l'ostilità della politica verso la cultura
Ostilità. Tenace ostilità. Mi pare questo il termine giusto per sottolineare l'attuale rapporto tra la politica e la cultura. O almeno tra parti importanti di esse. Ho pensato questo all'indomani delle parole usate dall'attore Elio Germano nel corso della premiazione all'ultimo Festival del Cinema di Cannes (http://www.youtube.com/watch?v=QWKuPBecJUs). Il vincitore ex-aequo del premio come miglior attore alla rassegna francese ha detto quello che molti pensano: "...gli italiani fanno di tutto per rendere migliore il nostro Paese, nonostante questa classe dirigente". E come se non bastasse Germano aveva ricordato in precedenza che "...i nostri governanti hanno rimproverato il cinema di parlar male del nostro Paese". Parole dure, dette poi da un giovane attore: il che colpisce ancora di più. Certo, ultimamente i rapporti tra la cultura cinematografica e teatrale e la politica in generale (per non dire con il ministro Bondi in particolare) non mi sembrano idilliaci. Questa palese ostilità tra le parti (che comporta comunque una sorta di avvitamento continuo e irrefrenabile) sta dunque nel fatto che, mentre la classe politica di governo rimprovera gli artisti italiani di rappresentare male il proprio Paese (valga per tutti l'esempio dello scontro Bondi-Guzzanti, http://www.repubblica.it/politica/2010/05/08/news/bondi_draquila-3906915/), gli artisti (a loro volta) rispondono di fatto con la stessa moneta: l'Italia è migliore dei suoi rappresentanti politici. Così, stante la situazione, qualsiasi rapporto è pressochè impossibile. E' un errore sia della cultura che della politica (più della seconda che della prima a mio avviso), quello di presumere di rappresentare la parte migliore del Paese. Una supponenza. Una mancanza di senso critico. Imperdonabile su entrambi i fronti e che non può che provocare guai a tutti e in particolar modo al Paese che dicono di amare. Ma se un tale errore, nelle parole di un giovane uomo d'arte come Elio Germano, può essere dettato da un sacrosanto entusiasmo normalmente insofferente rispetto alle critiche generiche provenienti dalle tribune politiche, in un uomo politico d'esperienza e di responsabilità (nonchè di intelligenza e sensibilità oltre alle riconosciute doti di acume e di perspicacia...) come il ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi non è perdonabile affatto. La sua decisione di non andare a Cannes e ai premi David di Donatello e di svolgere invece (insieme al suo viceministro Francesco Giro) una specie di guerra frontale critica nei confronti del cinema italiano è, a mio parere, una scelta insensata e pure poco lungimirante. L'acclarata ostilità tra le parti ha oramai le sue radici nel pensiero di correggere la cultura attraverso la politica, che diventa lo spazio e la fonte di giudizi culturali. E' un errore storico di certa sinistra in Italia (e non solo), e pare anche attualmente mutuata dagli atteggiamenti del ministero capeggiato dal poeta Bondi. Non sarà di certo criticando il cinema attuale (come sta facendo il governo) che il cinema attuale migliorerà. Altro aspetto paradossale di questa insensata ostilità sta nel fatto che i due maggiori produttori e distributori di cinema italiano sono l'uno governativo (RAI) e l'altro espressione dell'attuale presidente del Consiglio (MEDUSA). Dunque, conseguentemente, ogni critica generica di taglio politico al cinema italiano diviene quasi surreale. La capacità di miglioramento culturale segue naturalmente le strade della cultura: maestri che tirano su allievi, artisti coraggiosi che percorrono nuove strade, nuovo modo di valorizzazione dell'identità italiana, confronto vero con l'arte nel mondo e non solo con il proprio ombelico. Queste sono le azioni, gli spazi che una vera politica di governo dovrebbe favorire e assicurare in campo culturale, invece di criticare gli artisti di casa nostra che ci sono e che vanno rappresentati istituzionalmente e non snobbati. Credo che per il bene di tutti occorra al più presto uscire da questa ostilità e da questo avvitamento. E il primo passo credo sia giusto che lo faccia la politica. Anche perchè il destino dell'Italia sta a cuore agli artisti più veri e sinceri, ma per così dire nessun artista è obbligato ad avere questa preoccupazione. Mentre i ministri e i politici sì.
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