l'Antipatico

mercoledì 10 giugno 2009

un vuoto (politico) da riempire


Non vorrei tediare i miei lettori, ma qualche piccola considerazione post-voto non mi sembra fuori luogo. Dunque, per prima cosa vorrei rimarcare come l''appello «per una lista unica della sinistra alle elezioni europee», sottoscritto da duemila persone nel febbraio scorso, sia rimasto inascoltato. La sinistra, dopo essere sparita un anno fa dal Parlamento italiano, scompare anche dal Parlamento europeo. Paradossalmente, scompare per la mancanza di visione e di strategia unitaria dei dirigenti dei partiti, quando i comportamenti elettorali rivelano un'area di opposizione in forte crescita (6,5% se sommiamo Rifondazione e Sinistra e Libertà, 2,9% ai Radicali, 8% all'Italia dei Valori), a cui si affianca un forte astensionismo «di protesta». Il voto del 6 e 7 giugno dimostra che è temporaneamente rallentata l'onda del berlusconismo, con il suo attacco alla democrazia, mentre l'aggravarsi della crisi economica e dell'insicurezza alimenta una spinta populista verso la Lega Nord e Di Pietro; la crescita di queste forze non è che il riflesso del vuoto di una politica alternativa e dell'incapacità della sinistra di rappresentare gli interessi diffusi di cambiamento politico e sociale. La politica dei partiti è sempre più lontana dalla società, proprio quando più necessario sarebbe il ruolo della politica per affrontare le emergenze del Paese. Se l'obiettivo è ricostruire una nuova politica e una sinistra (sociale e solidale, ambientalista e pacifista, plurale e unitaria) capace di incidere sulla politica italiana ed europea, a mio modesto avviso ci sono quattro strade da percorrere. La prima. Il «passo indietro» dei partiti della sinistra nella loro configurazione attuale, e dei loro gruppi dirigenti, è il necessario punto di partenza. Occorre uscire dalle logiche politiciste e autoreferenziali che hanno portato alla competizione autodistruttiva tra le liste della sinistra. Una politica nuova deve unire rappresentanza, movimenti e società civile. Deve affermarsi un nuovo modo di fare politica, in cui non ci sia diversità tra forma e sostanza, mezzi e fini. Ora le forme della politica della sinistra sono percepite come non molto diverse da quelle degli altri partiti, e questo provoca disaffezione e distacco. La pari dignità tra le diverse forme dell'azione politica (nei movimenti, nel sociale, nel sindacato, oltre che nei partiti) deve essere alla base del modo di essere della politica. Bisogna pensare a un modello confederale, associativo e territoriale delle formazioni politiche, con incompatibilità tra responsabilità di partito e cariche elettive, limite temporale delle cariche, equilibrio di genere. Serve sviluppare le forme di democrazia diretta (primarie, uso del sorteggio per una parte delle cariche) attraverso le consultazioni e gli accordi formalizzati con movimenti e organizzazioni sociali. In queste cose passa il discrimine tra l'essere percepiti come parte della casta e una politica di cambiamento. Secondo punto. La sinistra non sa più leggere e interpretare la realtà sociale che le sta intorno. In poche parole non è più in grado di costruire una visione e una narrazione della sofferenza e del disagio sociale. E' indispensabile (sempre a mio giudizio) conoscere quello che sta accadendo nel Paese per effetto della crisi e del degrado della democrazia. E' auspicabile scambiare esperienze, comunicare una realtà nascosta dal clamore mediatico. Bisogna capire i meccanismi che hanno portato (nel mondo e in Italia) alla recessione, alla disoccupazione, con conseguenti disuguaglianze, impoverimenti, emarginazioni, forme di razzismo e di autoritarismo con la naturale riduzione degli spazi di democrazia e l'inevitabile distacco dalla politica. Il problema della sinistra in questi anni non è stata tanto l'insufficiente autonomia politica dei partiti dalle dinamiche sociali, quanto la totale autonomia dei partiti dalla società. È anche per questo motivo che forze come la Lega o Di Pietro hanno esteso il loro radicamento nelle classi popolari del Paese. Terzo punto. Bisogna raccogliere le proposte e le pratiche per delle politiche alternative. Sull'economia, occorrono misure per uscire dalla recessione nella direzione di uno sviluppo governato dalle scelte collettive e non dai mercati, che tuteli il lavoro più dei capitali, sostenibile sul piano ambientale, meno ingiusto nei rapporti Nord-Sud. Il lavoro deve tornare al centro dell'agenda della sinistra. Sulla politica è necessario raccogliere le proposte e le pratiche che possono contribuire a rinnovare la democrazia nei suoi aspetti essenziali (ad esempio, tanto per dire, le forme della rappresentanza elettorale, il ruolo del Parlamento, la divisione dei poteri, la libertà e il pluralismo dei mezzi di comunicazione), estendendo la partecipazione popolare alle decisioni collettive. Sono questi i contenuti che possono caratterizzare oggi una nuova politica della sinistra. Quarto e ultimo punto. Sono moltissime le realtà che in questi anni hanno mantenuto un impegno su questi temi negli ambiti più diversi (sindacato e società civile, enti locali e servizi pubblici, associazionismo e movimenti, giornali e mezzi di comunicazione, ricerca e cultura): credo che quest'impegno quotidiano debba acquisire una visibilità politica, rinnovando la partecipazione, definendo forme e contenuti della nuova politica. Sono questi i soggetti sociali che possono diventare protagonisti del cambiamento. Per dare espressione politica a una sinistra che sul piano sociale, e anche nei comportamenti elettorali, è tutt'altro che scomparsa, è necessario un processo costituente dove tutti concorrano alla pari, senza egemonie di gruppi e ceti politici consolidati. L'obiettivo è di rappresentare sul serio le istanze di cambiamento della società italiana. L'appello «per una lista unica della sinistra alle elezioni europee» aveva promesso nuovi appuntamenti per continuare questo lavoro. Questa volta dovranno essere categoricamente appuntamenti da non mancare. Altrimenti sarà meglio emigrare.

2 Commenti:

  • E' il caso di emigrare????

    No, dai, sono d'accordo con te sull'analisi, ma temo che seppur siamo alla frutta, la sinistra debba ancora imparare una dura lezione dovuta al triste esercizio di seguire il poltronismo e l'autoreferenzialità che la sta uccidendo a grande velocità. Posso pensare che dalle ceneri possa rinascere la fenice, ma prima o dopo la cenere resterà inutile e inattiva.
    Non credo sia pessimismo. La classe dirigente dei partiti deve dimettersi, deve capire di essere ormai inadeguata. Non può esistere il mestiere di politico, deve essere sostituito con la passione per la politica che paga solo un immenso desiderio di migliorare la realtà del nostro paese, mai le tasche private di personaggi o mezze tacche.
    Ritornare sul territorio costa fatica. Diventare più interessanti di un qualsiasi spettacolo televisivo di veline e tronisti è impensabile. Ma è proprio questo che dobbiamo fare. E' proprio dalla cultura e dalla partecipazione con le difficoltà e le istanze dei più sfortunati che si può riconquistare un elettorato, ma anche semplicemente comprendere un popolo senza sinistra che va alla deriva. La Lega si forma nei bar, alle fermate degli autobus, nelle chiaccherate tra amici. Lì l'idea rivoluzionaria dei singoli contro tutti funziona. Così ci si sente dei in trasferta, così si realizza il piccolo potere di nessuno. Triste ma infinitamente vero.
    La Lega non è un movimento politico è un'anomalia della cultura, ma purtroppo ci governa con leggi assurde è intestinali. Mah, sulla sinistra non ci conto. Quando mai s'è alzato un coro unanime contro regole che uccidono la democrazia?
    Almeno questo, almeno un semplice grido di rivolta.
    "Sinistra qualche volta dimmi qualcosa di sinistra..." ma anche Moretti non ci crede più.
    Ciao Nomadus batti batti e forse qualcosa ne uscirà ;-)
    Ross

    Di Blogger rossaura, Alle 11 giugno, 2009 08:43  

  • Cara ROSS, batto batto: sì, forse qualcosa uscirà ma a volte mi viene il dubbio che oramai il succo è bello che andato e ci è rimasto solo l'aria da aspirare con la cannuccia con quel tipico fastidioso rumore che ne deriva da un brik alla frutta. In parole povere ho l'impressione che non esista più quell'humus fertile e ricettivo dei tempi andati (quelli del nostro caro e dolce Enrico) e che sia inutile continuare a sperare. O a battere. Un afflosciato saluto da Nomadus.

    Di Blogger nomadus, Alle 11 giugno, 2009 20:47  

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