aveva ragione Eugenio Scalfari...(capitolo 6)
Eccoci anche oggi a riproporvi un bell'articolo scritto il 14 maggio 1995 da Eugenio Scalfari su la Repubblica dal titolo "Accetto scommesse su Silvio Berlusconi" e come al solito il lungimirante fondatore del quotidiano romano ci vide bene anche in quell'occasione. Buona lettura. Quando ho letto su "24 Ore" la notizia che serie trattative erano in corso tra Berlusconi e Murdoch per la vendita al "tycoon" australiano delle reti televisive Fininvest mi sono detto: se trovo l'interlocutore giusto, stavolta vinco la scommessa del secolo. Purtroppo non l'ho ancora trovato. Volevo scommettere cento milioni che Berlusconi non avrebbe mai venduto nè tre nè due e neppure una delle sue reti, quale che fosse il prezzo che gli veniva offerto. Non ho trovato nessuno, tra le persone d'una certa esperienza del problema, che fosse disposto a prendersi quel rischio, sebbene abbia fatto una dozzina di telefonate ad amici che hanno temperamento da giocatori e sebbene fossi arrivato, per invogliarli, a offrire la mia scommessa uno contro tre. Niente da fare, gli interpellati erano tutti del mio stesso parere. Perciò rilancio pubblicamente la mia proposta: uno a tre che Berlusconi non venderà. Se c'è qualcuno che vuole puntare si faccia vivo entro l'11 giugno, giorno del referendum. Ma poichè non mi piace giocare con le carte truccate spiego subito per quale ragione quella scommessa la vincerei io. Berlusconi - lo so per diretta esperienza - non molla nulla di quello che ha se non per avere qualche cosa in più. E non per avarizia: non è affatto avaro anzi, quando può, sa essere anche molto generoso. Ma ha, come si dice, un alto concetto di sè. Anzi, altissimo. Pensa fermamente di essere il migliore. Dicevano così di Togliatti, ricordate? L'avevano appunto battezzato con quel soprannome, ma in fatto di ritenersi il migliore, Togliatti era un modesto rispetto a Berlusconi. E quando il Cavaliere dice di essere l'Unto del Signore non crediate che lo dica con ironia: lo dice perchè è convinto che la Provvidenza l'abbia scelto a fin di bene. Tutti quelli che lo dipingono come il Cattivo, l'Egoista, l'Uomo Nero prendono un abbaglio madornale. Lui è esattamente il contrario di ciò. Se gli date ragione, se lo aiutate, se gli volete bene ve lo troverete accanto come un fratello. Purchè sia chiaro che è lui che guida, lui che decide, lui che vince. E vincendo, beninteso, fa il bene degli altri. Chi gli si oppone, per lui dev'essere un matto, schiavo di qualche perversa ideologia, complice di qualche turpe e oscuro disegno contro di lui e per conseguenza contro il bene pubblico che con lui s'identifica. Il complesso della vittima, del complotto, del tradimento sono conaturati a questo suo modo di pensare, anzi di essere. Ecco perchè Berlusconi può esser tutto salvo che un liberal-democratico. Lui è un monopolista per intrinseca natura; appena ha conquistato una posizione non pensa che a metter le mani sulla successiva; non gli basta vincere una tappa, vuole vincere il giro, anzi tutti i giri possibili esistenti sul pianeta, e soprattutto detesta i concorrenti: per quelli ha un odio viscerale, quelli sì, li vuole morti, salvo finanziare di tasca propria un bellissimo funerale. Questo è l'uomo, nel bene e nel male, che si pone come campione del libero mercato e della libera concorrenza. Se i comunisti l'avessero aiutato a crescere e a vincere avrebbe giurato su di loro come giurò per Craxi e per Forlani. Era craxiano? Nemmeno per sogno. Forlaniano? Meno che meno. Berlusconi è stato sempre e soltanto berlusconiano; perciò la sua entrata in politica era uno sbocco inevitabile. Chi dice che c'è entrato per difendere i suoi interessi e le sue aziende afferma soltanto una mezza verità e gli fa torto: c'è entrato per fare il bene del paese perchè nessuno poteva farlo se non lui e meglio di lui. Berlusconi di questo è convinto con assoluta buonafede e perciò non cederà un centimetro dello spazio conquistato perchè quello spazio s'identifica secondo lui con l'Italia, con la Patria, con la Famiglia, con l'Azienda, con la Morale, con la Religione e insomma con tutto quanto si può scrivere con la lettera maiuscola. Ho sempre detto che Berlusconi mi è molto simpatico ed è la pura verità. Lui non lo capirà mai, naturalmente, ma appartiene a quel genere di uomini che in determinate circostanze fanno la fortuna d'una impresa e la rovina d'un Paese; quel genere d'uomini che sono pericolosi per definizione, non per quello che fanno ma per quello che sono e che pensano di essere. Perciò non venderà mai quello che è suo. Io comunque sono pronto a scommettere uno contro tre. Sul referendum Berlusconi ha le idee chiarissime: se da un'eventuale trattativa può ottenere di più di quanto possiede oggi, lui è pronto a trattare; ma se così non è, meglio rischiare lo scontro. In realtà egli non ha affatto la sensazione di rischiare perchè è sicuro di vincere e non perchè glielo dicono i sondaggi di Pilo ma per intima convinzione: che c'è di meglio della Fininvest? Nulla. Perciò gli italiani voteranno "no" allo smambramento della Fininvest. Per il Cavaliere questa è una certezza e può anche darsi che abbia ragione. Naturalmente, per ottenere il favore degli elettori, deve dire qualche bugia e la dice e la fa dire dai suoi innumerevoli spot con assoluta tranquillità di coscienza. Il fine giustifica i mezzi, non è vero? E poi, bugiardi sono sempre gli altri per definizione, lui e la verità sono la stessa cosa. La sua bugia consiste in questo: se vincerà il "sì" il giorno dopo non vedrete più quei film, quei quiz, quelle telenovelas, quel Beautiful, quelle partite di calcio, quel Costanzo, quel Mike, quel Funari, quel Fede. Nulla di nulla. Se vince il "sì" spegnerete tre reti di colpo e addio libertà di "zapping": dovrete consolarvi con quelle facce da morto della Rai, punto e basta. Siamo giusti: chi voterebbe "sì" se questa prospettiva fosse quella vera? Io no e molti di voi neppure, credo io. Solo che si tratta di una clamorosa bugia. La vittoria del "sì" non produrrebbe nulla di tutto questo ma semplicemente sancirebbe il principio - del resto già affermato dalla recente sentenza della Corte costituzionale - che lo stesso soggetto non può possedere tre reti televisive (Berlusconi in realtà ne possiede parecchie di più, come tutti sappiamo). Del resto D'Alema ha fatto una proposta e bisognerebbe prenderlo in parola: scelga Berlusconi una qualsiasi legislazione per le televisioni in tutti i paesi del mondo; scelga quella che è disposto a vedere applicata in Italia e noi siamo d'accordo in partenza sulla sua scelta. Perchè non lo fa? Facciamo l'ipotesi di vittoria del "sì". Intanto il giorno dopo non accadrebbe assolutamente nulla: Fede, Funari, Mike e Sgarbi continuerebbero nella loro consueta solfa (il che francamente non è una prospettiva entusiasmante, ma pazienza). Con tutta la gradualità necessaria, la Fininvest dovrebbe vendere prima una e poi un'altra delle sue tre reti. La Rai presumibilmente dovrebbe fare altrettanto. Il mercato farebbe emergere molti acquirenti, italiani e stranieri: editori, imprenditori, cooperative di giornalisti e qualsiasi altro soggetto capace e affidabile. Anche stranieri, perchè no? Berlusconi non tentò forse d'insediare le sue tv in Francia, in Spagna e in Germania? Non gli è andata molto bene, ma ci ha provato e nessuno gli si è opposto. Che c'è di male? Se mi trasmettono un bel film o una bella partita, che m'importa di sapere chi è il padrone dell'emittente? Ma m'importa molto invece se tutte le reti sono in una sola mano perchè allora non sono io che decido chi far entrare in casa mia. Oggi abbiamo tre reti Rai e tre Fininvest più un pò di frattaglie locali inguardabili. Telemontecarlo potrebbe essere una buona tv ma boccheggia perchè i due colossi non le lasciano lo spazio per vivere. Ma se vincesse il "sì" avremmo nove reti in nove mani diverse. Non è meglio nove reti diverse invece di sei sostanzialmente identiche tra loro? E non è meglio, molto meglio per la democrazia e per la libertà d'informazione, non avere un solo Comunicatore? In Francia, in Germania, in Inghilterra, negli Stati Uniti una legge di "par condicio" non c'è e non è necessaria: non serve, e non serve perchè l'offerta televisiva è libera e plurima e non è monopolio di nessuno. Capite la differenza, non è vero? Ma Silvio Berlusconi non la capisce e non per una gretta difesa dei suoi interessi ma per la granitica certezza che il suo prodotto è il migliore del mondo e tutti gli altri sono peggiori del suo. Se la pensate così, votate "no" e la pace sia con voi. E con lui. Così terminava il bellissimo articolo di Scalfari di 13 anni fa, incredibilmente attuale ancora oggi, sia per la figura berlusconiana (mai cambiata nel tempo, nel modo di comportarsi non nel fisico ovviamente) sia per l'irrisolto conflitto di interessi stranamente omesso come tema principale dalla odierna campagna elettorale. Ma gli elettori, credo, sapranno regolarsi di conseguenza...
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