l'Antipatico

domenica 7 giugno 2009

chi ci azzecca?


In questa seconda giornata di votazione mi è venuta la voglia di scrivere un post cercando di fare una previsione politica. Il titolo è ovviamente messo lì a mò di parodia in omaggio al famoso ex pm di Mani Pulite che, con il suo intercalare molto simile a quello da me usato per titolare questo pezzo, ne fece una sorta di copyright nazionale e non. Tornando seri e appurato che, normalmente, le previsioni le azzecca solo chi non le fa, mi piacerebbe porre all'attenzione dei lettori di questo blog alcune mie riflessioni. L'attuale presidente del Consiglio è alla sua decima campagna elettorale nazionale dalla sua famosa discesa in campo del 1994 ed ha riprodotto (a mio giudizio) lo schema consueto a lui tanto caro, esasperando la personalizzazione su di sé e dando la colpa di tutto quello che accade nel nostro Paese alla sinistra e a Franceschini in particolare (per non parlare appunto dell'ex pm): ma stavolta ha fatto male. E vedremo perchè. Se tutti i segnali dell'ultimo anno berlusconiano li ho letti nel modo giusto, questo voto europeo doveva essere il coronamento di un anno di successi e di «imbarazzante consenso», e invece potrebbe segnare una battuta a vuoto nell’ascesa del Popolo della Libertà. Il motivo? E' presto detto. Se il Pifferaio di Arcore non riuscirà a superare abbondantemente la soglia del 40% dei voti, con il suo partito di plastica, finirà per offrire uno splendido assist al suo competitor di centrosinistra, oscurando il vero quesito che fino a poco tempo fa assorbiva ogni interesse: il Partito Democratico sopravviverà al suo annus horribilis? In questo spostamento di focus, dalla crisi del PD allo stallo del PdL, sta il succo dell’errore berlusconiano. Sarebbe inutile scaricarlo sulla campagna de la Repubblica, grande giornale d’opposizione che ha fatto il proprio mestiere. Quando va bene come quando va male, il problema della destra italiana è sempre nella dipendenza assoluta dalle fortune del suo capo e dalla sua vena del momento. Ogni lamentazione per l’accanimento di cui il Pifferaio sarebbe vittima può rivolgersi contro chi la esprime: è il beato Silvio di propria scelta che offre il petto e alza la testa, calcolando anche che il petto possa essere nudo, e che sulla testa possa esserci una bandana. È lui che va a Porta a Porta per politicizzare il proprio divorzio. E se l’Italia finisce nel mirino della stampa mondiale (anche perché Murdoch ha i conti in sospeso con un concorrente televisivo), prima di prendersela con la sinistra che «insuffla» i giornali stranieri, i pretoriani berlusconiani dovrebbero riflettere sui costi e i benefici del famoso conflitto di interessi. Questo danno al Paese è il Caimano che lo causa, non altri. Se davvero la storia di quest’anno di governo fosse una storia di successo, il PdL non avrebbe da temere, come invece teme. E se la prospettiva politica fosse tutta in discesa, non si sarebbe aperta in maniera tanto clamorosa nella maggioranza un’inedita questione settentrionale. Intendiamoci, parlare di crisi del centrodestra che governa l’Italia sarebbe pura propaganda; farlo poi ad urne aperte sarebbe un autentico azzardo. Il PdL da domani si riconfermerà comunque di gran lunga il primo partito italiano, aumentando forse il margine sul PD. In alleanza con la Lega, le percentuali già buone del 2008 saranno incrementate, pur rimanendo al di sotto del fatidico 50 per cento. A livello europeo, il partito del Pifferaio potrebbe in effetti rivelarsi la formazione leader all’interno del Ppe, per quanto la cosa abbia un valore relativo. Anche il PD, ipoteticamente con una decina di punti in meno del PdL, rischia di ritrovarsi partito leader nello schieramento progressista europeo, comunque lo si voglia chiamare. Insomma, la destra italiana da domani sarà comunque fortissima, elettoralmente e nella società. A meno di svolte traumatiche, questa dovrebbe continuare a essere la sua legislatura. Il problema è che l’anomalia di cui si scriveva prima fa precipitare il consenso di sedici milioni di italiani sulla testa e nel fisico di uno solo. Una grande forza diventa così anche potenzialmente una grande fragilità. Se a questo permanente punto critico si dovesse aggiungere il venir meno di alcune solenni promesse (due su tutte: la protezione universale dalle conseguenze della crisi e la rapidità della ricostruzione in Abruzzo), il gigante perderebbe molta della sua invincibilità. E se infine ricordiamo che, dopo le Europee ancor più che prima, governo e maggioranza dovranno subire i calcoli di Bossi, ecco che una legislatura blindata si rivela clamorosamente e imprevedibilmente instabile. Il Partito Democratico, partito leader dell’opposizione, ha scarsi meriti per tutto ciò. Il massimo che se ne possa dire, obiettivamente, è che esiste e resiste, il che sembra già molto. Tutta la gran polemica che si fa sul voto utile e il timore confessato da Franceschini per un forte astensionismo progressista dipendono in definitiva da questo: il PD, anche in un momento di difficoltà berlusconiana, non è considerato un’alternativa abbastanza credibile per il governo del Paese. Non è una novità, non sorprende, e non dipende certo dalle responsabilità di Franceschini. Per quel che vale, neanche dalle responsabilità di Veltroni. La crisi nel rapporto del centrosinistra con l’Italia risale molto indietro nel tempo. Rifacendo la storia in otto righe, prima l’allora Ulivo ha divorziato con i ceti produttivi che non conosceva né riconosceva, e poi il PD ha rischiato di divorziare da un elettorato tradizionale che non gli bastava più, e che si è sentito maltrattato e abbandonato. Non sono vicende che si raddrizzano in sei mesi o in un anno. L’importante è non fare errori che compromettano l’intero progetto di ricostruzione di un’alternativa: la tattica elettorale per recuperare voti in uscita non può diventare l’inseguimento di ogni malcontento e di ogni radicalismo. Mai si deve perdere di vista l’obiettivo grosso che è quel 40% di potenziale elettorale che al PD viene tuttora riconosciuto. Il partito di Franceschini reggerà. L’annus horribilis si chiuderà con un mal di testa, ma senza aver contratto virus mortali. La partita da domani si riapre, l’unità interna sarà un valore assoluto da preservare (in questi mesi, sincera o meno che fosse, è servita molto al recupero di simpatie) insieme alla feroce determinazione alla rivincita. La destra può essere ripresa, perché forse ha smesso di correre. Diamoci sotto.

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