le bugie (del Pifferaio) hanno le gambe corte
Non vorrei essere irriverente e non vorrei urtare la suscettibilità di qualcuno (men che meno del nostro presidente del Consiglio, che è sempre nel mio cuore e nei mei pensieri...), ma questo mio post domenicale debbo iniziarlo con una citazione storica. La battaglia di Stalingrado è passata alla storia perché è stato il punto di svolta della seconda guerra mondiale: da quel momento in poi i tedeschi, che fino ad allora avevano raccolto vittorie ovunque, hanno imboccato la strada che ha portato in un paio d’anni alla disfatta. Fatte le dovute differenze, il paragone con quello che sta capitando al Pifferaio di Arcore, alle prese con il post-terremoto abruzzese, mi sembra tutt’altro che azzardato. Il premier, che sul dramma aquilano ha puntato tutte le sue fiches politiche, per la prima volta da un mese a questa parte si trova in grossa difficoltà. Passata la fase dell’emergenza, in cui ha potuto contare sull’efficienza della Protezione civile, ora si trova a dover far fronte agli impegni presi con il popolo abruzzese sulla ricostruzione. Ma per lui le cose non si stanno mettendo tanto bene. Al punto che è stato costretto ad annullare la già programmata (e sbandierata) visita a L’Aquila per annunciare la creazione di un centro di ricerca da parte dell’ENI. Nella cittadina abruzzese c’era solo il ministro dell’istruzione Gelmini, assieme all’amministratore delegato Scaroni, a presentare il progetto. Un’assenza inusuale, quella del Pifferaio, visto che martedì sera da Vespa aveva annunciato con orgoglio la sorpresa che presto avrebbe presentato a L’Aquila. Il fatto è che il presidente del Consiglio comincia a temere di essere accolto in terra abruzzese non più come salvatore della patria ma come politico chiacchierone e che non mantiene le promesse. Tutta colpa del decreto Abruzzo. O meglio, di quello che lì dentro non c’è. In primis, l’assicurazione che i contributi governativi agli sfollati possano coprire il cento per cento della ricostruzione delle singole abitazioni. Il premier vorrebbe che ci fosse, proprio come il capo della Protezione civile Bertolaso, che nell’audizione al Senato ha auspicato che almeno la ricostruzione della prima casa possa essere tutta a carico dello Stato. Ma a frenare è chi apre e chiude la manopola del rubinetto degli euro, ovvero Giulio Tremonti. Il ministro dell’economia non ne vuole proprio sapere di trattare gli abruzzesi alla stregua di tutti gli altri italiani che in passato sono stati colpiti da un terremoto. Per lui il contributo massimo deve restare al di sotto dei 150mila euro, come sottolineato in Commissione ambiente del Senato. Al massimo si può pensare a qualche soldo in più per chi dimostri, con una perizia giurata e firmata, di aver bisogno di più soldi. Posizione questa che il Pifferaio ha dovuto subire: in una conferenza stampa a Palazzo Chigi il premier ha confermato l’impostazione tremontiana, sconfessando Bertolaso. Un bel guaio, anche perché gli aquilani hanno cominciato a capire che le cose non stanno filando lisce. Così come lo ha capito il Partito Democratico, che ha iniziato ad attaccare il governo dopo un mese di fair play. Basta sentire il capogruppo al Senato Anna Finocchiaro, secondo cui è inaccettabile che dopo tante promesse l’Esecutivo possa spaccarsi su un punto così delicato e dar vita ad un balletto di cifre sui fondi per la ricostruzione. L’offensiva democratica però non si ferma solamente alle parole. Proprio l'altro ieri sono stati depositati in Commissione ambiente del Senato oltre 250 emendamenti al decreto Abruzzo. Le modifiche vanno al cuore del decreto legge: contributo al 100 per cento per ogni abruzzese che ha la casa distrutta; sostegno finanziario anche per le seconde case; aiuti economici per le aziende in difficoltà, soprattutto per quelle che erogano luce e gas, che smaltiscono rifiuti e che in generale forniscono un servizio pubblico ma che oggi non possono più riscuotere le bollette; più poteri agli Enti locali. Insomma, il PD conta di mettere i contenuti in un decreto vacuo. Tremonti permettendo. Sperando che la disperazione del Caimano non giunga a fargli compiere gesti inconsulti...
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