l'Antipatico

domenica 24 maggio 2009

un premier affaticato


Non risponde alle 10 domande che gli ha posto Giuseppe D'Avanzo su la Repubblica (http://temi.repubblica.it/repubblicaspeciale-dieci-domande-a-berlusconi/), accusa il colpo della condanna (e relative motivazioni) del suo amico Mills, soffre l'incompatibilità politica e di pensiero con l'alleato (per ora) Gianfranco Fini: a quanto pare non è proprio un bel momento per il presidente del Consiglio italiano. E come se non bastasse mancano solo due settimane al voto. Se fossimo in una gara ciclistica diremmo che la campagna elettorale imbocca l’ultimo tornante prima del rettilineo, quello del rush finale. Del traguardo non c’è l’ombra eppure non è lontano. Rispetto alla partenza qualcosa è cambiato. Ed è un cambiamento imprevisto fino a solo pochi giorni fa. Quando (ricordate?) tutto gonfiava le vele del Pifferaio di Arcore, tutto: persino una sua inedità capacità di manovra politica unita alla consueta abilità tattica e sapienza d’immagine garantivano al premier una sorta di immunità dalle critiche (esempio l’Abruzzo fra carisma, giuramenti e presenza fisica), presto però tramutatasi nel suo contrario (esempio, ancora l’Abruzzo, ma fra ritardi, contraddizioni e incertezze). Ho scritto abbastanza negli ultimi tempi (anche su tpi-back.blogspot.com) circa l’involuzione abruzzese e a proposito della stranissima traiettoria berlusconiana fra Casoria, Veronica e Mills. Molti blogger e tanti giornalisti, infine, hanno dato conto delle esternazioni al limite del caudillismo, dell’antiparlamentarismo, dell’istintivo sovversivismo del capo del governo. Qual è il risultato di tutto questo? Un accumulo di sensazioni tutt’altro che gradevoli per i nervi di un Paese già stressato dalla crisi, con un clima divenuto improvvisamente pesante, proprio come quello reale di una tarda primavera inopinatamente torrida. Nelle ultime ore, poi, è l’aria all’interno della maggioranza ad essere diventata molto strana. Come se, dinanzi a un Pifferaio esasperato e per questo tentato di rovesciare il tavolo, fossero scattati anticorpi istituzionali e politici, da Fini alla Lega. Il punto è che se poteva sussistere una sorta di divisione dei compiti (al Caimano il compito di governare, a Fini quello di apparecchiare il tavolo della politica), negli ultimi giorni la sensazione è che mentre il presidente della Camera dei Deputati continua a macinare chilometri, il capo del governo non adempia più al suo compito, che non governi più. Che tiri a campare. Se tutto questo è vero siamo passati da una fase nella quale un po’ tutti si limitavano ad attendere un responso delle urne del tutto scontato (il trionfo del premier) a un’altra in cui il medesimo trionfo già si può dire che non ci sarà affatto (due punti in più sono al massimo una buona performance, il trionfo è un’altra cosa: ha in sé qualcosa di definitivo che le cifre del PdL non diranno), non potendosi nemmeno escludere un risultato, rispetto alle previsioni di solo un mese fa, relativamente modesto. Inutile dire che questo ridà ossigeno al Partito Democratico, rianima le forze di opposizione, le spinge a non smarrirsi, a non rassegnarsi. Coraggio, facciamo quest'ultimo rush finale incollati alla ruota sgonfia del Pifferaio. Chissà che non avvenga un miracolo...

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