l'Antipatico

sabato 5 aprile 2008

oggi, 30 anni fa


Abbiamo deciso di riproporre su questo blog, con una cadenza dettata dall'importanza degli avvenimenti, articoli e commenti su quanto accadeva oggi, esattamente 30 anni fa. Come saprete, questo era il periodo del rapimento di Aldo Moro, iniziato il 16 marzo e concluso tragicamente il 9 maggio del 1978. Bene, noi crediamo che, almeno per quanto riguarda il complesso caso Moro, sia opportuno rivisitare (con il beneficio dei documenti e delle informazioni avute in questi 30 anni) quel momento storico che ha fatto da spartiacque, da linea di confine tra l'Italia della Prima Repubblica e quella attuale (anche se alcuni sostengono che sia stato il 1992 l'anno della fine della Prima Repubblica). La prima pagina che accompagna questo post rievocativo è quella de la Repubblica di mercoledì 5 aprile 1978, con la pubblicazione della lettera scritta da Moro a Benigno Zaccagnini (all'epoca segretario della Democrazia Cristiana) che noi adesso vi riproporremo integralmente. L'editoriale che appare sulla sinistra della prima pagina, dal titolo "Quelle parole non sono credibili" è (come generalmente avviene quando non è firmato) del direttore e fondatore Eugenio Scalfari che scriveva: "La lettera autografa di Aldo Moro e il messaggio ciclostilato delle Br sono un documento unico. I carcerieri del leader dc ripetono in più punti del loro volantino che le umilianti proposte di =resa= fatte da Moro impegnano soltanto lui, ma nessuna persona raziocinante può credere a questa rozza affermazione. Manca comunque, alla lettera autografa, una data certa e manca ogni prova verificabile sull'effettivo stato di salute e di consapevolezza psichica del prigioniero. Se dunque si leggono la lettera e il messaggio delle Br come un unico documento se ne ricavano le seguenti conclusioni: 1) Le Br hanno terribilmente fretta d'arrivare allo scambio dei prigionieri. 2) Le minacce fisiche contro Moro sono terribili. 3) Da lui, comunque, non pare abbiano ottenuto le famose rivelazioni =illuminanti= sui segreti di Stato che da quindici giorni minacciano. 4) Le Br puntano a dividere, all'interno della Dc, le possibili =colombe= dai falchi e puntano a dividere la Dc dai suoi alleati e in specie dai comunisti. 5) Le Br, per la prima volta in maniera esplicita, fanno appello alla guerra civile e alla lotta armata di massa. La risposta del Parlamento e della Dc è stata fermissima: le Br possono continuare a costringere Moro a scrivere, possono impiegare su di lui tutta la loro orribile carica di violenza, ma sarà inutile. Esse hanno ridotto un uomo alla condizione disumana d'un fantoccio. Non è attraverso un fantoccio che possono parlare con una nazione". Questo il fondo di Scalfari che, come la stragrande maggioranza dei giornalisti dell'epoca, metteva in dubbio l'autenticità dello scritto del presidente della Democrazia Cristiana, credendolo privo di volontà e costretto a scrivere sotto dettatura dai terroristi. Come si scoprirà in seguito, quelle lettere furono scritte proprio da Moro, liberamente e serenamente (seppur in una condizione psicologica e fisica di chi è privato della libertà personale). Ecco il testo della sua lettera a Zaccagnini: "Caro Zaccagnini, scrivo a te, intendendo rivolgermi a Piccoli, Bartolomei, Galloni, Gaspari, Fanfani, Andreotti e Cossiga, ai quali tutti vorrai leggere la lettera e con i quali tutti vorrai assumere le responsabilità che sono ad un tempo individuali e collettive. parlo innanzi tutto della DC alla quale si rivolgono accuse che riguardano tutti, ma che io sono chiamato a pagare con conseguenze che non è difficile immaginare. Certo sono in gioco altri partiti; ma un così tremendo problema di coscienza riguarda innanzi tutto la DC, la quale deve muoversi qualunque cosa dicano, o dicano nell'immediato, gli altri. Parlo innanzi tutto del Partito Comunista, il quale pur nell'opportunità di affermare l'esigenza di fermezza, non può dimenticare che il mio drammatico prelevamento è avvenuto mentre si andava alla Camera per la consacrazione del Governo che m'ero tanto adoperato a costruire. E' per altro doveroso, nel delineare la disgraziata situazione, io ricordi la mia estrema reiterata e motivata riluttanza ad assumere la carica di Presidente che tu mi offrivi e che ora mi strappa alla famiglia mentre essa ha il più grande bisogno di me. Moralmente sei tu ad essere al mio posto, dove materialmente sono io. Ed infine è doveroso aggiungere, in questo momento supremo, che se la scorta non fosse stata, per ragioni amministrative, del tutto al di sotto delle esigenze della situazione, io forse non sarei qui. Questo è tutto il passato. Il presente è che io sono sottoposto ad un difficile processo politico del quale sono prevedibili sviluppi e conseguenze. Sono un prigioniero politico che la vostra brusca decisione di chiudere un qualsiasi discorso relativo ad altre persone parimenti detenute, pone in una situazione insostenibile. Il tempo corre veloce e non ce n'è purtroppo abbastanza. Ogni momento potrebbe essere troppo tardi. Si discute qui non in astratto diritto (benchè vi siano le norme sullo stato di necessità), ma sul piano dell'opportunità umana e politica, se non sia possibile dare con realismo alla mia questione l'unica soluzione positiva possibile, prospettando la liberazione di prigionieri di ambo le parti, attenuando l'attenzione nel contesto proprio di un fenomeno politico. Tener duro può apparire più appropriato ma una qualche concessione è non solo equa, ma anche politicamente utile. Come ho ricordato in questo modo civile si comportano moltissimi Stati. Se altri non hanno il coraggio di farlo, lo faccia la DC, che, nella sua sensibilità, ha il pregio di indovinare come muoversi nelle situazioni più difficili. Se così non sarà, l'avrete voluto voi, e lo dico senza animosità: le inevitabili conseguenze ricadranno sul Partito e sulle persone. Poi comincerà un altro ciclo più terribile e parimenti senza sbocco. Tengo a precisare di dire queste cose in piena lucidità e senza avere subito alcuna coercizione nella persona; tanta lucidità almeno, quanta può averne chi è da quindici giorni in una situazione eccezionale, che non può avere nessuno che lo consoli, che sa che cosa lo aspetti. Ed in verità mi sento anche un pò abbandonato da voi. Del resto queste idee già espressi a Taviani per il caso Sossi ed a Gui a proposito di una contestata legge contro i rapimenti. Fatto il mio dovere di informare e richiamare mi raccolgo con Iddio, i miei cari e me stesso. Se non avessi una famiglia così bisognosa di me sarebbe un pò diverso. ma così ci vuole davvero coraggio per pagare per tutta la DC, avendo dato sempre con generosità. Che Iddio vi illumini e lo faccia presto, com'è necessario. I più affettuosi saluti. ALDO MORO."

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