l'Antipatico

domenica 21 giugno 2009

tutte le topolone del potere politico


Avrà pure 72 anni, ma la gnocca gli piace eccome. Avrà la prostata fuori uso (come ha maliziosamente ricordato Vittorio Feltri in un suo recente editoriale) ma certi giochetti si possono fare anche nelle sue condizioni. Insomma, per farla breve le donne del Pifferaio non stanno a guardare il pelo nell'uovo, ma danno una semplice occhiata al loro conto corrente che, è indubbio, aumenta il saldo disponibile ogni qualvolta avviene un incontro a Palazzo Grazioli o a Villa Certosa. Tanto per fare il riassunto delle puntate precedenti, Patrizia D'Addario dixit: «Sono arrivata a Roma e sono andata in taxi in un albergo di via Margutta, come concordato. Un autista è venuto a prendermi e mi ha portato all'Hotel de Russie da Giampaolo Tarantini. Con lui e altre due ragazze siamo entrati a palazzo Grazioli in una macchina con i vetri oscurati. Mi avevano detto che il mio nome era Alessia». Alessia, dunque: bel nome. Un annuncio di escort con questo nome e con il numero di cellulare compariva fino a qualche tempo fa sulla Gazzetta del Mezzogiorno, il quotidiano più letto di Bari. Alessia alias Patrizia. Poi Sabina Began. E poi ancora la parlamentare topolona (copyright Dagospia), al secolo Elvira Savino e la rossa ex del Grande Fratello, Angela Sozio, una delle veline trombate (mai termine fu più appropriato per questa vicenda) dalle liste del PdL per le europee dopo l'editto di Veronica Lario sul ciarpame. È questo il quartetto di donne emerso sinora, a vario titolo, dall'inchiesta di Bari. La Began fece conoscere la Savino al Cavaliere; poi al matrimonio della Savino, Tarantini vide il beato Silvio, e il giorno dopo il Pifferaio e Tarantini volarono a Bari, insieme con la Sozio, per la Fiera del Levante; infine Tarantini fece arrivare la D'Addario a Roma per una festa a Palazzo Grazioli. Una catena di affetti e di amicizia. E che in questi giorni, segno del destino e ironia della sorte, ha incrociato un'altra notizia dallo stesso sapore boccaccesco che infuocò il giugno di tre anni fa. Era di questi tempi. Salvo Sottile, portavoce dell'allora ministro degli Esteri Gianfranco Fini, venne arrestato per la Vallettopoli scoperta da Henry John Woodcock, famigerato pm di Potenza. Concussione sessuale, questa l'accusa iniziale per Sottile. Un alto funzionario della Rai, anch'egli coinvolto, al telefono gli disse: «Ho parlato oggi con il direttore generale, che mi ha confermato che essendo la tipa una grande gnocca per quella trasmissione gli fa anche comodo». I due si riferivano a una stellina di nome Elisabetta Gregoraci, poi fidanzata e moglie del multimanager Flavio Briatore. E ancora: «Ci facciamo fare un bel pompino». Di qui la concussione sessuale. Quell'estate non si parlò d'altro. Chiamatelo pure gossip. A un certo punto saltò fuori un misterioso centrista fedifrago beccato da un paparazzo su uno yacht in mezzo al mare. Mastella captò le voci e smentì. I sospetti si addensarono su Casini. Ma non era vero nulla. Balla, non gossip. Era il 2006. Si era votato da poco e tra Prodi e Berlusconi fu un quasi pareggio, col primo a spuntarla per un pelo. Il Cavaliere fece la campagna da solo, anche perchè all'epoca la fondazione Fare Futuro muoveva i suoi primi passi e non imperversava quotidianamente in nome e per conto di Fini. Il ministro degli Esteri aveva ancora un partito. C'era solo Luca Barbareschi che tuonava: «In RAI abbiamo portato solo le zoccole». Le versioni sono due. Altri testimoni riferiscono che disse mignotte. In ogni caso la sostanza non cambia. Sottile è stato condannato dal tribunale di Roma (dove nel frattempo era stata trasferita l'inchiesta) a otto mesi di reclusione per aver fatto accompagnare alla Farnesina con un'auto blu la Gregoraci e un'altra starlette. Tutto qui. All'epoca, però, berlusconiani ortodossi e berluscones di AN usarono lo scandalo per indebolire Fini. Addirittura Maurizio Gasparri attaccò la Gregoraci, protagonista di uno spot, definendola un cattivo esempio. Lei reagì con violenza e in modo allusivo: «Sono stufa di essere tormentata, chi è senza peccato scagli la prima pietra». Non solo: in alcuni ambienti di AN, alla notizia dell'arresto di Sottile, furono stappate bottiglie di champagne. Del resto c'era da capirli, i colonnelli di AN. Allora erano sei, due per corrente, e tre di loro vennero decapitati un anno prima da Fini. Motivo? Gossip, ovviamente. Nulla di nuovo sotto il sole. Ancora estate, stavolta luglio del 2005. In un bar del centro di Roma, La Caffetteria di piazza di Pietra, un cronista de Il Tempo intercetta dal vivo una conversazione tra Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri e Altero Matteoli. I primi due di Destra protagonista, l'altro di Nuova alleanza. Parlano di Fini e sembra di sentire il nome Stefania. Dicono che «Gianfranco è malato, è dimagrito, gli tremano le mani. O guarisce o sono guai». Il sottotesto alla discussione e alla malattia del leader sono le voci su un presunto flirt di Fini con la ministra azzurra Stefania Prestigiacomo. I due, alcuni mesi prima, erano stati artefici di uno strappo nella maggioranza a proposito del referendum sulla fecondazione. Tre sì e un no. Ebbene, dieci giorni dopo la conversazione della Caffetteria, il capo di AN fece la sua prima epurazione. Azzeramento degli incarichi. La Russa commentò: «Capisco la sua reazione, Gianfranco non poteva rimanere immobile. Ma dissento da un certo eccesso di legittima difesa». Oggi la partita erotico-politica si gioca a ruoli invertiti. È Fini che ha la tentazione di lucrare sulle difficoltà del premier. Senza contare che ha un bel sassolino da togliersi dalla scarpa. Fu quando lasciò la moglie Daniela Di Sotto e andò a convivere con Elisabetta Tulliani: su Mediaset, a Striscia La Notizia, trasmisero un video della Tulliani col suo ex compagno, Luciano Gaucci. Il sesso è un'arma e può far cadere regimi e leader. Come capì tanti anni fa, sempre a destra, Benito Mussolini. Ecco cosa scrisse Gian Carlo Fusco: «Nel giro di poche settimane tutti i gerarchi che ne facevano parte, salvo rarissime eccezioni, avevano perso la grinta della vigilia. Si erano ammosciati, mondanizzati, rivelandosi avidi di comodità, di belle donne, di luce blu diffusa dall'abat-jour. Allontanando subito da Roma il playboysmo, bordelliero e rissaiolo, il Duce aveva creduto di assicurare al partito quella rispettabilità che gli era indispensabile per trasformarsi in regime». Il problema, oggi, è che il Cavaliere non è un gerarca qualunque. Almeno credo.

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