l'Antipatico

venerdì 1 maggio 2009

e la crisi non c'è più...


Sembra una pubblicità del vecchio e mai troppo rimpianto Carosello: l'italiano si sveglia al mattino e scopre che la crisi non c'è più. Proprio come in quel vecchio spot in bianco e nero, quando Mimmo Craig nel sogno aveva una pancia enorme, imbarazzante, antiestetica che spariva magicamente al suo risveglio. E così accade anche nel nostro BelPaese. Fino a poco tempo fa trpmboni e prime firme del giornalismo lanciavano le loro reiterate grida d'allarme sulla crisi globale, sulla povertà assoluta che aveva invaso l'Italia e che aveva decimato l'economia di centinaia di migliaia di famiglie italiane, sull'rlo del collasso. Dopo il terremoto in Abruzzo, invece, l'occhio di bue è stato furbescamente spostato (dal Pifferaio ovviamente, chi altro?) sulle macerie e sulle ricostruzioni (a parole), sulle feste della Liberazione da condividere e sulla nuova era della politica all'insegna del volemose bene. Poi spuntano le veline, Veronica s'incazza e il Pifferaio deve spostare di nuovo l'occhio di bue sul proprio palcoscenico: quello a lui più gradito, quello delle battute e delle quisquilie da teatrino, da Bagaglino (anche quello trombato per questioni di audience). E così è sparita la crisi in Italia. Non se ne parla più, eppure continua a produrre i suoi effetti e a fare le sue vittime. Si parla di calo del PIL, si parla (poco in vero) di aumento della disoccupazione, si parla di diminuzione del gettito fiscale, non si parla più dei contratti precari che non vengono rinnovati, non si parla più di chi non ce fa la ad arrivare a fine mese, a volte si parla di cassa integrazione (almeno sulla stampa locale). A ben guardare l’ottimismo del Pifferaio ha contagiato tutti (almeno quelli che il problema non ce l’hanno): giornalisti, stampa, TV e imprenditori amici degli amici del beato Silvio. Si è fatta strada, insomma, l’idea che se non si parla di una cosa questa non c’è, e se non c’è non può produrre danni, e se non c’è non vi sono problemi da affrontare e chi Governa può occuparsi dei problemi seri e veri e autentici del Paese che, di volta in volta sono le Veline candidate o da candidare, le passerelle in Abruzzo a dispensare consigli per il fine settimana dei terremotati. Le incomprensioni tra marito e moglie (il Pifferaio e Lady Veronica) occupano per giorni le prime pagine di Tv e giornali. E il guaio vero è che tutti corrono a commentare, contestare, ribadire, accusare, ribaltare: insomma tutti corrono a baciare la sposa del momento mediatico. Tutti anelano una citazione, e a pochi frega veramente dei problemi veri della gente. Quasi nessuno propone soluzioni o avanza proposte o discute dei problemi veri di chi lavora o vorrebbe lavorare, di chi commercia o vorrebbe commerciare, di chi intraprende o vorrebbe intraprendere, di chi impara o vorrebbe imparare, di chi deve portare, e non sa come, pane e (possibilmente) companatico a casa. La situazione è paradossale e, alla lontana, sembra che l’atteggiamento prevalente della TV e della stampa sia, grosso modo, lo stesso descritto dagli storici alla corte di Versailles poco prima della rivoluzione francese quando ancora i moti ribellisti e rivoluzionari non erano tali e quando ancora la gente tentava disperatamente di procurarsi solo un tozzo di pane. E allora, che c’è di diverso oggi (in TV e sulla stampa) rispetto ad allora alla corte? Oggi in TV feste e intrattenimenti, lazzi e sberleffi, liti e discussioni servono a distrarre la gente dai problemi veri. Ieri a Versailles feste e intrattenimenti, lazzi e sberleffi occupavano la giornata dei potenti che non vedevano e potevano vedere le sofferenze e i problemi veri, reali, quotidiani e irrisolvibili della gente. Insomma, nella sostanza, nulla di nuovo la storia ci insegna: sono davvero pochi ad imparare dagli errori precedenti. Però una sostanziale differenza tra allora e oggi c’è. Ed è il fatto che oggi i potenti si preoccupano di tenere la gente lontana dai guai, la gente non è del tutto abbandonata, almeno non viene abbandonata a se stessa, ai propri pensieri tristi che possono diventare anche truci. La gente la si intrattiene, la si distrae, la si tiene occupata a sognare e ad immaginare che il sogno può capitargli, che il liberismo è capace di dare a tutti la ricchezza solo che tu voglia allungare la mano. Questa differenza i potenti la considerano in effetti solo un palliativo momentaneo perché, piaccia o meno, se non hai il pane, se non hai un’abitazione, se non hai un lavoro prima o poi anche un santo potrebbe incazzarsi, potrebbe avere reazioni smodate, potrebbe, in buona sostanza, diventare una mina vagante in una situazione seria e preoccupante. Per capirci e parlare in concreto faccio un esempio evidente di come accade che si freghi la gente. E’ stato firmato da pochi mesi l’accordo tra Italia e Libia e tutti ne hanno magnificato, mostrato le foto del Pifferaio e di Gheddafi che si danno la mano e si fanno i convenevoli. Pochi hanno annotato che l’accordo ha un costo per l’Italia e, quindi, anche per il sottoscritto e per voi che mi state leggendo. Ed è un costo serio, salato: si parla di miliardi di Euro dati e da dare alla Libia che, sia il sottoscritto sia voi che mi leggete dovremo pagare. Nessuno ha annotato che questo trasferimento di denaro (avvenuto e da avvenire) capita in un momento di crisi. Nessuno ha segnalato che è pazzia aggiungere ai problemi della crisi anche questi perché, e qui cito a memoria, si sono dati soldi alle banche perché non fallissero ed avessero soldi da prestare. E le imprese non riescono ad avere prestiti per operare, e si devono costituire i fondi di garanzia pubblici perché altrimenti (li hanno o non li hanno) le banche i soldi non li vogliono prestare. I soldi dati e da dare alla Libia, dunque, sono stati tolti dalle tasche degli Italiani: però la gente non se ne deve accorgere, non deve sapere, non si deve preoccupare. E per cortesia, cerchiamo di non disturbare il manovratore...

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