l'Antipatico

sabato 13 settembre 2008

il canto del cigno di ALITALIA


Sembra di stare al capezzale di un malato terminale. Nonostante l'encefalogramma piatto tutti i dottori, i professoroni (o presunti tali) si affannano accanto a quello che oramai è un'identità senza più vita e senza più possibilità di miracolistici interventi (anche se il cavaliere dice "ghe pense mi"). L'Alitalia è proprio così, è giunta al capolinea, all'hangar dell'oblìo. I Fantozzi, i Sacconi, i Matteoli continuano a iniettarsi siringhe di ottimismo e di autoconvinzione, ben sapendo che sono vuote. Non c'è più niente da fare, è troppo tardi. Ma noi vorremmo ricordare, in questo triste momento per la storia dell'aviazione italiana, che il problema di Alitalia non è di questi ultimi giorni, settimane, mesi. Nossignori, è dal 1987 che la compagnia di bandiera ha iniziato la picchiata verso il basso senza più controllo, senza più neanche l'ausilio del pilota automatico (lo Stato). Negli ultimi 20 anni un errore dopo l'altro, un consigliere d'amministrazione dopo l'altro, un presidente dopo l'altro hanno determinato la fine di Alitalia, dell'azienda Alitalia. Prima del 1987 nei bilanci annuali di Alitalia il "rosso" non si sapeva nemmeno cosa fosse. In quegli anni la compagnia di bandiera era un'azienda che aveva una strategia di sviluppo, che recitava un ruolo primario nel mondo, che vendeva tecnologia ai giapponesi e agli americani, che era in grado di trasformare un'azienda di Stato in un'impresa. Fino a che non intervenne l'IRI a gamba tesa, decapitando quel sistema. Di conseguenza si ebbe un'azienda peggiorata, senza più la concezione e la capacità di recitare un ruolo primario internazionale. E giù ancora errori su errori. Ministri su ministri totalmente incapaci e inadeguati a fronteggiare la caduta libera di Alitalia, smantellando un intero sistema, tagliando rami secchi e non, togliendo le officine di manutenzione e le merci, cambiando il vertice aziendale 16 volte in 15 anni. Una vera e propria catastrofe. Una continua e irrefrenabile contrazione. La cultura della riduzione dei costi non ha affatto aiutato: un costo alto si recupera con nuovi prodotti (come ha fatto la FIAT), invece si sono tagliate linee internazionali fondamentali, sono stati tolti i charter. E nel mercato europeo le low-coast ti fanno fuori senza pietà. E adesso? Non resta che attendere il canto del cigno dell'Alitalia, con i 16 imprenditori italiani (tanto decantati dal cavaliere) a far da corollario. Ma allora, non era meglio vendere la compagnia di bandiera questa primavera ad AirFrance-KLM? Almeno un risultato si sarebbe raggiunto: quello di avere meno macelleria sociale.

2 Commenti:

  • Buonasera carissimo.Anche io penso che sarebbe stato meglio vendere allora.Ma stavamo in campagna elettorale ed il Cavaliere voleva atteggiarsi a salvatore della Patria.Mauro.

    Di Anonymous Anonimo, Alle 15 settembre, 2008 16:57  

  • Diciamo che voleva essere il "salvatore" dei suoi amici imprenditori. Facendo scappare Air France (e dando furbescamente la colpa ai sindacati, di sinistra) ha voluto fare un bel regalo ai suoi compari avvoltoi dell'economia italiana. E ci sta riuscendo. A presto caro MAURO.

    Di Blogger nomadus, Alle 16 settembre, 2008 09:24  

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]



<< Home page