l'Antipatico

venerdì 29 febbraio 2008

l'Italia vista dalla Comunità Europea


Oggi ci vogliamo prendere una pausa nel seguire gli sviluppi e le novità della campagna elettorale dei vari partiti e partitini. Abbiamo deciso di "divulgare" (anche soprattutto a beneficio dei nostri connazionali che credono di essere "considerati" europei a tutti gli effetti) un cartone di animazione di Bruno Bozzetto, settantenne autore di fumetti (suo il mitico signor Rossi), animatore, sceneggiatore e produttore, che ha disegnato alla perfezione il tratto tipico dell'italiano medio, quello che se infischia altamente delle regole civili e comportamentali nel proprio Paese, figuriamoci al cospetto delle altre nazioni (ad esclusione del Liechtenstein...). Guardando questo film di animazione della durata di poco più di sei minuti (http://www.infonegocio.com/xeron/bruno/italy.html), forse riusciamo a riflettere sulle nostre pecche e sulle nostre manchevolezze, che il più delle volte facciamo finta non esistano, pavoneggiandoci (a torto) del nostro autocompiacimento e sopravvalutazione dei nostri meriti e delle caratteristiche tipiche dell'uomo made in Italy. E non ci rendiamo conto, purtroppo, di come invece ci guardano (e ci criticano) i nostri coinquilini europei. Altro che la monnezza di cui parla sempre il cavaliere...

giovedì 28 febbraio 2008

i gravosi impegni notturni di Silvio Berlusconi


Abbiamo ascoltato con attenzione l'intervento del leader del Popolo della Libertà ieri mattina a Radioanch'io su RadioUno ospite del direttore Antonio Caprarica (http://www.radio.rai.it/player/player.cfm?Q_CANALE=http://www.radio.rai.it/radio1/radioanchio/archivio_2008/audio/radioanchio2008_02_27.ram). Ascoltandolo, ancora una volta, abbiamo percepito la sensazione di una ennesima riproposizione delle solite frasi (precostituite, ripetitive, propagandistiche) che oramai fanno parte integrante del parco (inteso come limitato) lessicale del cavaliere. Ad una domanda di Caprarica sull'eventuale soluzione del problema monnezza della Campania, Berlusconi risponde con la solita storiella (già raccontata da Vespa , Mentana & friends) del suo collega di capo del governo di una importante nazione (sarà Putin?) che gli chiede se sta lavorando con la mascherina sulla bocca. Non contento, il cavaliere ci ricorda anche la lamentela di un suo amico ristoratore di New York che vede la sua clientela diminuire e quelle poche persone che frequentano il ristorante, prima di mangiare vogliono dare un'occhiata alla cucina. Altre stantìe ripetizioni berlusconiane sono quelle relative alle accuse rivolte alla sinistra che ha provocato un danno all'immagine del nostro Paese, l'impossibilità di completare le sue opere di governo a causa del conflittuale rapporto con Casini durante i suoi cinque anni di potere, i suoi 100 e passa cantieri di grandi opere e bla bla bla. Alla fine però apprendiamo che Berlusconi la notte non consuma il talamo nuziale con la Veronica ma si dedica (all'1 e trenta) alla lettura dei giornali, alla compilazione delle liste elettorali e del programma del Popolo della Libertà. Insomma, invece di copulare Silvio si limita a copiare (il programma degli avversari politici, e non il contrario come dice lui). Altra perla dell'intervento radiofonico di ieri, l'attacco senza ritegno ad Antonio Di Pietro (ascoltare la registrazione intorno al trentaduesimo minuto please), reo di essere l'esecutore materiale del "partito delle manette" e il simbolo del giustizialismo. "Io ho orrore di Di Pietro, lo dico alto e forte" afferma il cavaliere, dimenticandosi però di ricordare agli ascoltatori di RadioUno che nel 1994 fu proprio lui a blandire, a circuire, tentando di ingraziarselo, l'ex pm di Mani pulite, offrendogli la poltrona del ministero dell'Interno. Ultima chicca, la sua definizione di monarca del partito del Popolo della Libertà (essendone il fondatore e unico capo riconosciuto) che poi, paradossalmente, definisce un partito anarchico, che sulle questioni etico-morali può comportarsi come cavolo vuole. Evviva.

martedì 26 febbraio 2008

il cavaliere & la pornostar




Questa campagna elettorale che ci porterà al voto il 13 e 14 aprile ha ogni giorno di più qualche sfaccettatura particolare e intrigante. Le solite facce, i soliti discorsi, le noiose dissertazioni su programmi e svolte epocali lasciano qualche volta il passo a notiziole al limite dell'inverosimile o del boccaccesco. Un sito specializzato in sondaggi e rilevazioni della tendenza circa gli umori dell'elettorato ha pubblicato la notizia che una nota pornostar italiana, Federica Zarri, ha fondato (scimmiottando un pò la mancata pornostar Michela Vittoria Brambilla) un Circolo della Libertà (http://www.circolodellalibertafedericazarri.it/), dando la sua completa disponibilità a Silvio Berlusconi per una candidatura nel Popolo della Libertà nelle prossime elezioni politiche. Immaginavamo e sapevamo dello smodato e pericoloso "vizietto" del cavaliere circa l'attenzione che rivolge alle belle figliole, siano esse uscite dal Grande Fratello (Angela Sozio). dal Bagaglino (Aida Yespica) o da un'orgia di un set cinematografico a luci rosse (la Zarri, appunto), ma credevamo anche in una sorta di autoregolamentazione nel gestire le sue "puledre" scalpitanti e infoiate che vorrebbero gareggiare nella kermesse elettorale. L'intervista a Federica Zarri non lascia adito a dubbi di sorta sul compiacimento della pornostar nell'annunciare la sua svolta professionale e la sua ammirazione per il cavaliere e la Brambilla. Certo, apprezziamo la volontà dell'entourage di sua emittenza di dare la possibilità ad esponenti femminili dello spettacolo (soft o hard che sia) di potersi cimentare nella corsa ad un posto di rappresentante nel palazzo del potere, ma a questo punto vogliamo anche la parità di diritti degli aspiranti onorevoli. Quindi, dopo la candidatura di Federica Zarri, spazio allo stallone italiano. Votate Rocco Siffredi!

lunedì 25 febbraio 2008

le notti insonni di Gianfranco Miccichè


Alla fine il proconsole berlusconiano in Trinacria ha dovuto abbassare la testa e dire "obbedisco", seppur a denti stretti. Gianfranco Miccichè, cinquantaquattrenne palermitano, ex viceministro dell'Economia e delle Finanze (nel governo Berlusconi del 2001), nonchè noto assuntore di dosi massicce di cocaina (coinvolto nel 2002 in una nota inchiesta su un traffico di droga all'interno del ministero di via XX settembre che portò all'arresto e alla condanna del suo amico Alessandro Martello), dopo due incontri con il suo datore di lavoro, Silvio Berlusconi, ha rinunciato a ricandidarsi per il Popolo della Libertà nelle prossime elezioni politiche (e amministrative) in Sicilia, il 13 e 14 aprile. A malincuore il buon Miccichè ha lasciato campo libero all'altro ras siciliano del Movimento per l'Autonomia, il catanese Raffaele Lombardo e da due notti non riesce più a dormire (afferma sul suo sito, http://www.gianfrancomicciche.net/), dandone conto agli affranti lettori del suo blog. Afferma di volersi prendere una giusta pausa di riflessione (ne capiamo l'urgente necessità, dopo aver fatto enormi sforzi intellettivi per poter dare una giusta risposta al suo mentore, il cavaliere ovviamente) e di essere pronto, comunque, a cambiare in caso si accorgesse di avere sbagliato. Pie e francescane intenzioni per Gianfranco lo sniffatore che ovviamente non vuol cadere nel limbo del dimenticatoio politico e professionale (non ci riferiamo agli spacciatori, tranquilli...), ma cerca in qualche modo di riabilitarsi agli occhi dei suoi conterranei ed ex elettori di fiducia che gliene cantano quattro, sempre sul suo sito. Povero Gianfranco. Non deve essere un bel periodo per lui. Forse era più spensierato quando, giovane e provetto attore, calcava i palcoscenici teatrali siciliani e di lui Luca Ronconi ebbe a dire: "Micci chi?", segnandone prematuramente la fine dei suoi sogni artistici. Per fortuna sulla sua strada trovò il magnanimo cavaliere...

domenica 24 febbraio 2008

Marianna Madia, il volto nuovo (e pulito) della politica


Siamo rimasti favorevolmente impressionati e soddisfatti dalla scelta, operata venerdì scorso dal segretario del Partito Democratico Walter Veltroni, di candidare una giovane economista e ricercatrice di 27 anni, Marianna Madia, a capolista nel Lazio per la Camera dei Deputati nelle elezioni del 13 e 14 aprile 2008. Impressionati perchè non è da tutti i giorni vedere un segretario politico, con l'esperienza trentennale dell'ex segretario della FGCI, rischiare e puntare su una faccia completamente sconosciuta agli addetti ai lavori e al grosso pubblico. Normalmente al numero 1 della lista vengono associati nomi e volti famosi (magari dello spettacolo e della televisione come è usanza di Berlusconi) anche per calamitare i voti e le preferenze degli elettori più indecisi. Invece in questa occasione il volto bello, pulito, quasi botticelliano della figlia di un attore scomparso (Stefano Madia, "Il miele del diavolo" di Lucio Fulci, "Caro papà" di Dino Risi e "Dimenticare Palermo" di Francesco Rosi) ed ex consigliere comunale in una lista civica per Veltroni in Campidoglio, ha regalato alla politica una luce più limpida e significativa rispetto alle solite facce note e consumate dal potere. Soddisfatti perchè la svolta voluta dall'ex sindaco di Roma di operare un'inversione di tendenza nel modo di fare politica, e di amministrare la cosa pubblica, è stata perseguita con coerenza e determinazione, lasciando ad altri (e voi sapete a chi ci riferiamo) slogan e frasi fatte, marchio di fabbrica di chi continua a promettere e a non mantenere. Abbiamo accolto con altrettanta soddisfazione la scelta di Umberto Veronesi di candidarsi nel PD come capolista a Milano (ed è la prima volta per il famoso oncologo ed ex ministro della Sanità). Crediamo che sia proprio quella giusta la strada intrapresa da Veltroni in questa campagna elettorale. Un cammino sincero e di grande coerenza politica ed etica, dove il nuovo che avanza è rappresentato dalla freschezza e dalla voglia di partecipazione della Madia, ma anche dall'esperienza e dall'autorità scientifica del professor Veronesi. Un cammino lungo e faticoso che, siamo certi, potrà dare ottimi frutti il prossimo 14 aprile.

giovedì 21 febbraio 2008

Paolo Berlusconi e il "vizietto" di famiglia (capitolo 2)




Ritorniamo oggi sul cosiddetto affaire Berlusconi (Paolo), trattato con maestria da Giuseppe Caruso su l'Unità, per offrirvi la seconda e ultima parte dell'inchiesta che lascia qualche dubbio (anzi, più di qualche) sulla curiosa tempestività della legge, emanata da Silvio Berlusconi durante il suo quinquennio di potere, che permetteva all'azienda di Paolo Berlusconi di avere una sorta di monopolio nella vendita dei decoder previsti per il passaggio dalla televisione analogica a quella digitale terrestre. Molti punti oscuri che l'articolo di Caruso contribuisce in parte a chiarire. Prevediamo che la situazione possa avere ulteriori sviluppi (anche a livello giudiziario) e quindi rimaniamo in attesa di novità, che tempestivamente comunicheremo ai lettori del nostro blog. Buona lettura dell'articolo di Giuseppe Caruso.
C’è un capitolo misterioso nel rapporto d’affari tra Giovanni Cottone e Paolo Berlusconi. È quello che vuole chiarire l’inchiesta aperta dal pubblico ministero Mario Venditti per truffa ai danni di Paolo Berlusconi e che vede come indagato proprio il suo ex socio Giovanni Cottone. L’inchiesta ha preso il via per quanto emerso dalle intercettazioni ambientali che hanno portato all’arresto del gruppo che voleva rapire Cottone e soprattutto per quanto dichiarato da Giuseppe Sanese nei due interrogatori del 7 e dell’11 giugno del 2007. Il dato particolare di questa vicenda è che Paolo Berlusconi ha sempre negato di essere al corrente della truffa, nonostante sia Sanese nel suo interrogatorio, sia Giuseppina Casale (moglie di Cottone e mente del sequestro) in un intercettazione ambientale dicano il contrario. Eppure in ballo ci sono almeno 40 milioni di euro, una bella cifra. Soprattutto se si tiene conto che la Pbf, la cassaforte del fratello del leader del Pdl, aveva mandato in archivio il bilancio 2006 con un buco di 37 milioni, aperto non solo dalle difficoltà de Il Giornale (che aveva salvato l´esercizio cedendo la sede alla Fininvest) ma soprattutto dai 63 milioni bruciati dalla Solari.com. Le perdite della controllata nell´elettronica di consumo avevano messo in allarme il collegio sindacale, tanto da chiedere un intervento di ricapitalizzazione al socio di controllo. La situazione dei conti della Pdf ha reso poi necessario l’intervento dell’avvocato Roberto Poli, oggi presidente dell’Eni, già protagonista in altre occasioni come consulente a fianco delle società del gruppo Berlusconi.L’avvocato Ghedini, legale di Paolo Berlusconi, contattato da l'Unità lunedì scorso, ha dichiarato che «dai conti della Solari.com non risulta niente di anomalo. Aspettiamo notizie dalla procura». Anche l’avvocato di Giovanni Cottone, Jacopo Pensa, ha spiegato al nostro giornale che «si tratta di un buco dovuto a normali perdite di una società in difficoltà. Non c’è stata nessuna truffa da parte del mio cliente». Ma come detto, i protagonisti del mancato rapimento affermano che Paolo Berlusconi fosse perfettamente a conoscenza del fatto, tanto che l’obbiettivo del gruppo criminale era proprio quello di impadronirsi della cifra truffata.Giuseppina Casale (definita dal Gico di Palermo in ottimi rapporti con i salotti della Milano “bene” e con la malavita palermitana) in un intercettazione ambientale con lo zio di Cottone, Antonio, racconta di una sua telefonata con Paolo Berlusconi. I due, come racconta Sanese, erano in ottimi e datati rapporti. Ecco il testo della telefonata della Casale iscritta negli atti di richiesta di rinvio a giudizio: «Perché (Cottone) viene a Palermo, inizia a fare “io mi compro tutta Palermo con i miei soldi...ha rubato...ha rubato a Paolo settantacinque milioni di euro e Paolo l’unica cosa che mi ha detto, mi ha chiamato mi fa: “Accetto che tu fai la separazione, appena che tu fai la separazione io a questo lo metto in mezzo alla strada».Sanese racconta più dettagliatamente come Berlusconi fosse a conoscenza della truffa e spiega come sarebbe avvenuta. Cottone e la Casale nel periodo precedente al fallito sequestro si erano a lungo frequentati. Ecco il testo, anch’esso contenuto negli atti di rinvio a giudizio: «Perché tutti sanno di questa nota truffa che (Cottone) ha fatto a Paolo Berlusconi di 40 milioni di euro, almeno 40 milioni di euro che sono venuti a mancare a Paolo Berlusconi...dice: “come l’ha fatta?”. Io sentivo parlare a casa, che c’erano innanzitutto i pezzi dentro l’Amstrad, ha fatto una serie di di forniture di elettrodomestici dell’Amstrad (la marca dei decoder ndr), tutta con roba fasulla dentro e anziché mettere il materiale originale...e poi usava il meccanismo dei container...lo stesso che faceva con me in Svizzera. Cioè faceva entrare tre container, ne dichiarava due e uno lo vendeva. Ed ha fatto questa mega truffa, ha fatto questo buco a Paolo di almeno 40 milioni. Io poi ho visto una registrazione che aveva sul telefonino la Casale, che mi ha fatto ascoltare l’ultima telefonata che aveva fatto con Paolo Berlusconi, dove Paolo diceva: “Senti, senti tu continua così...” e che Paolo alla fine, dopo tutto lo sdegno, diceva “lo voglio vedere ridotto...ha tradito la mia amicizia ventennale” e non mi ricordo le parole di preciso, ma mi ricordo benissimo che lo voleva ridotto sul ciglio della strada a chiedere l’elemosina. Io la voce di Paolo Berlusconi la conosco bene, ci ho parlato tantissime volte. Se voleva fare un’azione legale? L’azione che voleva fare Paolo non lo so, la Casale mi ha raccontato ma io non ero presente quindi...i rapporti tra la Casale e Paolo Berlusconi? Ottimi rapporti, erano entrambi contro Cottone, tanto che la Casale ha detto a Paolo Berlusconi, dice: “Se dovessi fare qualcosa a mio marito, aspetta che prima avvenga la separazione”. Perché la Casale inizialmente voleva procedere per via legale

mercoledì 20 febbraio 2008

Paolo Berlusconi e il "vizietto" di famiglia




Leggendo l'articolo-inchiesta di Giuseppe Caruso pubblicato oggi in prima pagina su l'Unità (e che noi vi proponiamo di seguito integralmente) dal titolo "Paolo Berlusconi, i decoder e il socio in odore di Mafia" ci viene in mente la storia del fratello più famoso, proprio quello che aveva il vezzo di frequentare persone di dubbia moralità ma di accertate appartenenze (ogni riferimento a Marcello Dell'Utri e al defunto Vittorio Mangano è puramente voluto) ad organizzazioni non propriamente onlus...Leggetevi questo articolo e poi diteci se non trovate qualche ambigua sfaccettatura di un qualche labile conflitto di interessi. Buona lettura.


Mafia, soldi sporchi, incentivi pubblici e interessi privati. C’è tutto questo sullo sfondo dell’inchiesta sul misterioso rapimento fallito ai danni di Giovanni Cottone, fino a pochi mesi fa socio al 49% di Paolo Berlusconi nell’azienda Solari.com. Adesso un pentito di quel rapimento, il suo uomo di fiducia per quattro anni, svela: «Giovanni Cottone faceva parte della malavita».Solari.com è la società salita all’onore delle cronache in quanto beneficiaria della legge che destinava un contributo statale all’acquisto dei decoder per il digitale terrestre. Il governo guidato da Silvio Berlusconi a quel tempo aveva fatto le cose in grande: non solo aveva previsto denaro pubblico per il fratello del premier (la Solari aveva iniziato a distribuire i decoder Amstrad del tipo mhp nel gennaio 2005, in concomitanza con il lancio del servizio pay per view Mediaset premium), ma addirittura si era premurato, attraverso alcuni articoli della legge Gasparri, di far sì che in Sardegna, regione pilota dello switch off (la definitiva transizione dal sistema televisivo analogico a quello digitale terrestre) l’unico decoder in grado di ricevere il segnale fosse proprio l’mhp distribuito dalla Solari.com. Il risultato era stato quello di far più che raddoppiare il fatturato dell’azienda (passata a 141 milioni di euro in un anno) e di ricevere diverse interrogazioni parlamentari a riguardo, che vedevano come primo firmatario il senatore dell’allora Ulivo Luigi Zanda. L’indignazione per quel regalo familiare era molta, ma sarebbe stata maggiore se si fosse saputo chi era in realtà Giovanni Cottone, il proprietario dell’altra metà della Solari.Il mistero svelatoA svelare il mistero ci ha pensato uno degli uomini che nel giugno scorso aveva tentato di rapirlo, di nome Giuseppe Sanese, professione ufficiale: buttafuori. Gli altri arrestati erano stati la moglie di Cottone (in via di separazione) Giuseppina Casale, Antonio Cottone (uomo d’onore, zio di Giovanni), Giovan Battista Rosano (altro uomo d’onore, da tempo in affari con Cottone) ed il poliziotto Alfredo Li Pira. Il piano del gruppo era di rapire Giovanni Cottone, farsi consegnare almeno 40 milioni di euro ed eliminarlo. Un sequestro molto simile, secondo gli inquirenti, a quello che ha portato all’uccisione del finanziere Gianmario Roveraro. Il piano era saltato perché la moglie di Cottone, Giuseppina Casale (descritta in un informativa della guardia di finanza come «persona in contatto con i salotti della Milano “bene” ma al contempo con la malavita palermitana») era stata sottoposta ad intercettazioni ambientali da parte del Gico palermitano per questioni relative al traffico di droga. Questi avevano informato gli omologhi milanesi, che erano intervenuti, arrestando il gruppo. Sanese era stato per più di quattro anni l’uomo di fiducia dello stesso Giovanni Cottone e collaborando con gli inquirenti ha svelato non solo i dettagli del sequestro fallito, ma anche i rapporti di Giovanni Cottone con Paolo Berlusconi e con la mafia. Gli interrogatori di Sanese sono avvenuti alla presenza dei pubblici ministeri Mario Venditti ed Alberto Nobili e del gip Guido Salvini, il 7 e l’11 giugno del 2007, e sono contenuti nella richiesta di rinvio a giudizio. Anche per le parole di Sanese, la procura di Milano ha aperto un’inchiesta su un’altra intricata vicenda, quella della truffa da almeno 40 milioni di euro che Cottone avrebbe realizzato ai danni di Paolo Berlusconi. Un capitolo oscuro di cui ci occuperemo nei prossimi giorni.Il raccontoEcco cosa dice Sanese ai magistrati. «Ho conosciuto Giovanni Cottone tramite Giovan Battista Rosano, che era compare, amico intimo di mio nonno. Rosano, che nella zona in cui abita a Palermo, che noi chiamiamo Borgo Nuovo, è molto rispettato, a Milano è molto amico dei Taormina, dei Carollo, dei Fidanzati (tutti clan mafiosi ndr). Una volta ha ucciso un uomo a coltellate... Rosano era il garante delle cavolate che il Cottone combinava. L’altro garante era lo zio del Cottone, Antonio, che lo ha cresciuto ed educato. I due, Rosano e Antonio Cottone, erano compari dello stesso gruppo mafioso. Perché ce l’avevano con Giovanni Cottone? Per diversi motivi. Il fatto più grave è quello del 1995. Giovanni Cottone era stato sequestrato dai catanesi perché aveva fatto un buco da 400 milioni. I catanesi poi gli hanno spaccato mani, mascelle e lui si è rivolto per salvarsi a Giovanni Rosano, lo zio Giovanni come lo chiamava lui, che è accorso con lo zio Antonio. Gli hanno salvato la vita, gli hanno evitato legnate, come raccontano loro, ma hanno dato 200 milioni in contanti ai catanesi. E Giovanni Cottone non li ha mai restituiti. «Qual era il mio ruolo a Milano?». Continua Sanese: «Facevo una finta sicurezza per Giovanni Cottone, perché poi l’interesse era portare capitali all’estero. Ogni settimana, ogni quindici giorni, portavo delle valigette con dei soldi all’Ubs, dove mi aspettava una persona e depositavo questi soldi (anche un miliardo di vecchie lire alla volta) e rientravo poi a Milano. Erano valigette Samsonite nere, con combinazione. Il compenso per questo lavoro era di un milione di vecchie lire. L’ho fatto per una decina di volte».Al «Mangia & Ridi»«Formalmente lavoravo presso il suo locale, che era il “Mangia & Ridi”. I soci del “Mangia & Ridi” erano Paolo Berlusconi, Giovanni Cottone e Roberto Guarneri. Già in quel periodo era in società con Paolo Berlusconi, stavano assieme ventiquattro ore al giorno. Infatti Katia Noventa, che era l’ex di Paolo Berlusconi, e la signora Casale, erano sempre insieme, cenavano e mangiavano sempre insieme. Se Berlusconi sapeva delle attività del Cottone? Quando ne parlavano a tavola, ne parlavano tranquillamente... Dicevo del “Mangia & Ridi”. In quel periodo nel locale andava tantissimo tirare di cocaina, lo facevano tutti. Cottone all’epoca mi ha presentato uno spacciatore di Opera, io andavo a prendere la coca davanti al carcere di Opera, i soldi me li dava lo stesso Cottone. Io mi preoccupavo di prepararla e dividerla e la davo a Claudio, l’ex direttore del “Mangia & ridi”. I camerieri servivano la coca a tavola ai vari artisti che venivano, vari vip che venivano, i soldi poi venivano contati da me e Claudio e divisi al 50% col Cottone. Siamo riusciti a prendere anche venti milioni delle vecchie lire in una sera». «Se Cottone faceva parte della malavita? Faceva parte della malavita, veniva anche il figlio di Nitto Santapaola (capo della mafia catanese negli anni ottanta ndr) a cena con noi, mi sono trovato a cena con i Vernengo (potente clan mafioso palermitano ndr). Sempre al “Mangia & Ridi”, nel ‘98, ‘99. Queste cose le so perché ero sempre accanto al Cottone. Lui fa comodo per pulire tanti soldi, questo è sicuro. In ristoranti, alberghi, comprare immobili... queste cose qua. Investiva soldi di altri che provenivano sicuramente da proventi illeciti... Con Paolo Berlusconi hanno realizzato anni fa una società in Germania, mi ricordo perché in quel periodo parlavano sempre con Paolo di questa cosa grossa che stavano facendo in Germania» «Come nasce la fortuna economica del Cottone? Come lui vanta, dallo spaccio di soldi falsi nei paesi del Nord Africa e poi da una mega truffa di gioielli e da una ricettazione grossa di rapine di gioielli, anche in via Montenapoleone. I gioielli li ho visti io, tanto oro l’ho portato in Svizzera. E poi tanta elettronica rubata, ricettazione di elettronica. I furgoni li scaricavo io».

domenica 17 febbraio 2008

Veltroni, la forza delle idee (e del cambiamento)


Lo diciamo subito, senza se e senza ma. Noi ci fidiamo di Walter Veltroni e di quelle che sono le sue idee sulla nuova Italia e sul cambiamento radicale di fare politica nell'interesse della gente e degli elettori, non di chi è eletto. Il suo discorso all'assemblea costituente del Partito Democratico di ieri a Roma, al Palafiera, è stato chiaro, incisivo ed esaustivo. Dodici punti programmatici per governare l'Italia, temi e ricette per guarire dal mal di politica, soluzioni reali per i problemi endemici della nostra società, a cominciare dai giovani e dalla lotta al precariato, dai salari più alti per finire alle case con un affitto più equo e abbordabile. Senza dimenticare le donne (l'investimento sul lavoro femminile è stato uno dei passaggi più applauditi del suo discorso) nè la lotta per una giustizia più giusta (più fondi per le forze dell'ordine e certezza della pena), ma anche meno tasse e più infrastrutture ed energia alternativa. Praticamente una fotografia limpida e a colori dell'Italia così come dovrebbe essere, così come la vorremmo, come forse sarebbe stata se non ci fossero stati i sette anni del caimano. Veltroni ha messo a fuoco, con l'obbiettivo della sua macchina elettorale, il cuore dell'azione politica e sociale da intraprendere in caso di vittoria alle elezioni del 13 e 14 aprile. Un'azione importante eppure faticosa ed impegnativa, che non potrà tralasciare o dimenticare impegni e promesse nei confronti degli elettori e soprattutto di quei giovani (e sono tanti) che ieri erano all'Assemblea e lo guardavano (e lo applaudivano convinti) con gli occhi iniettati di speranza e di fiducia, occhi trasparenti e dolci di chi chiede un atto di giustizia e di coerenza per poter vivere in una società migliore e progressista, per potersi costruire una famiglia senza remore nè paure, con la convinzione che questa è la strada giusta da intraprendere e che questa dovrà essere l'Italia che vogliamo. E che ce la possiamo fare.

sabato 16 febbraio 2008

le alchimie (politiche) di Gianfranco Fini




Anche il leader (o ex) di Alleanza Nazionale (o ex) Gianfranco Fini ha sentito l'insopprimibile bisogno di far sapere la sua opinione su quello che sta accadendo nel centrodestra in questo periodo di campagna elettorale. In questo frangente in cui tutti esternano le proprie intenzioni, in cui nascono e muoiono alleanze e cartelli propagandistici, in un momento particolarmente effervescente e rumoroso del grande circo mediatico, il "re dei pannolini" (come lo ha mirabilmente ribattezzato tpi-back, http://tpi-back.blogspot.com/2008/01/gianfranco-fini-re-dei-pannolini.html) ha scelto le colonne di Libero per spiegare la sua scelta politica. E per far sapere che in autunno potremo assistere alla "liquefazione" di Alleanza Nazionale. Evento che si preannuncia a carattere biblico, quasi miracolistico, dai contorni sacri (o sacrileghi) che illuminerà la scena politica nazionale con la forza e la potenza mediatica pari quasi alla "discesa in campo" del cavaliere nel 1994. Nell'intervista a Gianluigi Paragone (noto simpatizzante della sinistra ed ex direttore de la Padania) Fini spiega dettagliatamente la sua opzione politica e la formula magica (proprio come fosse un novello alchimista) che ha scelto per confluire nel "nuovissimo" Popolo della Libertà, entità politica orfana di Pier Ferdinando Casini e del "traditore" Clemente Mastella, ma onorata della presenza di quel movimento territoriale politico (il suo) che ha nei valori (?) del Partito Popolare Europeo la stella polare del cammino inarrestabile dell'ex "delfino" di Almirante. E detto da lui (uno che prima si occupa del Fronte della Gioventù, non propriamente un'organizzazione di boy-scout, poi sostiuisce Almirante alla guida del vecchio MSI, poi ripudia il tutto con la "svolta" di Fiuggi del 1995 e che conclude il suo corso confluendo nel mare magnum berlusconiano) non ci sembra un'affermazione di cui non tenere conto con la giusta e dovuta considerazione. Soprattutto di affidabilità e di coerenza, dimostrate a più riprese in questi ultimi anni dal "ras" dei pannolini. Complimenti, onorevole Fini.

giovedì 14 febbraio 2008

Vincenzo Cerami tra politica e cultura




Oggi abbiamo deciso di riproporre, alla vostra attenzione di attenti e intelligenti lettori di questo blog, un bell'articolo scritto da Vincenzo Cerami, noto scrittore e sceneggiatore, e pubblicato ieri dal quotidiano l'Unità. Partendo dal Partito Democratico, Cerami fa una limpida e coerente analisi della cultura e della politica e della loro intersecazione, sociale e ideale.

Se la politica non ha cultura
Vincenzo Cerami
Il Partito Democratico si pone in modo complesso e problematico di fronte alla politica della cultura. Non la chiude nell’ambito meramente ministeriale e istituzionale. Oltre a voler occuparsi con sollecitudine del buon funzionamento del teatro, del cinema, della musica, dei beni culturali, ecc., in accordo con coloro che vi lavorano con passione e sacrificio, guarderà a tutto ciò che cambia nel nostro modo di essere e di vivere. Un partito, per dare senso alla politica, non può esimersi da una costante analisi della realtà, a tutti i livelli.Partiamo dal principio che la maggior parte delle leggi promulgate dal Parlamento hanno una ricaduta culturale nelle nostre case e dentro di noi. La più semplice definizione di cultura è la seguente: «Il patrimonio delle conoscenze, dei comportamenti, dei gusti e dei bisogni spirituali di una comunità».La politica ha sempre mostrato un certo disinteresse per le mutazioni culturali: troppe varianti sfuggono alla sua attenzione e ai suoi obiettivi, che sono sempre immediati, schiacciati sul presente, quindi un po’ orbi. Per esempio non è stata minimamente in grado di prevedere ciò che oggi è davanti agli occhi di tutti e che Pasolini, ai suoi tempi, aveva chiamato «rivoluzione antropologica» (oggi «globalizzazione»). Un poeta e non un politico (o uno storico) ha fatto la cronaca quotidiana dei cambiamenti culturali del nostro paese, dal fascismo alla metà degli anni Settanta. La vera storia d’Italia è quella che racconta la vita che scorre, più del succedersi degli avvenimenti. La politica è figlia e non generatrice della cultura. I politici, nel dopoguerra, hanno giustamente contribuito alla diffusione del benessere, però non si sono interessati delle conflittualità culturali che sarebbero fatalmente seguite, sia buone che cattive. L’euforia della società cosiddetta dei consumi, ha nascosto a tutti lo sconvolgimento che stava provocando. Qualcuno dice che ha trasformato il popolo italiano in gente, i cittadini in consumatori e, più tardi, i consumatori in telespettatori. Il mercato, semplicemente facendo il suo dovere, ha travolto la politica decentrandola dal suo ruolo sociale, allontanandola pian piano dai veri “bisogni spirituali di una società”, cioè dalla cultura, e facendola ripiegare in se stessa.Oggi assistiamo a una sorta di reificazione della cultura: acquistando un oggetto di consumo facciamo nostro anche il vasto corredo mitologico che lo anima, e ci comportiamo in conformità. Un ragazzino che si fa acquistare dai genitori un paio di scarpe di una marca precisa, fa una scelta culturale: quel prodotto suggerisce un comportamento, un ambiente, un modo di essere al mondo. Il ragazzino che indosserà quelle scarpe frequenterà certi locali e non altri, apprezzerà una precisa musica, sceglierà solo un certo tipo di amici, ecc. Tutto questo con estrema naturalezza, nell’illusione di agire spontaneamente. Per certi aspetti si potrebbe dire che il mercato, specie quando non sa intercettare la reale domanda dei consumatori, si preoccupa di crearla, di generare bisogni.A questo punto ci troviamo ancora di fronte all’annosa questione della libertà in democrazia, come al tempo di Marcuse e Adorno, preoccupati per l’invasione dei mass media. Ci chiediamo: è libero l’individuo che ha separato il gesto dalla volontà, che agisce sotto il condizionamento di una mitologia che lo vuole vittima di un bisogno coatto?Non si tratta certamente di attribuire al mercato responsabilità dirette del fenomeno, ma tra i compiti fondamentali della politica c’è la difesa di ogni genere di libertà, compresa quella esistenziale. Chi non ricorda Giovanni Paolo II che punta il dito contro la politica incapace di creare contrappesi all’anarchico agire del mercato?Come si vede, è definitivamente chiusa la stagione che vedeva nella cultura una sovrastruttura sociale. La cultura oggi è strutturale, determinante per la crescita civile di una comunità, dove i suoi membri agiscono nella consapevolezza e pienezza del loro fare. Non esiste società più conformista di quella massificata, e la scuola, tempio della cultura, e la famiglia non devono insegnare ai ragazzi a essere tutti uguali, ammaliati dal canto delle sirene. Al contrario hanno il dovere di renderli tutti diversi, unici, irripetibili, ognuno con la propria personalità e la propria testa. Solo così, acuendo il senso critico dei cittadini, si può difendere la libertà sostanziale, distinguendola da quella apparente. Occuparsi della cultura vuol dire occuparsi della libertà.

martedì 12 febbraio 2008

lo sbarco sul web del "caimano"


Eravamo preoccupati per l'assenza di notizie riguardanti le grandi manovre sul web da parte della truppa berlusconiana. Dicevamo: ma come, il cavaliere ha riverniciato il suo partito-azienda, ha mandato i suoi discepoli nei "gazebo" per esprimere la loro preferenza sul nome da (ri)dare al nuovo "ectoplasma" politico di inizio anno, e vuoi che non abbia aperto un nuovo sito in internet che propagandi tutto ciò? Eccoci prontamente serviti. Il settimanale di fiducia di casa Berlusconi (Panorama ovviamente) subito ne ha dato giuliva novella, sia in edicola che sul web (http://blog.panorama.it/italia/2008/02/11/il-pdl-sbarca-sul-web-nuovo-logo-nuovo-slogan-e-sfotto-a-walter-il-vecchio/), resocontando il tutto come se fosse lo scoop giornalistico del secolo. Capiamo che bisogna pur fare qualcosa per guadagnarsi la pagnotta e immaginiamo che i giornalisti del settimanale di Segrate non siano in grado di farci sentire la loro "libera" voce e la loro "imparziale" opinione, ma certo non condividiamo la scelta di dare tutto questo risalto mediatico all'ennesima opera di "vernissage" berlusconiana. Anche perchè il cavaliere non ha certo bisogno di queste grancasse di risonanza per far giungere il suo apostolico verbo. Che poi il sito pseudonuovo del Popolo della libertà (http://www.votaberlusconi.it/index.htm) sia improntato al solito becero anticomunismo, denigrando l'avversario, dando del "vecchio" a Walter Veltroni (chi lo dice è nato nel 1936...) e attaccando ancora il governo Prodi beh, signori miei, questo è già tutto un programma. E possiamo senz'altro immaginare quale sarà il "canovaccio" della campagna elettorale del nostro beneamato "caimano" e dei suoi simpatici fiancheggiatori...Ma si sa, anche il caimano, come il lupo, perde il pelo ma non il vizio.

domenica 10 febbraio 2008

Giulio Tremonti e la teoria dei finti tonti




Secondo la nostra impressione (ma possiamo benissimo sbagliare) il vicepresidente di Forza Italia, o come si chiamerà la nuova entità politica, Giulio Tremonti è di quelli che si sforzano di risultare simpatici di fronte alle platee, ma che alla fine riescono solo ad indispettire. Vuoi per quello che dicono (è il caso di cui parliamo), vuoi per gli atteggiamenti in genere adottati nei confronti dei loro interlocutori o avversari politici. In una intervista concessa alla giornalista Paola Di Caro, pubblicata stamattina sul Corriere della Sera a pagina 5, dal titolo "E' importante che il PD perda bene. Così potrà partire la stagione delle riforme", l'ineffabile Giulio ha praticamente sancito la sconfitta del Partito Democratico, prima ancora di ascoltare quello che oggi a Spello, in Umbria, Walter Veltroni aveva da dire a proposito del programma e delle linee guida del partito. L'analisi dell'economista (e commercialista di fiducia del cavaliere) snocciola in successione tutta una serie di nefaste previsioni e considerazioni, rivolte per lo più al partito di Veltroni, con le solite frecciatine nei confronti del precedente governo Prodi e con la solita teoria del "buco finanziario" presente nel 2001, lasciato dalle solite sinistre che avevano detto le solite falsità e via di questo passo. Non sappiamo se l'onorevole Tremonti in casa sua utilizzi degli specchi o abbia almeno un televisore per rivedersi quando presenzia nei salotti buoni alla Vespa. Non crediamo che abbia il coraggio di risentire e rivedere quello che dice. E come lo dice. Soprattutto con che faccia le dice. No, Tremonti non ha questo vezzo di riguardarsi. Altrimenti si accorgerebbe delle valanghe di balle spaziali che ogni volta ci propina, dei rovesciamenti della realtà che con nonchalance riesce a farci credere, delle idiozie politiche e ideali che imperterrito sciorina senza batter ciglio. Guardandolo bene in faccia, l'onorevole Tremonti ci dà l'idea del tipico soggetto che in una sala d'aspetto affollata sgancia una bella scorreggia silenziosa (detta anche loffa) e poi si guarda in giro fischiettando facendo finta di niente. O magari è anche il tipo che su un autobus all'ora di punta (ammettendo che abbia preso un autobus in vita sua) si mette dietro ad una bella ragazza in minigonna e si lascia andare alla classica "mano morta" o al classico "appoggio" da brusca frenata, continuando ad avere la faccia da finto tonto. Fortunatamente gli italiani (la maggioranza crediamo) non sono affatto finti tonti e riescono a "sgamare" il solito furbacchione politico che imputa agli altri quello che fa lui, o che dice sempre che la colpa di tutto non è la sua ma dei suoi avversari politici. Caro Giulio, segua il nostro consiglio: non continui a parlare con la sua erre moscia, cercando di farci capire che le sue forbite maniere sono l'espressione della sua reale condizione di uomo e di politico, perchè tanto non attacca. La sua teoria del finto tonto può andare a smerciarla più facilmente al suo nuovo amico Mastella che l'apprezzerà e magari la farà anche sua. Sempre che non l'abbia già fatto...

sabato 9 febbraio 2008

il pensiero (intelligente) di Furio Colombo


Abbiamo letto un bel pezzo giornalistico di Furio Colombo su l'Unità (di cui è stato direttore dal 2001 al 2004) a proprosito di una sua recensione al libro di Sandro Orlando intitolato "la repubblica del ricatto" edito da Chiarelettere. Ve lo proponiamo, come spunto di riflessione, per far capire come il pensiero del senatore del Partito Democratico non sia certo quello di un provocatore o peggio ancora di un vecchio rincoglionito, come ha fatto intendere giovedì sera da Michele Santoro la inquadrata e coperta Prestigiacomo... «Rispetto alla realtà c’è ben poco» perché molte prove non sono raggiungibili e molte connessioni, molte catene causa-effetto (per non parlare degli autori) restano oscure. Tenete presente questa affermazione, ovvero il limite annunciato dallo scrupoloso autore, quando leggerete queste pagine. Aver poco racconta moltissimo. E dovrebbe essere ragione grave di allarme. Racconta un paese spiato dalle sue istituzioni, ascoltato da centri illegali e privati di potentissime imprese, giocato da rivelazioni inventate, mentre avventurieri disposti a tutto preparano e denunciano finti attentati e accuse di portata gravissima.Siamo nell’Italia di Berlusconi, ai tempi del vasto spionaggio telefonico di Telecom, ai tempi dell’ufficio riservato del Sismi (spionaggio militare) che sorveglia e pedina magistrati e giornalisti italiani. Ai tempi della commissione parlamentare Telekom Serbia, creata per mettere sotto accusa personaggi dell’opposizione di allora, come Prodi, Fassino e Dini; ai tempi della commissione Mitrokhin, che aveva come scopo di denunciare Romano Prodi come spia del Kgb. L’accusatore - un certo Scaramella - era un professore senza titolo di studio, un agente segreto senza appartenenza, un esperto senza altra esperienza che la fabbricazione di falsi, eppure consulente di punta del Senato italiano. Ma cos’altro ha inventato e fatto circolare in Italia? Per esempio ha lanciato e accreditato («da esperto») la notizia che la vita di un senatore italiano, presidente della commissione bicamerale detta Mitrokhin, era in imminente pericolo. E ha lasciato intravedere il nome del mandante: l’ex spia del Kgb Romano Prodi. Che poi Romano Prodi - sotto accusa di una commissione parlamentare degli uomini di Berlusconi per tangenti e arricchimento illecito, appunto la Telekom Serbia - perseguito come traditore e mandante di delitti dal gruppo berlusconiano detto «commissione Mitrokhin» fosse anche il capo dell’opposizione italiana e il leader che avrebbe sfidato Berlusconi alla fine del mandato, dà a tutta la vicenda il senso di un tentato «golpe». (...)Quello che c’è in queste pagine - e che è rigorosamente documentato con dettagli, riferimenti, dati, fatti e citazioni verificate - è il panorama di un paese medievalizzato in cui agenzie pubbliche diventano bande (il caso dello spionaggio militare che organizza un ufficio speciale per la sorveglianza di magistrati e giornalisti) e gruppi privati delle dimensioni e del prestigio della Pirelli, impiantano settori di spionaggio privato su vasta scala (vasta come la rete della Telecom-Tim, controllata dalla Pirelli) e tutto ciò in un pauroso vuoto di legalità sia pubblica sia privata.Ma, nel suo attento e meticoloso lavoro, l’autore non si limita a constatare: benché un contributo cruciale di questo libro alla conoscenza dell’Italia contemporanea sia messo in evidenza dalla nervatura di illegalità, di iniziative arbitrarie e abusive che connettono in modo a volte oltraggioso e a volte misterioso punti alti di autorità legittima con il sottofondo di un infimo mondo fuorilegge disposto a tutto. L’importanza di questo lavoro e dell’indagine accurata di Orlando è nel far capire - anzi, nel far vedere subito - che non stiamo parlando di archeologia e neppure della ricostruzione sorprendente di un mondo finito con un regime.(...)Quale interesse sta effettivamente servendo la commissione Telekom Serbia dal Parlamento italiano? Quanto tenta - con prove e con testi falsi - di incriminare il capo dell’opposizione Prodi e il leader del maggior partito dell’opposizione Fassino? Si tenga conto che una commissione parlamentare di inchiesta dispone di piena autorità giudiziaria; è un alto e sensibile organo dello Stato. Si tenga conto che questa commissione ha agito costantemente nel falso: false le premesse, false le accuse, false le notizie date alla stampa, falsi i testi - presentati come coraggiosi - che, in nome della verità, rischiavano la vita e, poi, smascherati, incriminati, arrestati dalla magistratura regolare, in un salvataggio in extremis che ha protetto non solo coloro che li avevano falsamente accusati, ma anche la reputazione del Parlamento, una commissione del quale era stata dirottata per un disegno estraneo al Parlamento stesso e alla legge. Come si dice a volte delle leggi massoniche, deve trattarsi di un disegno protetto. Non solo restano oscuri i mandanti, ma non c’è traccia né di risarcimento legale per accuse gravissime e false - fatte scrupolosamente circolare su tutti i media - né di rappresentazione piena e pubblica del comportamento di una commissione parlamentare costantemente impegnata nel far valere e prevalere il falso. Ci limitiamo a constatare il fallimento del progetto, a opera della magistratura, non della politica. Subito dopo la vita continua. (...) Di nuovo restano sconosciuti l’intero progetto (da dove viene, dove va tanta mobilitazione internazionale?); e i veri mandanti - che sembrano al di sopra di chi ha cavalcato i media, con l’aria di essere san Giorgio sul punto di trafiggere il drago, e persino il boss del finto san Giorgio. Resta sul percorso la carcassa di un clamoroso falso. Resta una «grave minaccia» per la vita dei presunti inquirenti (ma opera, naturalmente, dei criminali inquisiti, leggi «Prodi»), una minaccia scrupolosamente inventata e pubblicamente sbugiardata. Resta sul campo il cadavere vero e crudelmente sacrificato di un alto «autorevole» teste della commissione in questione (il povero Litvinenko, ucciso lentamente e pubblicamente con il polonio). Resta una catasta di falsi annunci e di false notizie, mai davvero cancellate. Di nuovo, non è il Parlamento a rimuovere la sua vergogna, ma la magistratura che arresta il consulente-falsario.Per il resto, come sempre la vita continua. Non segue una denuncia o uno scandalo; non segue nulla: tutti stanno onorevolmente dov’erano come se avere fallito nella costruzione di una vasta, costosa, falsa macchina d’accusa fosse una sorte adeguata, come avere bravamente tentato e fallito un primato sportivo. Ma la vita continua anche dopo la rivelazione di due clamorose reti di spionaggio: una pubblica, dedita a spiare - fuori da ogni legge - magistrati e giornalisti. Il suo capo è stato solo assegnato ad altro rispettabile incarico. L’altra rete (Telecom-Tim) immensa e privata, ha provocato almeno l’arresto dei suoi operatori. Ma i mandanti? E i destinatari? Qualcuno immagina che reti di spionaggio interno così mirate e così estese siano il frutto spontaneo di pochi individui troppo zelanti? E pervasi da quale zelo, al servizio di quale causa? Forse non troverete tutte le risposte, in questo libro, a causa del rigore giornalistico e dello scrupolo legale del suo autore. Ma certo trovate tutte le domande. E la mappa di molti percorsi. Per questo è inevitabile leggerlo.

il "diktat" del cavaliere, attendere per vedere


Non è la prima volta che assistiamo a un diktat berlusconiano (è rimasto alla storia quello "bulgaro" del 2002) nei confronti di qualcuno, men che meno nei confronti dell'irrequieto e indomito Pier Ferdinando Casini, uno che ultimamente ha problemi con la pressione arteriosa (e si nota...) e che mostra insofferenza e nervosismo. Dicevamo che il cavaliere oramai non è nuovo a queste "imposizioni" senza sconti, a queste dure condizioni non negoziabili, a questi ripetuti aut aut. Ieri lo ha detto chiaro e tondo al leader UDC: o accetti le mie condizioni (il famoso restyling del "Partito della libertà" che ora si chiama "il Popolo della Libertà" con FI e AN sotto lo stesso tetto, la Lega "federata" e l'UDC nella stessa parrocchia) o sei fuori dalla coalizione. Si dice che questa condizione il cavaliere l'abbia dettata al telefono a Casini, suscitandone una legittima e condivisibile rabbia personale e politica, nella forma e nella sostanza. Nella forma con un bel pernacchio al telefono, nella sostanza facendo intendere che lui non vuole soggiacere alle imposizioni napoleoniche del capo del centrodestra, anzi, vuole il suo spazio e rivendica le sue connotazioni e aspirazioni da nuovo leader (non sappiamo di che, ma fa niente) e vuole che gli si porti più rispetto, non è mica un pivello alle prime armi in politica! Questa situazione di conflitto interno, di frizione tra le parti nel centrodestra arriva, in modo curioso ed inaspettato, nel momento in cui (dall'altra parte) Walter Veltroni sta mettendo a punto la sua nuova macchina elettorale, dopo aver confermato che il suo Partito Democratico "correrà" da solo, sia alla Camera che al Senato. Crediamo che il sindaco di Roma (quasi ex oramai) non si aspettasse un tipo di "regalo" pre elettorale come questa diatriba interna berlusco-casiniana, tutt'altro. La sua calma olimpica, rapportata agli screzi e ai nervosismi isterici dei componenti del centrodestra, gli consente di aumentare e rafforzare il consenso popolare che già riscuote se non altro per aver dato vita ad una nuova realtà politica, ad un progetto vero e lineare, con uomini e idee, e non ad un "maquillage" di maniera, come ha giustamente definito l'operazione camaleontica del caimano. Lo scontro che si preannuncia tra Casini e il nuovo "trio Medusa" Berlusconi-Fini-Bossi ci sembra inevitabile e duro, con evidenti e probabili riflessi politici anche in ambito regionale (ad esempio Casini in Sicilia vuole candidare Cuffaro mentre Berlusconi sceglie Miccichè) che potrebbero riservare sorprese e capovolgimenti di fronte, anche a beneficio del segretario del Partito Democratico. Attenderemo e poi vedremo. La campagna primaverile berlusconica (simil napoleonica) è già iniziata. Sotto a chi tocca.

giovedì 7 febbraio 2008

Berlusconi e la "nuova" discesa in campo


Ci risiamo. Il cavaliere è pronto a scendere in campo nella nuova partita elettorale che avrà luogo il 13 e 14 aprile 2008. Appena ieri c'è stata la decisione ufficiale del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di firmare il decreto di scioglimento delle Camere, seguito dalla decisione del Consiglio dei ministri dimissionario di indire la data delle nuove elezioni, che già l'apparato mastodontico di sua emittenza si è rimesso in moto. La sete di potere, la voglia di riconquistare le leve di comando del Paese ha riunito sotto lo stesso tetto politico della moribonda CDL i "magnifici quattro" (Berlusconi, Fini, Bossi e Casini) che sembravano, fino a pochi mesi fa, dei separati in casa, dei litiganti perenni alle prese con ripicche, gelosie e voglia di supremazia. Ora, invece, tutto è ritornato come prima. L'alleanza elettorale è necessaria a tutti e quattro, sia a chi non può vincere da solo, sia a chi non vuole correre il rischio di scomparire dalla scena politica italiana. Gli interessi sono troppo marcati e ineludibili per stare ancora a punzecchiarsi e a polemizzare reciprocamente. La posta in palio è troppo alta, bisogna convivere anche con chi si avrebbe voglia di buttarlo a mare (con tutto lo schieramento politico che rappresenta) e farlo mangiare dai pescecani (come se già non ce ne fossero abbastanza nei palazzi del potere di casa nostra), ma non si può. La poltrona da occupare è troppo importante per anteporre i propri sfoghi e ripicche personali, bisogna far riemergere il lato diplomatico dei falsi sorrisi e delle viscide strette di mano se si vuole raggiungere lo scopo finale prefissato. A distanza di 14 anni dalla prima "discesa in campo" berlusconiana (chi si vuole rivedere il suo discorso del 26 gennaio 1994 si accomodi, http://it.youtube.com/watch?v=iMAGXqChy-4&feature=related, chi invece si vuole rileggere l'articolo di Angelo Panebianco sul Corriere lo consigliamo caldamente, http://archiviostorico.corriere.it/1994/gennaio/27/strappo_del_Cavaliere_co_0_9401277413.shtml) le facce nuove sono assenti, le rughe marcate e i capelli (per chi ce li ha) grigi denotano il passare implacabile del tempo. La naturale successione degli eventi certifica che tutto scorre, gli attacchi terrostici alle Torri Gemelle, gli tsunami, le guerre nel mondo sono i tragici indicatori del passaggio nel nuovo millennio. Ma il cavaliere è sempre lì. Immarcescibile e intramontabile, ingobbito e liftato, appesantito e iperglicemico, ma sempre con il coltello tra i denti (revisionati) pronto a far issare di nuovo la bandiera del caimano sul pennone di Palazzo Chigi. Noi ci auguriamo che gli italiani il 13 e 14 aprile abbiano un ritorno di memoria, un flashback illuminante per la loro coscienza e per la loro volontà di non far issare quella nefasta bandiera...

martedì 5 febbraio 2008

Veltroni come i Giants e Obama


Abbiamo letto oggi il bell'articolo di prima pagina su la Repubblica a firma di Concita De Gregorio, dal titolo "Veltroni. Vinceremo da soli" nel quale la giornalista raccoglie, durante un viaggio in treno da Roma a Firenze, le confidenze, le speranze e i riferimenti sportivi e politici del segretario del Partito Democratico Walter Veltroni. Nelle parole del sindaco di Roma (che esterna la sua intenzione di dimettersi dalla carica di primo cittadino) leggiamo tutta l'amarezza e la delusione per quella che lui definisce una occasione mancata, quella cioè di non aver voluto (da parte delle truppe berlusconiane, ovviamente) un governo di transizione, giusto per varare una nuova legge elettorale e andare alle urne magari a giugno e non adesso tra due mesi. Tra le altre cose, Veltroni sottolinea (con una punta di sarcasmo mista a rabbia) come la sua delegazione sia stata ricevuta, da Franco Marini durante questi tre giorni di consultazioni, addirittura come ventisettesima, facendo intendere che questa scandalosa frammentazione partitica e politica sia un pò il cuore della metastasi italiana, dove l'antipolitica è figlia diretta e legittima di questo stato delle cose, di questo accorpamento selvaggio e demagogico di sigle di partitini e di voltagabbana dell'ultimo minuto. Parlando delle prossime, inevitabili, elezioni di metà aprile, il leader del PD invita a non sottovalutare la possibilità di una vittoria (imprevista) del suo partito, un pò riferendosi all'umore e alle previsioni di questi giorni, un pò riferendosi a Barack Obama, che fino a pochi mesi fa era un perfetto senatore semisconosciuto ed ora corre (con buone possibilità di vittoria) per la poltrona di presidente degli Stati Uniti. O come i Giants, la squadra di football americano che ha vinto (a sorpresa) la gara del Superbowl contro i favoritissimi Patriots (che non perdevano da 18 gare consecutive), creando così una simmetria ideale di previsioni tra quello che è successo (e che sta succedendo) in America e quello che potrebbe accadere nel nostro Paese ad aprile. Non bisogna dare, quindi, per scontata una vittoria del centrodestra (uno schieramento formato da una dozzina e più di partiti e partitini, da Fini a Giovanardi, da Storace a De Gregorio, da Mastella alla Mussolini...) ma anzi, l'ottimismo di Veltroni è più che condivisibile, considerato soprattutto (a nostro avviso) che per gli elettori italiani il Partito Democratico (e il relativo programma di governo) rappresenterà la vera, unica novità nel panorama politico nazionale degli ultimi anni. Senza restyling di sorta nè cavalli di ritorno, o vecchi ronzini da macello...

domenica 3 febbraio 2008

Scalfari e gli auguri alla sinistra


Il nostro ultimo post, come ricorderete, era dedicato alle "grandi manovre" berlusconiane in vista delle elezioni che tutti ormai danno, per più che probabili, indette per metà aprile. Anche Eugenio Scalfari, nel suo consueto editoriale domenicale su la Repubblica dal titolo "Battetevi bene e buona fortuna", conferma quelle che erano le nostre informazioni. E cioè che oramai i giochi sono fatti. Franco Marini, nonostante le dichiarazioni velate di ottimismo, domani o martedì salirà al Quirinale per rimettere nelle mani del presidente della Repubblica il mandato "finalizzato", confermando che non ci sono le condizioni (o meglio, manca la volontà del centrodestra) per formare un governo che vari la riforma della legge elettorale prima di andare alle urne. La data, come abbiamo detto, dovrebbe essere il 6 o il 13 aprile. Le previsioni (e la smania del cavaliere di andare a votare) degli analisti politici danno quasi per certa una vittoria della coalizione del centrodestra e ci sono già i nomi assegnati per le poltrone più prestigiose: Pier Ferdinando Casini al ministero degli Esteri, Gianfranco Fini presidente della Camera dei Deputati, Gianni Letta (arieccolo) vice primo ministro, gli altri a seguire. L'analisi odierna del vecchio fondatore del quotidiano romano parte dalle lodi spese per il primo ministro spagnolo Josè Luis Rodriguez Zapatero e per il lavoro (ben fatto) di questi quattro anni al governo. Il prossimo 9 marzo ci saranno in Spagna le nuove elezioni e Zapatero si presenterà agli elettori forte del gradimento politico fin qui ottenuto, e anche di alcune considerazioni positive di ambienti socialmente ed economicamente "importanti" che dovrebbero riconfermargli il voto. Scalfari invita a gettare uno sguardo sulle elezioni spagnole e sul relativo risultato. Potrebbe essere una sorta di "apripista" per lo schieramento di centrosinistra, che tutti danno (frettolosamente secondo noi) per sconfitto, non evidenziando che invece, come Zapatero in Spagna, ha lasciato qualche buon segno (a livello di risultati politici e sociali) durante i 20 mesi di legislatura, soprattutto dal punto di vista finanziario, con una riduzione importante del deficit e con una lotta all'evasione fiscale degna di questo nome. Naturalmente il centrodestra ha tutto l'interesse a non riconoscere questi risultati, anzi cerca in ogni modo di sfruttare l'onda lunga della caduta del governo Prodi per portare acqua al suo mulino, per sottolineare (falsamente e viscidamente) come l'attuale situazione di crisi d'immagine internazionale del nostro Paese sia da addebitare alla monnezza napoletana o alla crisi dell'Alitalia, alla precarietà del lavoro o alla povertà di cinque milioni di famiglie, il tutto frutto dell'opera di Prodi. Ovviamente non può reggere una considerazione politica di questo genere, ma come si sa, a forza di dire bugie alla lunga si fa credere di aver detto la verità. Facciamo nostro l'invito di Scalfari alla sinistra italiana (e ai suoi elettori) affinchè si preoccupino di lavorare bene in questo periodo di campagna elettorale. Soprattutto l'invito è rivolto a Walter Veltroni e al suo Partito Democratico. Cerchino lorsignori di essere trasparenti e coerenti, di fare un programma conciso e preciso, senza sbavature e senza troppe false promesse, affinchè il popolo italiano (quello sano e intelligente, probo e non corrotto) ci si riconosca e lo sottoscriva con la più ampia maggioranza, magari espressa anche nel segreto dell'urna. E buona fortuna davvero.