l'Antipatico

domenica 20 aprile 2008

ha ragione Bice Biagi


Abbiamo letto un bellissimo articolo della figlia di Enzo Biagi scritto per il sito di Art.21 che ci trova perfettamente d'accordo. Bice Biagi definisce questo Paese "anormale" e a pensarci bene è così. Oltre che anormale è anche "anomalo" il nostro bel Paese, e non soltanto per la presenza di Silvio Berlusconi. Leggetevi il pezzo e riflettete insieme a noi. Buona lettura. Che questo sia un Paese normale non c’era davvero passato per la testa. Sarà normale, infatti, un paese che a distanza di due anni ribalta completamente il senso del voto, che fa prendere a Vergato, provincia di Bologna, il 7 per cento alla Lega, che ha un Presidente del Consiglio che ci aveva abituato a vedere le sue mani piegate a fare le corna ma non a simulare gli spari di una mitraglietta verso una giornalista, che si permette di definire la donna ‘domina’, nel senso che è meglio che stia a casa a tener caldo il risotto e magari il letto in attesa del suo padrone? No, francamente non è normale. Ma c’è qualcosa che rende l’Italia ancora diversa, per esempio, dalle altre democrazie occidentali continuamente richiamate a modello durante l’ultima campagna elettorale. Ed è la Rai. Sissignore: siamo in un mare di guai, un terzo dei cittadini si sveglia la notte con l’incubo della rata del mutuo da pagare, al mercato i pensionati non vanno più di buon mattino, ma scrutano tra i banchi verso l’una, quando gli scarti costano meno e c’è sempre un carciofo buono dimenticato sul marciapiede e un paio di mele che basta tagliarne un pezzo e poi, cotte, arricchiscono la cena. Parliamo poi dei nostri figli che, quando sono fortunati, cioè si sono conquistati una laurea e magari un master, hanno fatto il loro bel corso di inglese e maneggiano il computer come Bill Gates si ritrovano, a trent’anni, con l’angoscia che a giugno finisca il contrattino da 800 euro al mese e chissà a settembre, con la recessione, se qualcuno gliene darà un altro. A proposito, chi ha ragazzi in età scolare si prepari a spendere per i libri di testo perché l’onorevole Dell’Utri vuole cambiare quelli di storia: via la Resistenza, ridimensioniamo il 25 aprile e finiamola con le storie dei partigiani. Non è finita, perché nonostante le cordate del Cavaliere & C., la scure del fallimento Alitalia penzola sulla testa di migliaia di famiglie, il petrolio aumenta ogni giorno, mafia, camorra e ‘ndrangheta proseguono indisturbate le loro attività, scuola e sanità necessitano di riforme urgenti, eppure il grande problema della politica italiana è la Rai. Ma è possibile che, nemmeno ancora insediato, il nuovo governo si preoccupi e occupi dell’assetto di viale Mazzini, di chi dirigerà una rete, un telegiornale o un notiziario radiofonico? Non si era detto che la politica doveva scollarsi dall’azienda di stato e lasciare che facesse la sua corsa, magari cercando di battere lealmente, voglio dire con uomini capaci (indipendentemente dalle tessere o dalle cravatte verdi) e programmi intelligenti? Perché neanche messo un piede a Palazzo Chigi, il premier ricorda con un brutto aggettivo di triste memoria, ‘criminoso’, l’uso che a parer suo fa della tv Michele Santoro insieme con Marco Travaglio? Ma lo sa il Presidente Berlusconi che a molti italiani Santoro e Travaglio piacciono, anzi, li consolano? E poi, con tutto il daffare che ha, compreso organizzare i divertimenti da villaggio vacanze per i suoi amici statisti, che voglia ha, l’onorevole Berlusconi, di mettere subito le mani sulla Rai? Con tre reti di famiglia, abbia pazienza, non ci costringa a spendere per la parabola, per sintonizzarci sulla BBC o sulla CBS, che poi capiamo un decimo di quello che dicono, per sapere cosa succede davvero nel mondo e a casa nostra. Si ricorda, Presidente, Radio Londra? E’ ancora una sigla di triste memoria.

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