meritarsi la grazia
In questo pomeriggio prenatalizio, dove la "bontà" si taglia a fette, la notizia della probabile grazia, da parte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, all'ex superpoliziotto Bruno Contrada (attualmente detenuto nel carcere di S.Maria Capua Vetere per una condanna a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa) ci ha fatto riflettere sull'opportunità (e sulla valenza umana ed istituzionale) della concessione della grazia a chi si trova in una situazione (personale, di salute o altro) chiaramente incompatibile con una prosecutio indeterminata dell'espiazione di una pena. Tempo fa ci fu una sottile polemica, quando l'ex ministro della Giustizia (all'epoca ancora di Grazia e Giustizia), Roberto Castelli, entrò in rotta di "collisione istituzionale" con l'allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi a proposito della concessione o meno della grazia all'ex leader di Lotta continua (ora apprezzato scrittore e giornalista) Adriano Sofri. Il quid è sempre lo stesso: chi si macchia di determinati reati (terrorismo, mafia, stragi) può essere ammesso all'iter burocratico per ottenere la grazia (anche quando non espressamente richiesta dall'interessato) oppure no? Quale linea di confine si deve tracciare tra i casi di Sofri e di Contrada (ambedue in gravi condizioni fisiche) per poter attenersi, più fedelmente possibile, alla dottrina costituzionale della grazia? Non vogliamo entrare nel merito del caso Contrada (al riguardo, per farsi un'idea, segnaliamo due siti: quello personale dell'ex poliziotto http://www.brunocontrada.info/ e quello di un giornalista http://casocontrada.blogspot.com/2007/06/introduzione-il-perche-di-questo-blog_03.html) e nemmeno in quello di Sofri. Vogliamo solo riflettere, insieme a voi, sui modi e sui tempi inerenti una spinosa e controversa questione, come quella della grazia e di chi se la merita.
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