l'Antipatico

martedì 23 giugno 2009

questa insopportabile disaffezione per il referendum


A bocce ferme, come si suole dire, il ragionamento sul dopo referendum mi viene meglio. Le prime ore di domenica avevano comunque già dato il responso sul flop dell'affluenza alle urne, confermato in modo crudele e matematico ieri pomeriggio. E alla luce di questo ennesimo fallimento di un referendum abrogativo una riflessione su tale istituto si impone nei fatti. Il mancato raggiungimento del quorum per la validità di questo referendum elettorale, è bene sottolinearlo, è in massima parte frutto di una consapevole scelta da parte delle elettrici e degli elettori di questa malata democrazia italiana. E le ragioni sono evidenti. Ancora una volta i cittadini hanno inteso ribellarsi all'ennesimo tentativo, provocato o sostenuto dai principali partiti, di togliere di fatto il diritto di voto a quanti non si riconoscano nelle loro proposte. Che le principali forze parlamentari possano giungere ad auspicare una distorsione, per via elettorale, del carattere rappresentativo dell'organo parlamentare stesso, e che tale risultato si sia tentato di raggiungere per via di un referendum sono elementi che la dicono lunga sull'attitudine di devozione alla democrazia di parte della nostra classe politica. Ma non è ora il momento di discutere del ruolo dell'astensionismo quale strumento di difesa dell'opportunità di mantenere una effettiva rappresentatività del Parlamento, senza vedere schiacciata la propria libertà di voto dall'assenza di alternative oltre la scelta tra i due schieramenti potenzialmente maggioritari. Cosa resta allora dell'istituto referendario? Con la deliberazione referendaria i cittadini possono soltanto rispondere con un SI' o con un NO ad un quesito che non soltanto viene loro imposto, ma che giunge loro corredato altresì delle interpretazioni indispensabili al fine di comprenderne gli esiti, di collocarne gli effetti nel già di per sé complesso sistema normativo. Così come per la comprensione dei quesiti, la interpretazione dei risultati del referendum è infatti in balìa dei soggetti che abbiano accesso agli strumenti di comunicazione di massa, con tutti i rischi connessi all'assoluta assenza di pluralismo, come nel caso dell'Italia. I cittadini non scelgono l'oggetto della deliberazione, che viene loro imposto dai promotori; non possono discuterne i contenuti; non possono emendare il quesito. Possono soltanto decidere se andare a votare e se votare SI' o NO alla richiesta. E se il referendum può essere utilizzato come strumento di opposizione, molto spesso rischia all'opposto di divenire strumento di regime, per trascinare in una delibera plebiscitaria un'iniziativa delle minoranze al potere, ammantandola così del crisma della volontà popolare. Oppure esso può assumere il significato di una vera e propria ordalìa per la soluzione di un conflitto politico, ordalìa che matura in un contesto di crisi su sollecitazione di soggetti dotati del privilegio di un diretto canale di comunicazione con il popolo. Per salvare il referendum dalla crisi in cui lo hanno ridotto gli abusi e le distorsioni procurate dai professionisti di tale strumento, l'istituto va allora ricondotto entro i confini del disegno costituzionale in cui era stato pensato, per rappresentare uno stimolo, una provocazione, una sanzione politica nei confronti delle istituzioni rappresentative, ma non la chiave di volta per consentire ad una occasionale parte politica di assumere la gestione diretta di una determinata fase della vita istituzionale del Paese. Come i limiti previsti dall'art. 75 della Costituzione lasciano intendere, i referendum non possono incidere sulle materie fondamentali dell'indirizzo politico né sulle materie che non possono essere lasciate nella disponibilità della sola maggioranza, tra le quali dovrebbe essere evidentemente ricompresa la legge elettorale. Tale istituto non può divenire strumento della determinazione della politica nazionale alternativo alla rappresentanza parlamentare. I controlli previsti dalla Costituzione e dalla legge, al fine di evitare abusi ed effetti distorsivi, devono essere resi conformi alla vocazione di tale istituto, imponendo legislativamente alla Corte Costituzionale di abbandonare la via dell'arbitraria asistematicità nel giudizio di ammissibilità del referendum. Forse una strada possibile sarebbe quella di alleggerire la pressione mediatica ed istituzionale sulla Corte, anticipando il controllo di ammissibilità ad una fase anteriore alla raccolta complessiva delle firme, prevedendo una prima fase di presentazione del quesito, magari con il sostegno di centomila sottoscrizioni e soltanto dopo la relativa dichiarazione di ammissibilità, la previsione della fase di vera e propria formulazione della richiesta, sostenuta da almeno un milione di elettori. Non credo invece che sarebbe saggio eliminare il quorum di validità del referendum abrogativo, cosa che implicherebbe oltretutto una revisione della Costituzione, a fronte dei rischi di affidare una delibera che incida su una legge della Repubblica al solo consenso di un'esigua minoranza. E' vero, si potrebbe pensare ad una riforma dell'istituto referendario che abbia questi o altri connotati. Ma non prima di aver comunque riflettuto e lottato per la pretesa di un ritorno ad una effettiva democrazia rappresentativa, con un Parlamento liberamente eletto e rappresentativo di tutti i cittadini, non soltanto dei leaders dei due principali partiti. O addirittura di uno soltanto.

2 Commenti:

  • Buonasera,anche domenica sono andato a votare per il referendum.Ci sono andato perchè ritengo giusto esprimersi sulle varie questioni.Sono deluso perche'esistono forze politiche che,per il loro interesse,vanificano di continuo questo strumento di democrazia diretta.Secondo me la soluzione sarebbe portare ad un milione le firme da raccogliere e poi abolire il quorum.Non è giusto che l'esito di una consultazione sia decisa dagli assenti.Mauro

    Di Anonymous Anonimo, Alle 24 giugno, 2009 19:05  

  • Come noto sei d'accordo con il mio post a metà: io non credo (al contrario di come la pensi tu, caro MAURO) che sia oggettivamente fattibile l'abolizione del quorum del 50% più uno. Ma d'altro canto non è nemmeno giusto che, come osservi intelligentemente, l'esito di un referendum sia deciso dagli astensionisti. Un affettuoso saluto da Nomadus.

    Di Blogger nomadus, Alle 24 giugno, 2009 21:12  

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]



<< Home page