caro Enzo, in molti parlano ancora di te
A sei mesi dalla scomparsa di Enzo Biagi, il suo migliore amico e collaboratore, Loris Mazzetti, scrive una bellissima lettera a lui dedicata, prendendo spunto anche dalla recenti polemiche della trasmissione Annozero e di Vittorio Sgarbi. Una bellissima lettera che vi vogliamo far leggere, anche per mantenere vivo (ma sappiamo che non ce n'è bisogno) il ricordo di Biagi. Buona lettura. Caro Enzo neanche lì dove sei ti lasciano in pace. Sono in molti quelli che continuano a parlare di te, la maggior parte con affetto e rimpianto, qualcuno invece, per trovare un po’ di “sole”, usa il consueto ritornello: “Non è stato cacciato, è lui che se ne è andato dalla Rai”. Se nessuno ti voleva mandar via perché il tuo ultimo contratto, che si rinnovava tacitamente, fu disdetto con una raccomandata e per essere sicuro al cento per cento Saccà, allora direttore generale, allegò alla suddetta anche la ricevuta di ritorno?
Semplice Watson! Su quel contratto c’era scritto che dovevi realizzare un programma che Berlusconi aveva accusato di essere “criminoso”: Il Fatto. Il Cavaliere ha ripetuto spesso, durante l’ultima campagna elettorale, che l’editto bulgaro non è mai esistito e di aver cercato di convincerti di continuare a fare la tv. Evidentemente il suo amico Saccà non gli ha mai raccontato che tu la televisione la volevi fare ancora, eccome, e che eri disposto non solo ad andare in onda in un altro orario ma anche su un’altra rete, la Tre. Ad Anno Zero Sgarbi ha ripetuto la stessa tiritera, poi dopo che in tanti si sono schierati contro, ha chiesto aiuto a Del Noce che gli ha dato ragione e a sostegno di ciò, il direttore di RaiUno, si è definito non solo testimone ma protagonista della tua vicenda. Sgarbi che parla di te, Del Noce che si dichiara teste oculare, ti rendi conto come siamo messi qui… I veri testimoni sono i milioni di telespettatori che per cinque lunghi anni non ti hanno visto in onda con un tuo programma. Sai Enzo, io sono convinto che, se uno dopo 41 anni di onorata televisione, per non essere umiliato, non ha accettato certe condizioni e per questo ha smesso di fare tv, non è poi tanto diverso dall’essere stato cacciato via. Questo accadde quando Saccà, dopo che intervenne anche la Commissione parlamentare di vigilanza, ti propose di fare Il Fatto su RaiTre alle 18,50 prima del tg. A quella indecente proposta, visto che con Ruffini e Di Bella avevamo concordato di andare in onda alle 19,50, rispondesti che non si poteva fare l’approfondimento prima della notizia. Di tutta questa vicenda mi dispiace soprattutto per le tue figlie Bice e Carla, per i tuoi quattro nipoti, che a distanza di sei mesi dalla tua scomparsa non riescono ancora a vivere intimamente il dolore, che è solo loro, devono continuamente condividerti con gli altri, c’è sempre un “coglione” che si intrufola che invade, che non è capace di tacere, ma soprattutto di dare rispetto. Quando ho letto l’agenzia dove il direttore di RaiUno ha parlato dell’incontro di Milano del 2 luglio 2002, che doveva essere di riappacificazione, e che invece fu un atto di ipocrisia e che fu convocato dopo che avevi dato per telefono del cretino a Del Noce. Era stato nominato da poco direttore e alla quinta volta che gli telefonasti per sapere che fine avrebbe fatto la nostra trasmissione, lui ti aveva risposto, per la quinta volta, che stava studiando. Chiudesti la telefonata giustamente alterato, perché tu facevi la tv da tanti anni e c’era poco da studiare per te parlavano i programmi che avevi realizzato. Era una scusa per prendere tempo per poter arrivare alla scadenza del tuo contratto, ma lo capimmo più tardi. Quel giorno in Rai a Milano quando gli chiedesti scusa, da galantuomo quale sei sempre stato, c’eravamo tu, io, lui e Saccà. L’ipocrisia fu quella di raccontarci che avevano bisogno dello spazio in cui andava in onda Il Fatto per fare un varietà della stessa durata di Striscia la notizia e per ragioni di ascolto, la fascia, non poteva più essere segmentata. Rimanemmo d’accordo che nel giro di pochi giorni sarebbe arrivato il tuo nuovo contratto per un programma di seconda serata con qualche prima, da concordare direttamente con Del Noce. Nel frattempo i mesi passarono e la bozza arrivò solo il 18 settembre, fuori tempo massimo, perché il 16 era andata in onda la trasmissione che aveva sostituito Il Fatto: Max & Tux. Guardandola capimmo che il 2 di luglio eravamo stati presi in giro. La trasmissione di Lopez e Solenghi era addirittura più corta della nostra. In quei due mesi e mezzo prendesti la giusta decisione, di non voler più avere nulla che fare con quella gente: o Il Fatto o niente. Ti ricordi la lettera strappa lacrime che ti mandò Saccà dove ti chiese di “continuare a intrattenere la tua conversazione con i telespettatori”, dove ti definì “un patrimonio che si intreccia con il cammino dell’Azienda”, e poi a proposito del contratto che non arrivava, da me più volte sollecitato, aggiunse: “i ritardi deplorevoli non possono alterare questa sintonia …”? Il 20 settembre mandasti a Saccà la tua risposta: “Riconosco al direttore di RaiUno il diritto di cambiare il palinsesto con l’intenzione di battere Striscia la notizia, ma in quell’incontro, mi fu prospettato il proposito aziendale di una trasmissione unica e omogenea che avrebbe riempito lo spazio tra Tg1 e la prima serata. Mi risulta che ieri sera sono andati in onda quattro spezzoni diversi. Ho letto che RaiTre è disponibile a programmare Il Fatto ma, viste le dichiarazioni del presidente Baldassarre, si opporrebbero problemi economici. Glieli risolvo subito: io sono pronto a rinunciare alla clausole finanziarie del mio contratto…”. Chissà se Saccà avvisò Del Noce quando nel 2003, concluse con il tuo avvocato una transazione economica dopo una tua ipotesi di portare la Rai in tribunale: danno biologico, d’immagine ecc.? Berlusconi ha più volte raccontato che hai ricevuto una lauta liquidazione e secondo lui questo è il motivo per cui hai smesso di fare tv, ma come il Cavaliere sa, essendo un esperto di televisioni, i contratti in esclusiva come il tuo contengono una clausola “nulla è più dovuto” e con la famosa disdetta con raccomandata con ricevuta di ritorno, la Rai era a posto e nulla ti doveva. Sai cosa penso Enzo che quella transazione che hai firmato alla fine è stata pagata dai contribuenti, da chi paga il canone, invece doveva essere pagata da coloro che ti hanno impedito di continuare a fare il tuo lavoro. Se un domani qualche legislatore decidesse che anche in Rai chi sbaglia sapendo di sbagliare paga di propria tasca, forse tanti fatti come il tuo, come quello di Santoro, Beha, Iacona, Ruotolo, Bendicenti, Gigotti, Chiodi, Fini, Alfano, Conte, Pezzolla e tanti altri, che sono costati milioni di euro di risarcimento, non accadrebbero più.
Semplice Watson! Su quel contratto c’era scritto che dovevi realizzare un programma che Berlusconi aveva accusato di essere “criminoso”: Il Fatto. Il Cavaliere ha ripetuto spesso, durante l’ultima campagna elettorale, che l’editto bulgaro non è mai esistito e di aver cercato di convincerti di continuare a fare la tv. Evidentemente il suo amico Saccà non gli ha mai raccontato che tu la televisione la volevi fare ancora, eccome, e che eri disposto non solo ad andare in onda in un altro orario ma anche su un’altra rete, la Tre. Ad Anno Zero Sgarbi ha ripetuto la stessa tiritera, poi dopo che in tanti si sono schierati contro, ha chiesto aiuto a Del Noce che gli ha dato ragione e a sostegno di ciò, il direttore di RaiUno, si è definito non solo testimone ma protagonista della tua vicenda. Sgarbi che parla di te, Del Noce che si dichiara teste oculare, ti rendi conto come siamo messi qui… I veri testimoni sono i milioni di telespettatori che per cinque lunghi anni non ti hanno visto in onda con un tuo programma. Sai Enzo, io sono convinto che, se uno dopo 41 anni di onorata televisione, per non essere umiliato, non ha accettato certe condizioni e per questo ha smesso di fare tv, non è poi tanto diverso dall’essere stato cacciato via. Questo accadde quando Saccà, dopo che intervenne anche la Commissione parlamentare di vigilanza, ti propose di fare Il Fatto su RaiTre alle 18,50 prima del tg. A quella indecente proposta, visto che con Ruffini e Di Bella avevamo concordato di andare in onda alle 19,50, rispondesti che non si poteva fare l’approfondimento prima della notizia. Di tutta questa vicenda mi dispiace soprattutto per le tue figlie Bice e Carla, per i tuoi quattro nipoti, che a distanza di sei mesi dalla tua scomparsa non riescono ancora a vivere intimamente il dolore, che è solo loro, devono continuamente condividerti con gli altri, c’è sempre un “coglione” che si intrufola che invade, che non è capace di tacere, ma soprattutto di dare rispetto. Quando ho letto l’agenzia dove il direttore di RaiUno ha parlato dell’incontro di Milano del 2 luglio 2002, che doveva essere di riappacificazione, e che invece fu un atto di ipocrisia e che fu convocato dopo che avevi dato per telefono del cretino a Del Noce. Era stato nominato da poco direttore e alla quinta volta che gli telefonasti per sapere che fine avrebbe fatto la nostra trasmissione, lui ti aveva risposto, per la quinta volta, che stava studiando. Chiudesti la telefonata giustamente alterato, perché tu facevi la tv da tanti anni e c’era poco da studiare per te parlavano i programmi che avevi realizzato. Era una scusa per prendere tempo per poter arrivare alla scadenza del tuo contratto, ma lo capimmo più tardi. Quel giorno in Rai a Milano quando gli chiedesti scusa, da galantuomo quale sei sempre stato, c’eravamo tu, io, lui e Saccà. L’ipocrisia fu quella di raccontarci che avevano bisogno dello spazio in cui andava in onda Il Fatto per fare un varietà della stessa durata di Striscia la notizia e per ragioni di ascolto, la fascia, non poteva più essere segmentata. Rimanemmo d’accordo che nel giro di pochi giorni sarebbe arrivato il tuo nuovo contratto per un programma di seconda serata con qualche prima, da concordare direttamente con Del Noce. Nel frattempo i mesi passarono e la bozza arrivò solo il 18 settembre, fuori tempo massimo, perché il 16 era andata in onda la trasmissione che aveva sostituito Il Fatto: Max & Tux. Guardandola capimmo che il 2 di luglio eravamo stati presi in giro. La trasmissione di Lopez e Solenghi era addirittura più corta della nostra. In quei due mesi e mezzo prendesti la giusta decisione, di non voler più avere nulla che fare con quella gente: o Il Fatto o niente. Ti ricordi la lettera strappa lacrime che ti mandò Saccà dove ti chiese di “continuare a intrattenere la tua conversazione con i telespettatori”, dove ti definì “un patrimonio che si intreccia con il cammino dell’Azienda”, e poi a proposito del contratto che non arrivava, da me più volte sollecitato, aggiunse: “i ritardi deplorevoli non possono alterare questa sintonia …”? Il 20 settembre mandasti a Saccà la tua risposta: “Riconosco al direttore di RaiUno il diritto di cambiare il palinsesto con l’intenzione di battere Striscia la notizia, ma in quell’incontro, mi fu prospettato il proposito aziendale di una trasmissione unica e omogenea che avrebbe riempito lo spazio tra Tg1 e la prima serata. Mi risulta che ieri sera sono andati in onda quattro spezzoni diversi. Ho letto che RaiTre è disponibile a programmare Il Fatto ma, viste le dichiarazioni del presidente Baldassarre, si opporrebbero problemi economici. Glieli risolvo subito: io sono pronto a rinunciare alla clausole finanziarie del mio contratto…”. Chissà se Saccà avvisò Del Noce quando nel 2003, concluse con il tuo avvocato una transazione economica dopo una tua ipotesi di portare la Rai in tribunale: danno biologico, d’immagine ecc.? Berlusconi ha più volte raccontato che hai ricevuto una lauta liquidazione e secondo lui questo è il motivo per cui hai smesso di fare tv, ma come il Cavaliere sa, essendo un esperto di televisioni, i contratti in esclusiva come il tuo contengono una clausola “nulla è più dovuto” e con la famosa disdetta con raccomandata con ricevuta di ritorno, la Rai era a posto e nulla ti doveva. Sai cosa penso Enzo che quella transazione che hai firmato alla fine è stata pagata dai contribuenti, da chi paga il canone, invece doveva essere pagata da coloro che ti hanno impedito di continuare a fare il tuo lavoro. Se un domani qualche legislatore decidesse che anche in Rai chi sbaglia sapendo di sbagliare paga di propria tasca, forse tanti fatti come il tuo, come quello di Santoro, Beha, Iacona, Ruotolo, Bendicenti, Gigotti, Chiodi, Fini, Alfano, Conte, Pezzolla e tanti altri, che sono costati milioni di euro di risarcimento, non accadrebbero più.
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