la stanchezza del cavaliere
Che il cavaliere ultimamente arrancasse ce ne eravamo accorti. Che cominciasse a perdere colpi per via della sua non più giovanissima età l'avevamo notato. Ma l'articolo di questa mattina in prima pagina su la Repubblica, a firma John Lloyd (mica l'ultimo dei redattori) dal titolo "Il Cavaliere stanco", ci è sembrata la classica ciliegina sulla torta e la vorremmo degustare insieme a voi. Per questo motivo, per chi non avesse letto l'articolo, vi facciamo partecipi e vi auguriamo una buona lettura. Per un caso puramente fortuito, due uomini che di questi tempi si stanno candidando alla massima carica politica dei loro rispettivi Paesi sono nati a un mese esatto di distanza, nel 1936. John McCain è nato il 29 agosto 1936 e Silvio Berlusconi il 29 settembre 1936. L'italiano è più giovane dell'americano di un mese spaccato, ma nessuno dei due - pur tenendo conto degli odierni standard di vecchiaia - può essere ritenuto giovane. C'è di più: l'avversario più probabile di McCain è Barack Obama, che di anni ne ha 47; l'attuale rivale di Silvio Berlusconi è Walter Veltroni, che ne ha 53. Se McCain e Berlusconi vinceranno le rispettive elezioni, saranno di un anno più vecchi di Ronald Reagan quando costui fu eletto presidente degli Stati Uniti a 70 anni. La loro età sarebbe più o meno intermedia a quella che Winston Churcill aveva quando divenne Primo ministro del Regno Unito nel 1940 a 66 anni, e l'età che aveva nel 1951, quando ritornò ancora una volta alla stessa carica. L'età ha una sua importanza: nessuno, infatti, può eluderne gli effetti. Nel suo secondo mandato Churcill era spesso malato, di norma era stanco. Una vita fatta di attività intense, molto alcol, parecchio fumo e tanto stress aveva lasciato sicuramente un segno indelebile. E' risaputo che Reagan, più in forma di Churcill, è stato un presidente a metà: rispettava al minuto l'orario di lavoro, delegava tutto quello che gli era possibile e nonostante ciò spesso dimenticava nomi e luoghi, raccontando più e più volte gli stessi aneddoti. Nondimeno, nel corso del suo primo mandato - al termine del quale compì 71 anni - Churcill si trasformò in un eroe. Nel corso della sua presidenza, Reagan - che allo scadere del suo mandato aveva 78 anni - diede prova di una forte opposizione al comunismo, venendo ricompensato dal collasso di quello che egli aveva denominato "l'Impero del male". L'età conta, eccome, ma a contare maggiormente è in che modo si usano le forze di cui si dispone, in chi si ripone fiducia, il grado di successo che si ha allorchè si comunicano le proprie idee al Paese, e, più di ogni altra cosa, in che misura si è capaci di essere coerenti con la propria età. Silvio Berlusconi ha fatto tutto ciò che poteva per contrastare il proprio invecchiamento fisico: a differenza di tutti gli uomini di questo mondo i suoi capelli sono cresciuti invece di diradarsi, e sono diventati neri brillanti. Il suo volto, quanto meno da lontano, è quello di un uomo sulla cinquantina. Il suo sorriso è largo e onnipresente. I suoi vestiti di sartoria sono magnificamente tagliati. Nonostante tutto, però, ora pare stanco. A dispetto di tutti gli aiuti e le soluzioni che i suoi soldi possono procurargli per posticipare un aspetto invecchiato, non può superare la tensione di una vita vissuta in politica e negli affari ai massimi livelli. Ma c'è dell'altro: anche le sue affermazioni in relazione a quello che egli farà per l'Italia paiono "stanche", addirittura meccaniche. Dopo tutto, egli ha vissuto uno dei periodi al governo più lunghi di qualsiasi altro Primo ministro italiano dalla fine della guerra, e ha realizzato poco di quanto aveva promesso. Adesso che si impegna a rianimare l'Italia, a tagliare le tasse e a salvare Alitalia dagli stranieri, non dovrebbe percepire di essere già passato attraverso tutto ciò e che in caso di vittoria andrebbe incontro ad ulteriori fallimenti? Su una cosa concordano unanimi gli esperti in Italia come Mario Draghi della Banca Centrale e i commentatori esteri: i problemi dell'Italia hanno radici in profondità, sono gravi e necessitano di un lungo, paziente, duro lavoro. Nonostante tutto il suo populismo, da un certo punto di vista Berlusconi non dovrebbe saperlo? Non sarà forse questo ad acuire l'impressione che egli dà di stanchezza? Tuttavia, ciò che mi colpisce in modo particolare in quanto straniero - a parte un genuino stupore per la sua capacità di riuscire a sembrare sempre più giovane - è l'età che egli mostra nella sua vita politica: è antiquato. Possibile che gli italiani vogliano davvero che sia un politico simile a governarli? Lo slogan che usa nella sua campagna elettorale - "Italia, rialzati!" - è old fashion, è vecchio in modo pressochè senza uguali. I leader politici odierni cercano di dialogare con l'elettorato, di coinvolgere l'opinione pubblica su un livello di parità, non di bombardarla con esortazioni a una rinascita nazionale che si presume debba avere origine da un qualcosa non meglio precisato. In effetti, l'atteggiamento che egli cerca di adottare è quello del leader carismatico che può rimettere ogni cosa a posto col solo fatto di essere eletto: ne è esempio lampante la sua opposizione alla vendita di Alitalia ad Air France, quando tutto a questo punto concorre a dimostrare che questa è l'unica alternativa ragionevole (accettata, ormai, perfino dai sindacati sospettosi e guardinghi nei confronti dell'accordo). Dichiarando che Alitalia può rimanere in mani italiane, Berlusconi cerca di dare l'impressione che niente necessita di un cambiamento: tutto può restare come era, se il Paese fosse guidato da una persona dotata dei suoi poteri semi-magici. Con quel suo connubio unico ed esclusivo di eloquenza da conduttore di talk show ed eloquio da leader onnipotente, Berlusconi ha portato un nuovo stile nella politica, e non soltanto in quella italiana: è colui che in un colloquio con il Primo ministro danese è stato capace di fare una battuta su una presunta relazione della propria moglie, che rispondendo a un parlamentare europeo tedesco è riuscito a evocare un documentario sui kapò di un campo di concentramento, che ha obbligato gli altri leader europei a parlare a parlare delle loro esperienze con le donne durante una pausa di un meeting del Consiglio d'Europa che presiedeva. Il resto del mondo politico ha osservato sbalordito Berlusconi: ma i suoi vecchi trucchi potranno funzionare ancora, per una terza volta? Viviamo nell'epoca del coinvolgimento generale, e non solo grazie a Internet e alle costanti promesse di ascoltare gli elettori che fanno i politici. Viviamo in un'epoca nella quale le dichiarazioni ampollose non funzionano più, nella maggior parte dei paesi democratici. E' sufficiente osservare la campagna elettorale negli Stati Uniti: questo mese sia Obama sia McCain hanno fatto un discorso straordinario, il primo affrontando il tema della razza, il secondo parlando di affari esteri e della necessità per gli Stati Uniti di ricucire le proprie alleanze e di mettersi alle spalle una volta per tutte Guantanamo, Abu Ghraib e la tortura. Entrambi questi discorsi sono stati ponderati, profondi, impegnativi e hanno comunicato una cosa precisa agli elettori: "Ho considerazione per voi, e vi chiedo di averne altrettanta per me, se sarò il vostro presidente". Che due discorsi simili siano stati fatti da uomini di età diverse, con circa un quarto di secolo di scarto, dimostra che mentre gli effetti dell'invecchiamento fisico non sono eludibili, la sua vera "età" un leader politico la dimostra con la capacità di comprendere gli umori dell'opinione pubblica e di adattare il proprio stile nei suoi confronti. Trattare gli italiani come un pubblico da sollazzare, illudendolo e inducendolo a pensare che andrà tutto bene, che non ci sarà bisogno di fare sacrifici, che ogni errore è imputabile alla sinistra è ridicolo. Berlusconi perdura nell'usare uno stile politico che dimostra tutti i suoi anni, oltre che la sua vera età, con la pretesa che l'Italia resti ferma nel tempo. E' lì che gli italiani vogliono stare?
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