 dicembre 2006, giorno in cui vennero massacrati i loro vicini di casa Raffaella Castagna, il figlioletto di due anni e mezzo Youssef, la mamma di Raffaella Paola Galli e una vicina accorsa in aiuto, Valeria Cherubini, moglie dell'unico sopravvissuto (e principale testimone d'accusa) Mario Frigerio. Una strage che all'epoca i giornali (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/12_Dicembre/11/erba.shtml), con il solito pressapochismo e scandalismo da prima pagina, addossarono sulle spalle del povero Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna, solo perchè era tunisino e appena uscito dalla galera con l'indulto. E ci ricordiamo di quel periodo in cui si dava la colpa di quanto accadeva agli extracomunitari, marocchini romeni o tunisini che fossero. Una sorta di caccia alle streghe che si usa sempre come una sorta di "schermo sociale" per ripararsi da brutture e situazioni tragiche di cronaca nera e da avvenimenti truculenti. Oggi, iniziato il processo, ci ritroviamo in un altro specchio deformato dell'Italia del ventunesimo secolo. quello di cui abbiamo già avuto un'anteprima con il processo di Cogne ad Annamaria Franzoni. Il cosiddetto processo-spettacolo, con le file chilometriche come ai botteghini del cinema o dello stadio, con l'ansia da parte del pubblico di accaparrarsi il posto in prima fila, come in una ipotetica gradinata da Colosseo dei giorni nostri, con la voglia smaniosa di esserci, di assistere all'"evento mediatico", allo show fatto da toghe e manette, piuttosto che da lustrini e minigonne e paillettes. Noi non riusciamo a capire cosa spinga certe persone a non andare al lavoro, o a scuola o all'Università, per recarsi nell'aula del Tribunale di Como. Quale sia la motivazione primaria di assistere con tanta bramosìa alle udienze, essere presenti per ascoltare i dettagli di una carneficina, di uno squartamento di un bambino come fosse un capretto, immergersi in un grandguignol moderno fatto di raccapriccio e di sangue. Non lo capiamo e non lo assecondiamo questo nuovo trend giudiziario spettacolare, questo ammassarsi di microfoni e telecamere alla ricerca di volti e di voci che certamente non sentiamo il bisogno di accogliere nelle nostre case. Preferiremmo che si spegnessero i riflettori su questo circo mediatico artefatto e senza anima, proprio per rispetto cristiano a quelle anime che ora non ci sono più.

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