che ne sarà di noi? (di sinistra)
La domanda è più che legittima e me la pongo quasi ogni fine settimana, dopo aver osservato fatti ed avvenimenti della politica italiana. O per meglio dire, di ciò che ne resta. Come finirà il rinnovamento nel Partito Democratico? Ecco un'altra domanda che mi sovviene ascoltando le parole di Dario Franceschini, una volta da Fabio Fazio e un'altra magari davanti a un tavolo nella sede del partito. L'ottimismo della volontà (spero non soltanto la mia) incoraggia a sperare. Il disastro è comunque tale che, immagino, nessuno oserà opporsi al cambiamento annunciato (e in parte attuato) da Franceschini, come invece era accaduto con Veltroni. Il nuovo esponente dell'opposizione vuole tornare ai territori. Ed ha ragione, secondo me. Mettersi in viaggio per l'Italia reale è ancora una meravigliosa avventura. Non c'è città, paesino o angolo di questa nazione dove non ci s'imbatta in comunità, esperienze e personalità straordinarie (per non dire eroiche) che aspettano soltanto di mettersi al servizio di una buona politica. Ma il pessimismo della ragione (purtroppo non soltanto la mia) dice che finirà male. In vent'anni ne ho visti cambiare di marchi e programmi, ma le facce sono rimaste sempre le stesse. Facce di politici orfani di vecchie ideologie (comuniste e cattoliche), oramai convertiti all'esercizio cinico del potere. Politici specializzati e bravi, anzi eccezionali, soltanto nel conservarsi come ceto politico. Nonostante le sconfitte. La ragione (e non soltanto la mia) suggerisce che i capibastone del centrosinistra se ne andranno soltanto quando non ci sarà più il Pifferaio di Arcore. E non saranno certo loro a levarlo di mezzo. Lo farà lui stesso. Per limiti di età e di cultura. O per troppo successo. Il successo totale del berlusconismo, rinviato da quindici anni e oramai vicinissimo, comporta infatti la catastrofe generale. E quindi anche la propria. Forse non sarà domani, ma la crisi già minaccia la follia gattopardesca di un'Italia che cambia tutto affinchè tutto rimanga come quindici anni fa, prima della discesa in campo di Lui. Forse non sarà domani, ma un giorno si scoprirà quanto il macigno berlusconiano abbia congelato la vita pubblica e sociale, la politica e la comunicazione, la giustizia e l'informazione. Forse non sarà domani, ma la sua fine è nell'aria. Con il delirio di onnipotenza che sempre lo accompagna.
2 Commenti:
Buonasera carissimo.Il tuo articolo ha molte verità.Purtroppo ho paura che la sinistra italiana si riprenderà soltanto se il nostro Paese sarà investito da un movimento tipo quello che,negli anni settanta,sconvolse tutti gli usi e costumi e portò alla ribalta i valori di solidarietà ed uguaglianza,adesso fuori moda.MAURO.
Di Anonimo, Alle 07 marzo, 2009 19:13
Concordo pienamente con te, caro MAURO. E ti dirò di più: i movimenti attuali partecipativi sembrano sconfitti, ma l'ultimo (l'Onda) era il più significativo di questi anni. Quando si muovono i ragazzi significa che il vento sta girando. E' successo, se ben ricordi, nel 1977 con il Movimento degli studenti, con un anno di anticipo sulla fine del compromesso storico. E' successo poi nel 1990, due anni prima di Tangentopoli. Sarà una pia illusione, ma a mio modesto avviso neppure stavolta bisognerà aspettare a lungo...Un affettuoso saluto.
Di nomadus, Alle 07 marzo, 2009 22:42
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