onestà & paraculaggine
Il terremoto in Abruzzo di due settimane fa ha aperto, oltre alla drammatica frattura nella crosta terrestre, anche un ulteriore spartiacque tra il leader dell'opposizione Dario Franceschini (simbolo di onestà intellettuale) e il leader della maggioranza, nonchè presidente del Consiglio (simbolo indiscusso di paraculaggine politica). Dario Franceschini è una persona perbene. Fa politica avendo a cuore l'onestà, la sincerità, i buoni principi. Per questo è andato a L'Aquila tenendo lontani i riflettori delle varie televisioni. Per questo critica (giustamente) il Pifferaio di Arcore che ha convocato il Consiglio dei ministri a L'Aquila per farsi pubblicità. Per questo attacca il presidente del Consiglio che si candida alle europee, sapendo di non potere andare a Strasburgo. Franceschini ha degli evidenti sintomi di moralità. Ce n'è bisogno, di questi tempi (e non solo), in questo Paese (soprattutto). Enrico Berlinguer considerava la questione morale base della riforma della politica. Sono passati quasi trent'anni e non stiamo certo meglio. Mezza Italia è sotto il tallone delle mafie. Tangentopoli prospera nell'ombra. Chi ci governa è un signore che ha evitato il peggio solo perché si è fatto le leggi su misura. E l'evasione fiscale trionfa (non c'è bisogno di andare in cerca di paradisi off-shore, basta andare dal commercialista giusto e confidare in Tremonti). Grazie di cuore, dunque, all'onorevole Franceschini. Le sue dichiarazioni e i suoi atteggiamenti, al di fuori dei teatrini e delle passerelle a favore di telecamera, mi fanno ancor di più evidenziare la differenza di fondo che esiste tra l'onesta di chi fa politica pensando al bene dei cittadini e la paraculaggine acuta di chi fa la politica per farsi esclusivamente gli affari propri (e dei suoi amichetti). Il segretario del Partito Democratico ha tuonato in questi giorni da giornali e televisioni contro lo spreco di denaro pubblico, dovuto al mancato accorpamento del referendum con le europee e con le amministrative. Qualche settimana fa diceva che i soldi risparmiati con l'election day si sarebbero potuti dare alla polizia, ai precari, a chi è in difficoltà. Dal 6 aprile è giusto darli ai terremotati, per la ricostruzione e per le prime e più impellenti necessità. L'argomento è forte, convincente, soprattutto in un Paese come l'Italia che considera (giustamente) la politica un costoso malaffare. Ma dall'altra parte c'è il paraculo di Arcore che, invece, prende tempo, nicchia, sorride, fa le battute da avanspettacolo sui terremotati e continua a fare le promesse, che sa bene di non poter mantenere. Proprio come un vero paraculo. Quella del buon uso dei soldi pubblici dovrebbe essere la base morale e ideologica di un buon capo del Governo: in realtà il Pifferaio di Arcore del buon uso se ne frega e se la ride, facendosi scudo di nobili motivazioni per tutt'altri scopi. Comportamento farisaico lo definiscono i sacri testi, ipocrisia il linguaggio corrente. Tanto più grave se si strumentalizza una tragedia come il terremoto. Il vecchio filosofo tedesco Immanuel Kant distingueva tra politici morali e moralisti politici. I primi sono quelli che agiscono in base ai principi, gli altri coloro che subordinano i principi ai propri fini. Ma anche questo al paraculo interessa poco o niente. E si vede. A questo punto, allora, consoliamoci con l'onestà (finora dimostrata) di Franceschini. Meglio di niente...
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