il Paese che non vorremmo vedere
L'ultimo mese dell'anno ci sta consegnando, senza troppi complimenti, la visione di un Paese (il nostro) che non avremmo mai voluto vedere. Un Paese svilito e svuotato, un Paese in preda ad una forte crisi d'identità, oltre che economica e sociale. Un Paese governato da un uomo di settantadue anni che a volte si diverte a fare cucù, a volte ci invita all'ottimismo e a comprare (cosa e con quali soldi non si sa), a volte si diletta alla faccia nostra (addirittura con due in contemporanea, come le gemelline isolane stile "triangolo sì") e il più delle volte se ne frega degli interessi di tutti (con esclusione ovviamente di parenti e amici, e amici degli amici). Tutto questo mentre nel mondo lo spettro della recessione avanza a grandi passi, e in America in particolare nemmeno l'effetto Obama riesce a drenare uno smottamento economico e sociale di tale portata. Di conseguenza, a rigor di logica, l'Italia dovrebbe essere il Paese più preoccupato e quindi più impegnato sul fronte del cambiamento, a cominciare dallo stile guida di chi ci governa. Le previsioni dicono che in nessun altro Paese ricco è attesa una recessione tanto lunga e dura. Ed i segnali si avvertono girando per le città. Neppure negli anni di piombo (o in quelli più bui delle ristrutturazioni industriali) s'era vista, ad esempio, tanta depressione a Torino, la città più manifatturiera d'Italia, da sempre convinta che ci sarebbe stato un "dopo" per tutto. Oggi questa fiducia nel dopo non esiste più: la FIAT manda in cassa integrazione i suoi operai, ma anche la MOTOROLA chiude i cancelli. Dove si troverà dunque lavoro? Difficile rispondere. Paradossalmente anche nella serietà dell'Onda (il movimento studentesco meno ludico della storia dei movimenti giovanili) si avverte la crisi. I sessantottini, gli indiani metropolitani del '77 tutto sommato si concedevano il lusso di una ribellione contro una società affluente. Questi di oggi, invece, lottano per la riconquista di una dignità del vivere quotidiano, negata alle nuove generazioni. In questa crisi, incredibilmente, soltanto i Palazzi del potere restano immobili e impermeabili. Stesse facce, stessi discorsi, identiche pagliacciate. La RAI rischia di dover lincenziare migliaia di persone (lo stesso sta accadendo alla TELECOM), ma quelli tramano per mesi intorno a una singola poltrona e alla fine la spunta, almeno per un pò, un tal Villari che sembra uscito dalla commedia all'italiana (tipo Stracult) d'altri tempi. Bisogna ridere? Ridere sì, ma per le improbabili trovate governative che, per risolvere con un colpo di bacchetta magica le problematiche mondiali, non trova di meglio che annunciarle la sera stessa nel talk show di turno. Chissà se alla fine una risata ci seppellirà (o li seppellirà). Sia come sia, comunque, un Paese così non lo vorremmo mai vedere. E nemmeno viverci.
3 Commenti:
Ricorso che qualche anno fa alla festa dei miei 50 ringraziai gli amici presenti (che avevo raccolto insieme dal mio lungo perscorso personale) trovandomi a dire che a 50 anni non avrei mai pensato di trovarmi in questa condizione, con la destra al governo, con il ritorno ad una mentalità dove solidarietà e altruismo sono stati esclusi e dove la gioventù era un valore aggiunto solo se fatta di buona carne fresca e ingoiabile (l'altra gioventù non esisteva proprio). Quel giorno non credevo che avrebbe potuto andare peggio. Ero un'illusa, oggi al secondo governo della destra, mi sento come una vecchia ciabatta dimenticata, non per l'età, che nel mo vissuto è ininfluente, ma per l'impossibilità di trovare una qualche forma di "vita" che conduca alla rivolta e al ribaltamento di questo stato di cose.
Non so se sono stata chiara, perchè so che l'amarezza mi rende troppo carica di significati che non sempre riesco ad esprimere.
Hai ragione che un paese così nonl'avremmo dovuto vedere, ma quanto di questo è dovuto alla nostra cattiva coscineza, quanto alla pigrizia e all'amore delle comodità? Ancora una volta noi che crediamo di essere assolti siamo lo stesso coinvolti....
Tristemente Ross
Di rossaura, Alle 06 dicembre, 2008 14:19
Hai ragione, dovremmo fare tutti "mea culpa" e batterci il petto. Ma credo non basterebbe per autoassolverci e nemmeno per darci un contentino. Perchè quello che non è stato (e che attualmente è)riflette e ricopia quello di cui siamo stati artefici. Ovvero, l'aver consegnato (con lo sciagurato voto di metà aprile) l'Italia (e Roma) a Berlusconi e alla Destra, senza sospettare minimamente che così facendo avremmo di nuovo permesso al Signore delle tivù di continuare a farci il lavaggio del cervello, a lobotomizzarci, a succhiarci l'anima (e la dignità) con tutto ciò che ne consegue. Ribadisco, carissima ROSS, questo non è il Paese in cui mi sarebbe piaciuto nascere, vivere e morire. E ricordati: la tua amarezza è anche la mia. La tua rabbia è anche la mia. La tua impotenza è anche (purtroppo) la mia. E chissà di quanta altra gente...
Di Anonimo, Alle 06 dicembre, 2008 17:13
Per un errore il precedente commento è stato editato come anonimo. E' ovviamente mio (spero si evinca anche dallo stile di scrittura), giusto per la cronaca.
Di nomadus, Alle 06 dicembre, 2008 17:17
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