attendendo la caduta del Pifferaio
Non vorrei fare il menagramo (anche se in cuor mio lo spero vivamente) ma credo che il viale del tramonto sia stato inesorabilmente imboccato dal Pifferaio di Arcore. Non so ancora come e quando, ma la caduta è imminente. Potrà sembrare un paradosso o un ossimoro politico ma proprio a una settimana dalle elezioni europee sento che la fine del berlusconismo si avvicina a grandi falcate. E non soltanto per il caso Noemi. Proprio per uscire dall'angolo, in cui lo ha sospinto il caso della ex minorenne illibata partenopea, il premier ha dovuto alzare l'asticella del confronto politico; ha dovuto sdoganare nel dibattito pubblico due parole, fin qui bandite dalla comunicazione di Palazzo Chigi: minorenni e, soprattutto, dimissioni. La prima l'ha utilizzata per smentire rapporti piccanti con la ragazza campana, rispondendo indirettamente anche alle famose accuse di Veronica Lario ("Mio marito frequenta minorenni") che molti media avevano evitato di citare. La seconda è risuonata quando il Pifferaio ha spiegato che "se tutto fosse vero, mi dovrei dimettere subito". Affermazione che è al tempo stesso una sfida e un atto non dovuto, dato che nessuno (forse a parte Franceschini e Di Pietro) ha mai chiesto al premier di farsi da parte per l'affaire Noemi. Al punto che l'uscita pare rivolta più alla propria parte politica e a stroncare le voci di quanti hanno sospettato (qualcuno forse sperato, compreso chi vi scrive) che il dopo berlusconismo fosse meno lontano del previsto. Anche perchè non è certamente il silenzio delle ministre del PdL sulla questione sessuale (Gelmini esclusa, forse) ad aver turbato i sonni del Cavaliere. A impensierirlo molto di più, a mio modesto avviso, è la dissimulata indifferenza con cui alcuni pezzi grossi del centrodestra seguono l'evolversi di una storia che ha messo in difficoltà il presidente del Consiglio come in precedenza era accaduto forse solo in occasione dell'avviso di garanzia recapitatogli a mezzo stampa (leggi Corriere della Sera) durante il G7 di Napoli del 1994. La parola dimissioni testimonia dunque, per bocca del diretto interessato, quale sia la vera posta in palio di questo Noemigate, ovvero la possibilità che il governo del Pifferaio (che pareva un impero destinato a durare nel tempo) possa rivelarsi, come ha scritto l'Economist poche settimane fa, un gigante dai piedi d'argilla. Un vero incubo per il popolo del Pifferaio. Ma dall'altra parte una ghiotta opportunità, una sorta di liberazione per quanti aspettano da tre lustri che salti il tappo berlusconiano e si rimescolino le carte della politica nazionale. All'ombra del Pifferaio ter si muovono da tempo le ambizioni e i progetti di chi oramai morde il freno. C'è un leader autorevole e in cerca di consacrazione come Gianfranco Fini, che platealmente persegue un disegno di affermazione personale supportato da robuste idee e da una buona dose di coraggio (e il premier non ha certo dimenticato il contributo della fondazione finiana Farefuturo nell'esplosione del caso veline). Ci sono ministri, come Giulio Tremonti, che gestiscono un'agenda politica e un patrimonio ideologico in gran parte autonomi da Palazzo Chigi e non si sporcano le mani con l'attualità da rotocalco rosa. Non mancano ministri scontenti del ruolo e del portafoglio, come pure ufficiali di riserva che scalpitano in panchina e intanto mettono su tessere e correnti. Senza dimenticare un outsider come Pierferdinando Casini, esule pronto a tornare in forze nel campo che lo ha visto protagonista (non a caso il leader UDC ha chiesto al Pifferaio di rispondere alle 10 domande de la Repubblica sul caso Noemi). E poi non ci sono solo le trame di Palazzo. Un Pifferaio onnipotente non garba nemmeno ad alcuni tra i suoi grandi elettori, più o meno presunti. Non è gradito a quella Confindustria che per la prima volta ha visto un politico calare all'assemblea generale degli industriali guardando la platea dal basso verso l'alto, anzichè presentarsi col cappello come era abitudine nella Seconda Repubblica. Persino al congresso della CEI il gioco di critiche, mezze dichiarazioni e gaffes sulla questione morale ha dimostrato che tra i vescovi italiani c'è chi ritiene opportuno, pur senza sfiduciare il Pifferaio di Arcore, porre un argine ai suoi spazi di condotta. Anche chi non ha interesse ad auspicare dimissioni confida però che la nuova stagione del premier non si stabilizzi in una monarchia assoluta. Forse con le recenti e stantie dichiarazioni il premier ha esorcizzato (o crede di averlo fatto) lo spettro di una crisi di governo. Ma nello stesso tempo ha anche confermato come grazie alla partecipazione (programmata, non improvvisata come voleva far credere) alla festa di compleanno di una aspirante letterina si siano ufficialmente aperte le grandi manovre per il dopo Pifferaio.
2 Commenti:
Solo nei nostri studi classici esiste una Elena di Troia, nella realtà della politica italiana purtroppo la reginetta si chiama Noemi e poi che possa considerarsi il pomo della discordia.... beh questo come vedi non è ancora il nostro caso.
Il Pifferaio può fare tutto. Ci sono troppi interessi in ballo e vincono sempre e comunque gli interessi economici.
Sai com'è..... in tempo di crisi...
Di rossaura, Alle 09 giugno, 2009 12:45
Sì, forse hai ragione tu: il Pifferaio può fare tutto (perchè gli italiani ammaestrati ed ebbri di tv non stanno a guardare il capello), gli interessi economici in ballo sono enormi (anche in questo caso qualcuno ha permesso che ciò avvenisse...), la Noemi non è proprio la Elena del XXI secolo che ci saremmo aspettati, ma se devo dirtela tutta, mia cara ROSS, sento che non è molto lontano quel giorno in cui il Pifferaio cadrà per terra. E non si rialzerà più. Fidati, manca poco. Un affettuoso saluto da NOmadus.
Di nomadus, Alle 09 giugno, 2009 20:42
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