la televisione (d'inchiesta) che non c'è più
Non vorrei immedesimarmi in un critico televisivo dei giorni nostri, ma francamente avrei molta nostalgia della televisione di qualche lustro fa. Come ad esempio di quella targata Giovanni Minoli che con Mixer lanciò lo stereotipo del vero giornalismo d'inchiesta e mise il suo marchio a fuoco sul famoso faccia a faccia che ancora oggi ritrovo su qualche spezzone di YouTube. E un faccia a faccia che ho recuperato sul sito de La Storia siamo noi riguarda l'attuale presidente del Consiglio, alla vigilia della sua oramai famigerata discesa in campo. «Iscriversi alla P2 in quel momento non lo considero, mi consenta, un errore, ma un incidente. Chi poteva pensare fosse negativo o pericoloso iscriversi a un gruppo che radunava gli uomini migliori d'Italia? Ancora adesso non riesco a capire del tutto cosa ci sia stato di male». E via poi con la barzelletta della tessera di apprendista muratore, arrivata per caso e forse anche per scherzo nel suo ufficio. E' il Pifferaio di Arcore che parla, quindici anni fa, il 21 febbraio 1994. Citiamo una delle decine di risposte piccate date da lui in un'intervista a Giovanni Minoli a "Mixer", in un Faccia a Faccia che dovrebbero proiettare ininterrottamente nelle scuole di giornalismo. Sembra un film di fantascienza l'intervista mandata in onda da Rai Storia (digitale terrestre gratuito, dal febbraio 2009 ha sostituito Rai Edu 1) a più riprese nella giornata di ieri (http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/pop/schedaVideo.aspx?id=416). Giovanni Minoli (non a caso relegato nella prigione dorata di Rai Educational pur essendo il migliore uomo che la Rai ha da decenni) incalzava il candidato premier, lo inchiodava a domande sulle sue holding, sul conflitto d'interessi, sulla magistratura. Domande piene di ironia e sano veleno, risposte corrucciate e viso cupo, ingigantito dallo sfondo consueto di "Mixer". Impossibile pensare che ora "preferiamo" il Vespa adorante quando un moderato, non certo un rivoluzionario, sapeva sbugiardare il castello di vanità e false verità di Sua Emittenza. Una tv più ingenua ma più sincera, in cui il caimano (più magro, con capelli veri e ancora più naif) si lamenta alla fine di non aver potuto fare campagna elettorale. «Cosa sono venuto a fare?», si chiede comicamente. Fa una figura grottesca il Peron italiano, quando giustifica le scatole cinesi della sua società con un possibile pericolo di sequestro o quando sfoga il suo anticomunismo dicendo che «ok, non mangiano i bambini, ma ovunque hanno seminato miseria, terrore e dittatura». Una tv, quella di Minoli che era servizio pubblico, memoria storica e fonte d'informazione, argine democratico e non palco per performances populiste e filogovernative. Faccia a faccia di Minoli ora è stato sostituito da Porta a Porta: la sua incredula ironia da un'acritica genuflessione al potere. Quando piangiamo i tempi andati, dobbiamo ricordarcelo bene. Molto bene.
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