l'Antipatico

sabato 28 giugno 2008

allineati e coperti


Spiega molto bene oggi il direttore de l'Unità quello che sta accadendo a Montecitorio, a Palazzo Madama e a Palazzo Chigi da quando è tornato al potere il caimano. Antonio Padellaro analizza minuziosamente i risvolti della legge-porcata di Calderoli che ha permesso al cavaliere di poter contare su una sorta di "militarizzazione" politica nei palazzi del potere. Grazie al voto degli italiani del 13 e 14 aprile, le truppe berlusconiane dispongono di senatori e deputati in eccesso rispetto all'opposizione, che consente loro di "controllare" strategicamente ogni mossa parlamentare, dedicendo a proprio piacimento quello che va bene al loro indiscusso e incontrastato "padrone". L'articolo di Padellaro si intitola "La fine del Parlamento" che vi riproponiamo integralmente. Buona lettura. In un momento (quanto mai prezioso) di sincerità Silvio Berlusconi ha illustrato la funzione dei «suoi» parlamentari a Montecitorio e a palazzo Madama: quattro o cinque teste pensanti, e tutti gli altri addetti a premere i pulsanti. Si era in campagna elettorale e forse neppure da unto del signore egli avrebbe immaginato che il voto degli italiani, rinforzato dal porcellum, gli avrebbe consegnato una sontuosa maggioranza di 54 senatori e di 58 deputati. Tutti nominati dall’alto. Tutti riconoscenti. Tutti allineati e coperti. E infatti, adesso, il Parlamento funziona come un orologio svizzero. Bastano pochi minuti e il Consiglio dei ministri approva per acclamazione i desiderata del presidente-proprietario, confezionati in forma di legge dagli avvocati e consulenti a libro paga. Dopodiché il ministro che recita la parte del proponente (in genere Alfano) illustra alla stampa riunita lo spirito della norma augurandosi che l’opposizione non faccia mancare il suo apporto (peraltro superfluo). E se invece l’opposizione sorda ai richiami del Paese rifiuta la generosa offerta di dialogo, pazienza. Poche settimane e con apposito calendario predisposto dalla maggioranza la legge desiderata diventa tale. Merito degli addetti alle pulsantiere, con il supporto dei «pianisti» che votano per due (non ce n’è bisogno ma è la forza dell’abitudine). Tutto questo con il controllo ferreo delle commissioni. Mentre vengono frapposti sempre nuovi ostacoli al diritto della minoranza di presiedere gli organismi di garanzia, a cominciare dalla vigilanza Rai. È andata così per la legge cosiddetta sulla sicurezza e per il provvedimento blocca processi e salva-premier. Andrà così, siamone certi, per il lodo Schifani bis, per le impronte ai bambini rom, per la finanziaria di Robin Hood-Tremonti, per la controriforma Sacconi sulle morti bianche e per ogni altra esigenza o capriccio della real casa. Con la Lega può capitare qualche intoppo, come l’aiutino a «Rete4», tv di famiglia. Una telefonata tra Silvio e Umberto e il problema è risolto. Certo, non tutto può passare liscio trattandosi sovente di leggi incostituzionali o scritte con i piedi o contrarie, oltre che alla pubblica decenza, alla normativa europea. Fortunatamente siamo ancora in una democrazia dove agiscono Corte costituzionale, Csm e tutte le altre istituzioni di salvaguardia. E c’è soprattutto la garanzia del Quirinale. Sono impedimenti che a loro naturalmente non piacciono ma avranno tutto il tempo per porvi rimedio. Già parlano di «riforma» del Csm. E cresce l’insofferenza dei ministri padani verso l’Europa che protesta sdegnata per le nuove leggi razziali. Mai nella storia repubblicana si era assistito a una tale umiliazione del potere legislativo a cui si cerca di togliere ogni autonomia di giudizio. L’opposizione, inutile dirlo, non si trova in una situazione semplice. All’inizio aveva sperato di contenere con la formula del dialogo l’aggressività dei vincitori. Molto presto (o troppo tardi) ha compreso però che per Berlusconi il dialogo è un altro modo per farsi gli affari suoi. E così, mentre egli cerca di trasformare il Parlamento nella sua bottega, l’opposizione si è fatta in tre. Quella del no (Di Pietro) e quella del forse (Casini), unite entrambe da una visione per così dire tattica. Spetta però al PD, per dimensione e peso politico, elaborare una strategia della opposizione che determini una risposta forte alla dittatura della maggioranza. Non lo sterile aventinismo e neppure il lento sfibrarsi del giorno dopo giorno alla ricerca di accordi mediocri. La fine del Parlamento come luogo di mediazione e del bene comune deve diventare la questione nazionale su cui tornare a coinvolgere i tanti che non si sono arresi all’apatia politica del tanto non c’è più niente da fare e lasciamo che decidano loro. I giornali già parlano di una nuova stretta di vite, di un blitz guidato da Gianfranco Fini per ottenere alla Camera il contingentamento dei tempi di discussione, oggi possibile solo al Senato. Davvero non c’è più tempo da perdere.

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