l'Antipatico

venerdì 19 febbraio 2010

la BEBELE della vergogna


No, non è un refuso di stampa. BEBELE sta per BErlusconi, BErtolaso, LEtta: l'oramai arcinoto triumvirato della vergogna che le cronache giudiziarie, degli ultimi tempi, hanno fatto conoscere nella loro immorale natura di cinici pupari del potere al servizio dei propri squallidi interessi, costituiti dalle solite tre esse: soldi, sesso e schifezze varie. Ognuno ha fatto la sua parte, ognuno ha avuto il proprio ponte di comando e tutti si sono circondati di quella sottospecie di corte dei miracoli formata da intrallazzatori riciclati, faccendieri da quattro soldi, spicciafaccende di infimo ordine e marchettare tipo Tor di Quinto. In questi giorni lo schifo e la rabbia, l'indignazione e il senso di legittimo rancore nei confronti di questi squallidi protagonisti al negativo, hanno dato il via a una sorta di caleidoscopio della protesta, di molteplicità della disapprovazione e del malcontento generale. E' inutile andare in tv con la faccia di bronzo e con l'atteggiamento dell'alluvionato sommerso dalle ingiuste critiche e lagnanze (basta rivedere frammenti di Ballarò come in questo caso, http://www.youtube.com/watch?v=baXlGCCisno), se poi non si ha il senso del pudore e dell'onestà intellettuale di dimettersi nonostante tutto e tutti. Non serve riscoprirsi ventriloqui della legalità travestiti da paladini dell'anticorruzione (come ha fatto il Pifferaio di Arcore, http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201002articoli/52348girata.asp) se poi si ha nel proprio DNA la formula magica della disonestà e dell'immoralità elevate all'ennesima potenza. Che senso ha frequentare porporati e salotti buoni, organizzare incontri a base di crostate e scrivere lettere strappalacrime (http://rassegnastampa.formez.it/rassegnaStampaView2.php?id=209345) se poi si presta il fianco e si avalla lo spirito corruttivo e l'ignavia insolenza del proprio padrone? Tutto questo non ha senso e non può trovare asilo morale presso chiunque sia dotato di buon senso e di amor proprio, oltre che di genuina partecipazione per la verità e per il senso civico di appartenenza nei confronti di un vivere in modo sano e trasparente. La scontata considerazione che mi viene da fare è che i soggetti in questione non hanno un senso della vergogna magari figlia di un'educazione ricevuta ma non metabolizzata; non hanno nemmeno quel senso dell'onore, oramai in via di estinzione, che permette di praticare quel magnifico sport che è il rassegnare le dimissioni, il rimettere il proprio mandato e uscire di scena in modo dignitoso. Purtroppo questo succede solo sui set cinematografici.

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