Bassolino e la politica del tappeto
Il titolo che abbiamo scelto per questo odierno post non è certamente legato alla possibile nuova attività di Antonio Bassolino in caso di dimissioni e di ritiro dalla vita politica. Ci mancherebbe, abbiamo troppo rispetto per i venditori di tappeti e per i teleimbonitori in genere. Ma questo titolo ci è venuto in mente per esemplificare il modus operandi del Governatore della Campania (ed ex Commissario Straordinario per l'emergenza rifiuti) e di tutti gli altri che negli ultimi quindici anni (da Rastrelli a Bertolaso, da Pansa a De Gennaro) hanno dato il loro "contributo" per non risolvere l'eccezionale normalità campana, quella appunto dei rifiuti. La politica del tappeto consiste nell'immaginare la Campania come un enorme salone di un'abitazione molto grande, il tappeto al centro del salone rappresentato dalle istituzioni locali (nessuna esclusa) e l'immondizia rappresentata dalla polvere che la scopa del momento (i nomi citati poco fa) nascondeva sotto il tappeto stesso, come si fa abitualmente in casa quando riceviamo una visita inaspettata e non abbiamo pulito a dovere. Il tappeto, in quel caso, è un ottimo alleato e una panacea del male temporaneamente presentatosi. Ci sembra, alla luce del rinvio a giudizio di Bassolino e di altri 27 imputati per i vari reati dalla frode alla truffa, dal falso all'abuso di ufficio, che sia abbastanza riduttivo e innaturale scaricare sul presidente della Regione tutte le colpe e tutte le pesanti accuse figlie della situazione attuale di degrado e di irregolarità presenti sul territorio campano. Non capiamo effettivamente come Berlusconi e i suoi peones possano puntare il dito accusatorio contro la giunta Bassolino (e in generale contro la sinistra) quando la stessa situazione di oggi era presente anche durante i cinque anni del governo di centrodestra. Non ci saranno state le barricate e gli incendi, non ci saranno state le donne che si davano fuoco come oggi, ma certamente la munnezza era tanta e forse più di adesso. Quindi, piuttosto che criminalizzare, non era meglio fare ammenda e autocritica anche nello schieramento berlusconiano, cogliendo l'occasione di una campagna elettorale in itinere per prospettare reali e concrete soluzioni all'annoso problema dei rifiuti? Non era più intelligente e moralmente accettabile che qualcuno si fosse preso la propria responsabilità, assumendosene il carico e l'onere specifico di fronte alla collettività per far capire che la politica è anche questa e non solo scambio di voti e di favori? Crediamo che nessuno dei politici attuali abbia voglia di rispondere a queste domande. Tanto c'è sempre il solito tappeto pronto a nascondere.
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