l'Antipatico

martedì 2 giugno 2009

le solite promesse & l'amara realtà


Non ho certo voglia di fare un comizio tramite il mio blog, anche se a volte la tentazione è forte soprattutto quando sento o leggo quello che va dicendo il Pifferaio, e non ho l'aspirazione di diventare una sorta di Cassandra del terzo millennio. Questo no. Ma mi corre l'obbligo di far conoscere, a quei pochi lettori che mi seguono su questo blog, il mio pensiero sull'attuale situazione che viviamo dopo 13 mesi di guida soffocante del governo del Pifferaio. Appunto, è trascorso poco più di un anno di governo, saremmo solo all’inizio di quella che veniva descritta come la legislatura della rivincita della politica. Una maggioranza forte, un leader seduto su una montagna di consensi, un esecutivo modellato a sua immagine e somiglianza (mi ricorda vagamente qualcuno...) e quindi privo di personaggi potenzialmente ingombranti. Un’opposizione frantumata, sconfitta, sfiduciata. E qual è invece la situazione? Un panorama di macerie. Politiche, istituzionali, economiche, materiali, morali: della serie, non facciamoci mancare niente. L’argomento all’ordine del giorno è: il complotto (internazionale, addirittura) contro il Pifferaio. La possibilità che per reagire il leader della destra debba infliggere un altro trauma al sistema politico: elezioni anticipate o quant’altro. La situazione è presto detta. Alleati che non lo coprono, ministri che tacciono o prendono qualche distanza, il suo commercialista di fiducia che dice la solita frase ad effetto sul caso Opel: «… Berlusconi con la sua influenza avrebbe potuto fare molto». Ma non ha fatto. Per l’amicizia vincolante con Putin, come anche Epifani ha sottolineato? O perché la sua situazione personale gli impedisce qualsiasi movimento sulla scena mondiale? Se fosse questa la spiegazione, sarebbe un fatto gravissimo. Avremmo a Palazzo Grazioli un’anatra più che zoppa. E poi l'ultima chicca (che si affannano a coprire): Palermo è sommersa di spazzatura, l’assoluto dominio politico della destra in Sicilia è spezzato, nessuno è in grado di affrontare l’emergenza. Guido Bertolaso deve correre nell’isola per l’ennesimo salvataggio in extremis, ma lascia dietro di sé le proteste ormai aperte, furiose, degli aquilani. Che ce l’hanno anche con lui per la situazione nelle tendopoli. Il sottoscritto aveva evidenziato in un post le promesse fatte dal Pifferaio davanti alle bare allineate nella caserma della Guardia di Finanza di Coppito. Il governo a Roma stava per andare in tilt, per l’impossibilità finanziaria e tecnica di far fronte a quegli impegni presi con gli occhi pieni di lacrime. Gli impegni cadono uno dopo l’altro, i tempi si allungano, le case promesse arriveranno a fine settembre, forse a fine novembre, forse dopo. Ma ai miei corregionali di certo non basta il forse. Intanto il governo sembra voler far credere che la colpa della vita difficile nelle tende è di chi si ostina a rimanerci. Anche per questo, forse, vogliono rendere l’esistenza ancora più difficile a chi già vive senza casa, con un regime interno duro da sopportare. Confindustria, la Banca d’Italia, i giornali padronali tutt’altro che ostili al Pifferaio si sono stufati di aspettare. Se il governo è così forte, perché non arrivano le riforme tanto necessarie al Paese? Si risponde loro che non è tempo, o che non ci sono i poteri. Ecco, l’unica attività nella quale il munifico Silvio eccelle di sicuro: trovare scuse, alibi, scaricare le colpe su qualcun altro o qualcos’altro. Funziona in Italia, forse. Ma non funziona all’estero. La destra paga cara la supponenza con la quale tratta le opinioni pubbliche straniere. E paga caro il conflitto di interessi che ha spinto il Pifferaio di Arcore allo scontro all’ultimo sangue con l’ex amico Rupert Murdoch (proprietario, tra gli altri, del Times). La campagna di stampa internazionale contro il governo e contro l’Italia è ormai battente, micidiale. Non sposterà i voti qui da noi (troppa grazia), ma ci confina sempre più ai margini dei giochi che contano. Con quest’aria che tira, chi avrà più voglia di far visite a Villa Certosa? Già, perché alla fine (o forse all’inizio) di questa catena di disgrazie, c’è la monarchia travolta dagli scandali. La commistione voluta, esasperata, fra dimensione pubblica e dimensione privata, è ormai diventata una tagliola per chi se n’è giovato per quindici anni. La Dynasty di Macherio è devastata da una guerra intestina nella quale l’amorevole capofamiglia ha deciso di usare tutte le armi a disposizione, a cominciare da quella tipica della distruzione dell’immagine della moglie. L’intera potenza mediatica del premier (tv, settimanali, quotidiani) è messa a disposizione di questa ritorsione privata. Trascinare anche Veronica Lario nel fango non servirà a ripulire l’immagine del marito, anzi. Ma questi sono problemi suoi. Il fatto che viene alla luce è che le consolazioni private dell’uomo eventualmente tradito sono pagate con soldi pubblici (con l’impiego illegale degli aerei privati) e causano allo Stato un sovrappiù di problemi, legati alla sicurezza e alla protezione dei ludi sardi del Pifferaio e dei suoi gentili ospiti. La domanda inevitabile è: quanto può andare avanti così? È la stessa domanda che, immagino, corra fra giardini e sale del Quirinale, in una Festa della Repubblica resa grigia non solo dal tempo atmosferico. L’unico riferimento saldo è l’asse fra Capo dello Stato e presidente della Camera, garanzie certe contro tentazioni di scorciatoie istituzionali o pseudoistituzionali. Il voto europeo di sabato e domenica servirà a poco, forse solo a sancire che l’assenza di alternative all’attuale maggioranza non si traduce in una espansione elettorale del Caimano. Che lui sia popolare o no, i suoi voti sembrano proprio restare quelli dello scorso anno. Quelli di sempre. E se il beato Silvio non può fare meglio di come fa (elettoralmente, politicamente, personalmente e come capo del governo) vuol dire che farà peggio. Infatti, purtroppo la diagnosi di questo 63° anniversario della nascita della nostra Repubblica è proprio questa: può solo andare peggio per l’Italia. Ripeto, non voglio fare il menagramo, ma credo proprio che andrà così.

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