l'immunità paga sempre
Non sia mai detto che un ministro berlusconiano debba rispondere di fronte alla giustizia. Ma come, il principe delle menzogne si cuce addosso leggi e cavilli per non andare in galera e lascia che ci vada un suo fedele sottoposto? E così, come da pronostico, il ministro Altero Matteoli si è salvato. Anzi, l'hanno salvato. Nessuna autorizzazione a procedere nei suoi confronti, per una brutta storia risalente al 2004 con l'accusa di favoreggiamento nell'ambito di un'inchiesta per abusi edilizi sull'isola d'Elba. La Giunta per le autorizzazioni della Camera ha approvato la relazione di Maurizio Paniz (PdL) che toglie dall'imbarazzo il ministro delle Infrastrutture, tra le proteste dell'opposizione, e che non sarà dunque processato. Mettendo così fine a una querelle cominciata cinque anni prima e condita da diversi colpi di scena. All'epoca dei fatti Matteoli era sempre ministro ma si occupava di Ambiente. Un giorno prese il telefono e chiamò il prefetto di Livorno per avere informazioni su una voce di una denuncia a suo carico per abusi edilizi commessi sull'isola toscana. La notizia si rivelò vera, peccato però che il prefetto livornese non ne sapesse ancora nulla, e così Matteoli si beccò due belle denunce: una per favoreggiamento e un'altra per rivelazione di segreto d'ufficio in relazione all'inchiesta sul mostro di Procchio, un complesso in costruzione a Marciana, nell'isola d'Elba. Inchiesta che ha coinvolto, fra gli altri, un giudice e due prefetti accusati di corruzione. A quel punto la palla passa ad un pubblico ministero di Livorno che, una volta esaminate le carte, decide per l'archiviazione. Sbugiardato pochi giorni dopo dal Gip che ritenne invece valide le accuse. E mandò avanti il procedimento senza però chiedere l'autorizzazione a procedere, giudicando la telefonata di Matteoli un atto non compiuto nelle funzioni di ministro, e dunque senza bisogno di un via libera parlamentare. Tutto risolto? Neanche per idea. Il nuovo stop arriva direttamente dalla Camera dei Deputati, allora presieduta da Fausto Bertinotti, che approva a larga maggioranza la decisione di trasmettere il quesito alla Corte Costituzionale, l'unico organo considerato idoneo a stabilire se un reato può essere o meno considerato ministeriale. Ma per non perder tempo, il ministro Matteoli si porta avanti con il lavoro e dà incarico al suo legale (e collega di AN) Giuseppe Consolo di studiare il caso e trovare una soluzione. Detto fatto: l'avvocato presenta un progetto di legge in cui chiariva una norma costituzionale del 1989 riguardante i reati ministeriali. Il testo però non è stato mai discusso, ed è ora superato dal voto compatto dell'altro giorno della maggioranza a favore della relazione di Paniz, che ora passa al vaglio dell'Aula. L'opposizione ha votato contro ad eccezione della deputata del PD Donatella Ferranti che ha ritenuto la votazione della Giunta illegittima in quanto, come ha spiegato Pierluigi Castagnetti, «l'Autorità Giudiziaria non ci ha dato comunicazione di nulla: nè dell'archiviazione del procedimento, nè della richiesta di autorizzazione a procedere». Lo scorso 9 luglio, infatti, la Corte Costituzionale aveva annullato il rinvio a giudizio del tribunale di Livorno nei confronti del ministro Matteoli, dando così ragione alla Camera dei Deputati che aveva sollevato un conflitto tra poteri. Morale della favola? L'immunità paga sempre e il tutto finisce ogni volta a tarallucci e vino. Di quello buono. Possibilmente toscano.
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