il bavaglio (mediatico) del caimano
Prendo spunto dalla recente osservazione del mio nuovo amico e lettore Davide (a proposito del post e dei relativi commenti su Bruno Vespa), per cercare di fare il punto sull'attuale situazione in Rete circa la paventata possibilità da parte del caimano di tirar fuori dal cassetto una leggina per imbavagliare il dissenso mediatico di blog e social network. A mio modesto avviso è in atto un (reazionario) organico disegno del Governo del caimano per tappare la bocca ai dissidenti che si sta dispiegando ad un ritmo impressionante. Sia sul piano istituzionale che su quello sociale sto assistendo ad una accelerazione che mira a saggiare i punti di resistenza dei potenziali avversari. L’attacco, di qualche tempo fa, del Pifferaio di Arcore al Presidente della Repubblica ed al Parlamento corrisponde all’offensiva contro il contratto nazionale di lavoro ed il diritto di sciopero. La libertà di stampa e di espressione è anch’essa nel mirino. Dall’inizio della legislatura la destra ha preso decisioni gravissime che proprio in questi giorni rischiano di divenire legge. Il cosiddetto decreto intercettazioni contiene, accanto alla distruzione di uno strumento fondamentale per le indagini contro la mafia e la corruzione, anche norme liberticide che, nella sostanza, impediranno ai giornalisti di fare inchiesta e denuncia. Nel decreto non c’è solo la previsione del carcere ai giornalisti che pubblicano le intercettazioni o la proibizione assoluta di pubblicare ogni notizia sulle indagini in corso sino alla udienza preliminare (norme in contrasto sia con la Costituzione italiana che con le sentenze della Corte europea di giustizia). Questa legge contiene anche l’insidiosissima norma che prevede la responsabilità diretta degli editori su ciò che viene pubblicato. In questo modo si cancella la forma storica della libertà di stampa in Italia che prevede l’autonomia delle redazioni nei confronti della proprietà. Cancellando di fatto la figura del direttore responsabile si introduce una censura diretta da parte degli editori sulle redazioni, inducendo così di fatto i giornalisti all’auto-censura preventiva. I tagli e le modifiche nelle procedure del finanziamento alla stampa colpiranno duramente il pluralismo dell’informazione. Uno dei primi atti di questo Governo è stato infatti quello di tagliare del 50% il finanziamento alla stampa e di prendere nelle proprie mani, togliendo la competenza parlamentare, le decisioni sul flusso di queste risorse indispensabili prima di tutto per la sopravvivenza di testate scomode e quindi non sostenute dal mercato della pubblicità. Ed infine l’articolo 60 del "pacchetto sicurezza" introduce una brutale censura su Internet. Con la scusa della lotta alla pedofilia si prevede che il Ministero degli Interni potrà chiudere intere testate, blog e siti se qualche ronda informatica segnalerà una generica "apologia di reato" o un "incitamento alla violazione della legge". Anche in questo caso si obbligano non le redazioni ma i provider (e cioè le imprese che non producono ma ospitano i contenuti su Internet) ad agire preventivamente perché nessuno possa pubblicare i contenuti incriminati. Per fare un esempio, se la redazione di un sito (ma eventualmente anche un singolo navigatore con un post) scriverà che "bisogna bloccare la costruzione della base di Vicenza" qualcuno, magari una ronda telematica, potrà chiedere al Governo, non solo la rimozione di questa apologia di reato, ma l’oscuramento dell’intero sito. In questi ultimi giorni ho notato con piacere le mobilitazioni promosse dalla Federazione della Stampa e una campagna meritoria contro la censura sulla rete (http://www.laretetilibera.org/blog). Decine di testate on-line hanno già sottoscritto un appello comune per mettere assieme le forze ed impedire che Governo e Parlamento chiudano la bocca all’informazione libera. Auspico che tutti sottoscrivano l’appello ma, soprattutto, che tutti rilancino in ogni modo la consapevolezza e la mobilitazione. La logica di fondo di tutti questi provvedimenti infatti è quella di mettere la stampa e l’informazione in generale sotto il controllo, diretto o indiretto, del Governo e del caimano in particolare. Contro questo disegno serve innanzitutto una campagna politica che renda evidente, appunto, il carattere organicamente reazionario dell’azione del Governo. Bisogna quindi al più presto uscire dalle mobilitazioni degli addetti ai lavori e cercare di dare una consapevolezza di massa al pericolo che corre la libertà di stampa e di espressione nel nostro Paese. Spero che tutto ciò accada.
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